Nel processo tributario la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, così come l’autocertificazione in genere, è priva di efficacia probatoria, in quanto costituirebbe un’elusione circa i divieti probatori vigenti all’interno del contenzioso tributario, ove per l’appunto non sono ammesse prove testimoniali e giuramento della parte.
Così ha di recente statuito la Corte di Cassazione, Sezione V Tributaria, con la sentenza n. 701 del 13/01/2017.
Il caso
L’Agenzia delle Entrate notificava sette avvisi di accertamento ai fini IRPEF alla contribuente, la quale, di contro, impugnava i suddetti avvisi. Contro la decisione di primo grado che aveva confermato gli avvisi, la contribuente proponeva, dunque, appello avanti la Commissione Tributaria Regionale, la quale, di converso, accoglieva l’appello e annullava gli avvisi, rilevando che l’accertamento sintetico del reddito che aveva adottato l’Ufficio non era pertinente al caso di specie, in quanto la contribuente non risultava possedere alcuna capacità contributiva, da imputarsi invece esclusivamente all’ex convivente.
Contro la sentenza di secondo grado ricorreva in Cassazione l’Ufficio con sette motivi di ricorso.
La decisione della Corte
La Corte di Cassazione con la sentenza in questione accoglie l’appello dell’Agenzia delle Entrate ritenendo non condivisibile se non addirittura insufficiente la motivazione resa dal giudice di secondo grado.
In particolare la Suprema Corte non condivide le affermazioni riportate nella sentenza di secondo grado secondo le quali i beni mobili e immobili di cui la contribuente era stata a vario titolo intestataria o di cui aveva avuto la disponibilità per un certo periodo di tempo, non erano indicatori di capacità contributiva della medesima ma di altro soggetto, con il quale la contribuente aveva instaurato una convivenza, a quanto consta more uxorio, poi cessata.
Infine, viene, altresì, accolto l’ultimo motivo di ricorso avanzato dall’Agenzia delle Entrate a mente del quale l’esclusione di una componente positiva di reddito ascritta dall’ufficio in capo ad un contribuente con accertamento sintetico non può ritenersi provata, nel corso del processo tributario, sulla base di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà resa da un terzo.
Conclusione
Sulla base di quest’ultimo motivo di ricorso, la Suprema Corte, richiamandosi ad un proprio precedente ha affermato che
«l’attribuzione di efficacia probatoria alla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che, così come l’autocertificazione in genere, ha attitudine certificativa e probatoria esclusivamente in alcune procedure amministrative, essendo viceversa priva di efficacia in sede giurisdizionale, trova, con specifico riguardo al contenzioso tributario, ostacolo invalicabile nella previsione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, giacché finirebbe per introdurre nel processo tributario – eludendo il divieto di giuramento e prova testimoniale – un mezzo di prova, non solo equipollente a quello vietato, ma anche costituito al di fuori del processo” (Cass. n. 6755 del 2010, n. 703 del 2007)».