Vita dura per bar e ristoranti: gli accertamenti fiscali presuntivi del reddito potranno essere effettuati sulla base del consumo unitario di tovaglioli utilizzati o del consumo di acqua minerale.
Ciò è, infatti, è quanto ha ritenuto la Suprema Corte con la sentenza n. 25129 del 07/12/2016.
Il caso
Destinataria di avvisi di accertamento in ambito IVA e IRAP, la società contribuente ed i suoi soci proponevano vittoriosamente ricorso avanti la Commissione Tributaria Provinciale. L’Ufficio appellava la sentenza di primo grado, ma la Commissione Tributaria Regionale confermava la sentenza di primo grado ritenendo che le presunzioni adottate dall’Ufficio a sostegno degli avvisi di accertamento emessi sulla base del metodo analitico-induttivo fossero scarsamente attendibili e che le operazioni eseguite nella determinazione dei maggiori redditi non fossero adeguatamente provate.
La decisione della Corte
La Suprema Corte, con la decisione in questione, richiamandosi peraltro ai propri precedenti, ha precisato che «nella prova per presunzioni, la relazione tra il fatto noto e quello ignoto non deve avere carattere di necessità, essendo sufficiente che l’esistenza del fatto da dimostrare derivi come conseguenza del fatto noto alla stregua di canoni di ragionevole probabilità».
Sulla base di ciò la Suprema Corte, nell’ambito dell’accertamento presuntivo del reddito di impresa ha ritenuto legittimo un accertamento che abbia provveduto alla ricostruzione dei ricavi di un’impresa di ristorazione sulla base del consumo unitario dei tovaglioli utilizzati. Ed ancora, aggiunge sempre la Suprema Corte, anche il consumo di acqua minerale può essere preso come parametro di riferimento per la ricostruzione presuntiva del reddito di impresa o del volume d’affari in materia di IVA, atteso che «il consumo dell’acqua minerale deve ritenersi un ingrediente fondamentale, se non addirittura indispensabile, nelle consumazioni effettuate sia nel settore del ristorante che della pizzeria».
Infatti, afferma la Suprema Corte che
«la facoltà per l’Amministrazione Finanziaria di procedere ad accertamento induttivo, sussiste non solo quando la dichiarazione del contribuente non sia congrua con gli studi di settore, ma quando gli accertamenti possano essere fondati sull’esistenza di gravi incongruenze tra ricavi, compensi e corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività, ed a ciò consegue, quindi, l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente».
Conclusione
Alla luce di delle motivazioni sopra indicate la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza di secondo grado, rinviando ad altro collegio della medesima CTR, in quanto ha ritenuto nella specie non adeguatamente motivata la sentenza impungata laddove la medesima ha definito le presunzioni assunte dall’Ufficio come “scarsamente attendibili”, pur avendo riconosciuto la legittimità dell’accertamento induttivo. Del pari immotivato è parso anche l’ulteriore onere probatorio che l’Ufficio avrebbe dovuto assolvere posto che nessuna della presunzioni ritenute “scarsamente attendibili” è stata esaminata dal giudice dell’appello.