Canone Rai: un abbonamento ‘imposto’


 Con l’inizio del nuovo anno si avvicina un consueto appuntamento, più o meno gradito per i contribuenti italiani: il pagamento del canone Rai che andrà a scadere il prossimo 31 gennaio.

La falsa speranza diffusa sui social

 Recentissimamente proprio in merito al predetto canone Rai si era oltremodo diffusa, specialmente sui social  la notizia della pubblicazione di una pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ne aveva dichiarato l’illegittimità. La notizia, nonostante non fosse stata riportata da nessuno tra i principali mezzi di informazione, si era a tal punto radicata nelle menti o forse nelle tasche dei cittadini da indurre l’Agenzia delle Entrate a rilasciare un comunicato stampa dal tenore secco e risolutivo, che ha dichiarato la piena legittimità dello stesso canone: «È falsa e destituita di ogni fondamento la notizia diffusa nei giorni scorsi sulla presunta decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo riguardo l’illegittimità della riscossione del Canone radiotelevisivo. Al contrario, la Corte Europea si è pronunciata con decisione 33/04 del 31 marzo 2009, affermandone la piena legittimità. Pertanto, tutti i possessori di un apparecchio atto o adattabile alla ricezione di programmi radiotelevisivi sono tenuti al pagamento del Canone entro il 31 gennaio 2014. In caso di inottemperanza, saranno applicate le sanzioni previste dalla Legge».

Il predetto comunicato offre lo spunto per approfondire la natura impositiva o meno del suddetto canone e i presupposti del relativo onere di pagamento in capo ai contribuenti.

I presupposti del pagamento 

In base all’art. 1 del RD 246/1938, tuttora vigente, «chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni e’ obbligato al pagamento del canone di abbonamento, giusta le norme di cui al presente decreto».
La norma appare fin troppo chiara e manifesta, altresì, una sconcertante attualità nonostante sia stata formulata quasi un secolo fa. Chiarezza e persistente attualità di cui, nostro malgrado, preme segnalarlo, le recenti disposizioni normative non sono sempre dotate.

E’ chiaro, dunque, che il presupposto del pagamento del canone è il possesso, nel senso atecnico del termine, di apparecchi ‘atti od adattabili’ alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive. Ciò che, invece, non è immediatamente chiaro e percepibile riguarda il novero di apparecchi che possano essere qualificati come tali e cioè ‘atti od adattabili’ alla suddetta ricezione. Se nessun dubbio si pone per quanto riguarda televisori e radio, che dire per gli altri strumenti tecnologici oggi sempre più diffusi e di quotidiano e comune uso, quali a titolo meramente esemplificativo: pc e assimilabili, lettori Mp3, tablet, smartphone etc.

Una prima posizione dell’Agenzia delle Entrate

 Un tentativo di fornire chiarimenti sul punto si ebbe da parte dell’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 102/E del 19/03/2008 in sede di risposta ad un interpello. Tuttavia la predetta risoluzione non ebbe, contrariamente a quanto ci si sarebbe potuti aspettare, l’auspicato effetto chiarificatori, dal momento che la conclusione cui giunse l’Agenzia appare alquanto ‘circolare’:

«la soluzione della problematica concernente l’assoggettamento al pagamento del canone RAI da parte di detentori di computer, monitor, modem, ipod, Mp3, videocellulare, videocitofono, videocamera, macchina fotografica, videoregistratore, riproduttore dvd, decoder così come elencati nel quesito in esame, è correlata e successiva alla individuazione degli apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni televisive. Le Direzioni Regionali vigileranno affinché i principi enunciati nella presente risoluzione vengano applicati con uniformità».

Il chiarimento del Ministero dello Sviluppo Economico

 Più recentemente, in data  22/02/2012 il Ministero dello Sviluppo Economico ha emanato una propria nota in ragione del fatto che “in seguito all’evoluzione tecnologica degli ultimi anni si rende senza dubbio necessario chiarire quali siano le apparecchiature rientranti nell’ambito di applicazione della norma citata [l’art. 1 del RD n. 246/1938]”. Sulla base dei criteri esposti il Ministero fornisce le seguenti definizioni:

  1. “Un apparecchio si intende “atto” a ricevere le radioaudizioni se e solo se include nativamente gli stadi di un radioricevitore completo: sintonizzatore radio (che operi nelle bande destinate al servizio di Radiodiffusione), decodificatore e trasduttori audio/video per i servizi radiotelevisivi, solo audio per i servizi radiofonici”.
  2. “Un apparecchio si intende “adattabile” a ricevere le radioaudizioni se e solo se include almeno uno stadio sintonizzatore radio (che operi nelle bande destinate al servizio di Radiodiffusione), ma è privo del decodificatore o dei trasduttori audio/video, o di entrambi i dispositivi, che collegati esternamente al detto apparecchio realizzerebbero assieme ad esso un radioricevitore completo.

