Cessione d’azienda e soppressione delle mansioni: legittimo il licenziamento Breve commento a Cass., Lav., 04/11/2016, n. 22476


Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato ad un Direttore Operativo è legittimo se deriva dalla soppressione di mansioni in esito ad una cessione di ramo d’azienda e, dunque, se ivi trova una semplice occasione, e non già diretto e immediato nesso causale.

«Se questo non può, come tale, costituire ragione giustificativa del licenziamento, a norma dell’art. 2112 c.c., comma 4, non può tuttavia impedire il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, sempre che esso abbia fondamento nella struttura aziendale (Cass. 11 giugno 2008, n. 15495): come appunto nel caso di specie, per l’accertata soppressione delle mansioni di D.S.M.[…].».

A stabilirlo è la Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 22476/2016 pubblicata in data 04/11/2016.

Ripercorrendo i fatti oggetto di causa, sia in primo che in secondo grado era stata accertata la legittimià di un licenziamento intimato ad un dipendente (precisamente si trattava di un Direttore Operativo di livello 8 del CCNL Igiene Ambientale Aziende Private) in ragione del giustificato motivo oggettivo del venir meno delle mansioni attribuite a quest’ultimo (nello specifico, progettazione e realizzazione di impianti) in ragione dell’intervenuta cessione di ramo d’azienda.

I giudici avevano inoltre ritenuto assolto anche l’obbligo di c.d. repechage, ovverosia la verifica dell’impossibilità di ricollocare il dipendente in azienda con altre mansioni.

Avverso la decisione della Corte territoriale, aveva infine proposto ricorso per cassazione il dipendente, a supporto del quale deduceva un unico motivo di gravame denunciando l’inosservanza, ad opera del giudice, del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

La violazione in cui sarebbe incorso il giudicante, a detta del ricorrente, sarebbe consistita nel fatto che la sentenza censurata avrebbe

«erroneamente individuato la ragione del licenziamento nella soppressione del posto di lavoro anzichè nella sua estinzione per estraneità del lavoratore al ramo d’azienda ceduto, in base ad errata ricostruzione dei fatti e distorta valutazione della prova».

La Cassazione ha statuito per il rigetto del ricorso, ritenendo infondata la doglianza e, dunque, insussistente il vizio c.d. di extrapetizione, vizio neppure correttamente denunciato quale error in procedendo.

La Corte ha, infatti, ritenuto la sentenza impugnata alla domanda di impugnazione del licenziamento, con la lettera di intimazione trascritta anche nella motivazione della sentenza, sulla base di una valutazione imprenditoriale insindacabile dal giudice.

Ad ogni modo, la Corte chiarisce che il licenziamento ha trovato semplicemente occasione, non già diretto e immediato nesso causale nel precorso trasferimento di ramo d’azienda a seguito di cessione, la cui efficacia  nei confronti del lavoratore – ricorda la Corte – non è neppure stata impugnata da quest’ultimo,

«con esclusione così della “sussistenza di alcun difetto genetico della posizione lavorativa del sig. D.S. in seno alla società cessionaria in epoca anteriore al licenziamento”».

Documenti & materiali

Scarica il testo integrale della sentenza Cass., Lav., n. 22576/2016 

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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