Credito professionale e fondo patrimoniale Un'interessante interpretazione del concetto di 'bisogni della famiglia'


Il caso

Il caso interessante, (anche – ma non solo – per la ‘vicinanza’), è quello di un avvocato, il quale, per poter recuperare il proprio credito professionale, aveva sottoposto ad esecuzione forzata un immobile facente parte del fondo patrimoniale del proprio cliente non pagante, per conto del quale, a sua volta, in precedenza, aveva avviato un procedimento civile per il fruttuoso recupero di un credito da questi maturato, in qualità di commercialista, verso un terzo.

Quest’ultimo, cioè il commercialista-cliente non pagante, aveva proposto l’opposizione all’esecuzione invocando, a proprio favore, l’impignorabilità del bene alla luce e per gli effetti dell’art. 170 C.C.

L’art. 170 C.C.

In effetti, l’art. 170 C.C. testualmente dispone che:

l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia

In altri termini, dunque, come noto, poichè i beni costituenti il fondo patrimoniale sono destinati al soddisfacimento dei bisogni della famiglia (art. 167 C.C.), essi non possono essere pignorati e sottoposti ad esecuzione forzata da parte di quei creditori che abbiano contratto l’obbligazione consapevoli che si trattava di debito contratto per soddisfare un bisogno estraneo a quello della famiglia.

Il concetto di ‘bisogni della famiglia’

Senonché, però, il concetto di ‘bisogni della famiglia‘ deve essere adeguatamente inteso. Infatti, sul punto, la Suprema Corte si è pronunciata più volte ed anche di recente affermando un interessante principio, non restrittivo.

La Corte di Cassazione

Infatti, in una recente pronuncia (Cass._civ., Sez. III, 11/07/2014, n. 15886), la Suprema Corte ha affermato che, quanto al criterio identificativo dei crediti che, essendo stati contratti per fare fronte ai bisogni della famiglia, possono essere soddisfatti anche in via esecutiva, va ribadito il principio di diritto per il quale in tema di esecuzione sui beni del fondo patrimoniale e sui frutti di essi, il disposto dell’art. 170 C.C., per il quale detta esecuzione non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia, va inteso non in senso restrittivo, vale a dire con riferimento alla necessità di soddisfare l’indispensabile per l’esistenza della famiglia, bensì nel senso di ricomprendere in tali bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonchè al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi.

Inoltre, con riferimento specifico ai crediti professionali o d’impresa, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15886/2014  cit. ha affermato che:

 controversa è la possibilità di ricondurre ai bisogni della famiglia i debiti derivanti dall’attività professionale o di impresa di uno dei coniugi anche in considerazione del fatto che i redditi relativi sono di norma, ma non necessariamente, destinati al mantenimento della famiglia (Cass. 18.9.2001 n. 11683). Sotto questo profilo, se è vero che la destinazione ai bisogni della famiglia non può dirsi sussistere per il solo fatto che il debito sia sorto nell’esercizio dell’impresa (Cass. 31.5.2006), tuttavia tale circostanza non è neppure idonea ad escludere, in via di principio, che il debito possa dirsi contratto per soddisfare tali bisogni (Cass. 7.7.2009 n. 15862).

Piuttosto, occorre che l’indagine del giudice si rivolga specificamente al fatto generatore dell’obbligazione, a prescindere dalla natura di questa: i beni costituiti in fondo patrimoniale non potranno essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligarsi sia quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso meramente oggettivo, ma nel senso ampio indicato, nel quale sono ricompresi anche i bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari (v. anche Cass. 19.2.2013 n. 4011).

A ciò deve aggiungersi che, come noto, in sede di opposizione all’esecuzione immobiliare, l’onere di provare che il credito non sarebbe pignorabile, incombe sull’opponente, e, dunque, nel caso specifico, sul commercialista-cliente-debitore il quale, quindi, doveva provare che l’obbligazione era sorta per scopi estranei alla famiglia.

Una recente pronuncia di merito

Nel caso di specie in esame, il Giudice di merito, nello specifico, il Tribunale di Taranto, Sez. II, con la sentenza 5/12/2014, n. 3688, applicando il principio di diritto precisato dalla Corte di Cassazione e di cui sopra, ha respinto l’opposizione, dichiarando pignorabile l’immobile esecutato, sotto il profilo della non estraneità ai bisogni della famiglia, dell’obbligazione in virtù della quale era sorto il credito fatto valere.

Conclusione, dunque, a tutela del proprio credito, quel legale ha potuto escutere il bene facente parte del fondo patrimoniale del suo (ex) cliente (divenuto suo) debitore.

Documenti & materiali 

Scarica il testo della sentenza Tribunale di Taranto, Sez. II, 5/12/2014, n. 3688
Scarica il testo della sentenza Cass._civ., Sez. III, 11/07/2014, n. 15886

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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