Il tutto pare molto semplicisticamente tradursi nel fatto che costituisce presupposto per il pagamento del canone il possesso di un apparecchio che sia dotato di un sintonizzatore. Ma anche tale definizione, così ridotta ai minimi termini, risulta priva di contenuto, soprattutto per coloro che non abbiano conoscenza o comunque interesse per le specifiche tecniche del dispositivo posseduto. Ed ecco allora che il Ministero riassume il tutto in un utile tabella esplicativa che di seguito si riporta:

Tipologie di apparecchiature atte alla ricezione
della Radiodiffusione
Tipologie di apparecchiature adattabili alla
ricezione della Radiodiffusione
Tipologie di apparecchiature né atte né adattabili alla
ricezione della Radiodiffusione
– Ricevitori TV fissi;
– Ricevitori TV portatili;
– Ricevitori TV per mezzi mobili;
– Ricevitori radio fissi;
– Ricevitori radio portatili;
– Ricevitori radio per mezzi mobili;
– Terminale d’utente per telefonia mobile dotato di ricevitore radio/TV (esempio cellulare DVB-H);
– Riproduttore multimediale dotato di ricevitore radio/TV (per esempio, lettore mp3 con radio FM integrata);
– Videoregistratore dotato di
sintonizzatore TV;
– Chiavetta USB dotata di sintonizzatore radio/TV;
– Scheda per computer dotata di
sintonizzatore radio/TV;
– Decoder per la TV digitale terrestre;
– Ricevitore radio/TV satellitare Riproduttore multimediale, dotato di ricevitore radio/TV, senza trasduttori (per esempio, Media Center dotato di sintonizzatore radio/TV).
– PC senza sintonizzatore TV,
– monitor per computer,
– casse acustiche,
– videocitofoni

Sulla base della predetta tabella parrebbe che la presenza del cd. sintonizzatore Radio/tv (nelle forme tecniche indicate dal Ministero) all’interno di un dispositivo rappresenti l’elemento essenziale al fine di far sorgere l’obbligo al pagamento del canone, e ciò a prescindere dalla tipologia di dispositivo (TV, radio, pc etc).

La posizione di ‘mamma RAI’

A tagliare, almeno provvisoriamente, il proverbiale nodo gordiano, è infine intervenuta la RAI, che, in un proprio comunicato stampa del 21/02/2012 ha precisato come «il canone ordinario deve essere pagato solo per il possesso di un televisore».

In ogni caso va precisato che il pagamento fatto da un soggetto per il possesso di un dispositivo vale per tutti gli altri dispositivi posseduti dallo stesso soggetto e dai propri familiari purché conviventi e risultanti dallo stato di famiglia.

La natura giuridica del canone RAI

Chiariti i presupposti che determinano l’insorgenza dell’obbligo di pagamento del canone Rai occorre ora stabilire quale sia la natura giuridica del suddetto canone.

La tesi, ormai abbandonata, della sinallagmaticità

 Il tenore letterale del termine ‘canone’ sembrerebbe presupporre l’esistenza di un rapporto a prestazioni corrispettive e sinallagmatiche: a fronte della fruizione e ricezione di un servizio (Tv e radio Rai) l’utente paga anticipatamente un canone annuale in abbonamento, così come accade per l’abbonamento ad una rivista, alla stagione calcistica della propria squadra del cuore, etc.
Così è stato, infatti, a suo tempo sostenuto, ma, purtroppo per gli spettatori, così non è.
Già la Corte Costituzionale, con sentenza del n. 284 del 26 giugno 2002, ha ribadito che

«il collegamento dell’obbligo di pagare il canone alla semplice detenzione dell’apparecchio, atto o adattabile alla ricezione anche solo di trasmissioni via cavo o provenienti dall’estero (…), indipendentemente dalla possibilità e dalla volontà di fruire dei programmi della concessionaria del servizio pubblico, discende dalla natura di imposta impressa al canone, che esclude ogni nesso di necessaria corrispettività in concreto fra obbligo tributario e fruizione effettiva di servizio».

La natura di tributo

Più recentemente la stessa Agenzia delle Entrate in un proprio comunicato stampa del 29/09/2009 ha affermato che: «il canone Rai è un tributo legato al possesso dell’apparecchio televisivo. Pertanto chi lo possiede e non versa il canone evade il pagamento di un tributo».
E proprio in questi giorni il Direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera ha dichiarato che «il canone Rai non è un abbonamento», ma «si tratta di un tributo». Quindi, pensare di poter decidere «se abbonarsi o no è concettualmente sbagliato».  Il medesimo Direttore prosegue poi affermando che le modalità di recupero del tributo finora poste in essere dalla stessa Rai, verranno affidate alla gestione diretta dell’Agenzia, e quindi messa in atto di tutti gli strumenti  e poteri di indagine da questa posseduti.
A dire il vero che il pagamento del canone Rai non  faccia seguito alla sottoscrizione di un abbonamento volontario ma all’assoggettamento ad un vero e proprio tributo non stupisce granché.
Esso fondamentalmente si sostanzia in un’imposta legata al possesso di un determinato bene, così come accade per il bollo auto (divenuto da tassa di circolazione tassa di possesso), la recente IUC, nella sua componente IMU e il ‘nuovo bollo’ sulle attività finanziarie (in merito al quale si è già parlato nel post del 14/01/2014). Pare proprio che il legislatore italiano manifesti una progressiva tendenza in materia di imposte che  privilegia una fiscalità statica basata sul possesso di determinati beni (facilmente individuabili) piuttosto che una fiscalità dinamica costituita dagli incrementi reddituali.

Documenti & materiali

Leggi la risoluzione dell’Agenzie delle Entrate n. 102E del 19/03/2008
Leggi il comunicato stampa dell’Agenzia delle Entrate dell’08/01/2014
Leggi la Nota del Ministero dello Sviluppo Economico del 22/02/2012
Leggi il comunicato stampa della Rai del 21/02/12
Leggi il comunicato stampa dell’Agenzia delle Entrate del 29/09/2009
Scarica il testo della sentenza della Corte Costituzionale, 26/06/2002 n. 284

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Author: Avv. Claudia Gianotti

Avvocato, nata a Pesaro il 08 settembre 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2011. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione fiscale di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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