Badanti: il riposo giornaliero è di undici ore consecutive Cass. Civ., Lav., 04/01/2018, n. 24


La Sezione Lavoro della Cassazione Civile, cassando la sentenza della Corte d’appello di Milano, ha stabilito che le lavoratrici che si occupano di assistenza alle persone anziane o disabili – volgarmente definite badanti – hanno diritto a undici ore di riposo giornaliere consecutive.

Come noto il riposo giornaliero delle giornate contigue è riconosciuto a ciascun lavoratore e, di regola, viene goduto nella misura di 11 ore tra una prestazione e l’altra, come disciplinato dall’art. 7 D.LGS. n. 66/2003, fatte salve le

«attività caratterizzate da periodo di lavoro frazionato durante la giornata o da regimi di reperibilità».

E’, dunque, proibito per il personale in questione lavorare ininterrottamente sia di giorno che di notte.

La vicenda

La disciplina in questione, così come il CCNL di riferimento, era stata per anni arbitrariamente derogata da una Onlus Lecchese, impegnata nella fornitura di personale di assistenza domiciliare, che garantiva sì il riposo giornaliero ai propri dipendenti, ma non in misura consecutiva.

Nel giudizio di opposizione all’ordinanza ingiunzione opposta dalla Onlus in questione, il Tribunale di Lecco, in funzione di giudice del lavoro, riformata in appello in relazione al quantum sanzionatorio, aveva condannato quest’ultima al pagamento di una sanzione pecuniaria prevista dall’art. 18-bis D.LGS. n. 66/2003.

In Cassazione, la difesa erariale ha dedotto, con un unico motivo di censura, la violazione e falsa applicazione della citata norma, assumendo in particolare che secondo la ratio di tale norma, il criterio adottato dalla Corte d’appello di applicare una sanzione per lavoratore, graduandola tra minimo e massimo edittale a seconda del numero delle violazioni, fosse errato in considerazione del fatto che la sanzione deve essere riferita alla condotta datoriale riferita a ciascun lavoratore coinvolto e a ciascun periodo considerato (giorno o settimana).

Il controricorso incidentale proposto dalla Onlus sanzionata ha denunziato, invece, la violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 8 L. n. 689/1981, 18-bis, 4° co., e 17 D.LGS. n. 66/2003, 112 cpc, nonchè dell’art. 50 CCNL UNEBA (Unione nazionale istituzioni ed iniziative di assistenza sociale), ritenendo lecita la condotta datoriale contestata e, comunque, ingiustificata l’entità della sanzione.

Sulla giustezza della condotta datoriale, secondo la controricorrente la norma del contratto collettivo nazionale richiamata nello stabilire che le lavoratrici ed i lavoratori avevano diritto ad un riposo giornaliero di undici ore ogni ventiquattro ore, non aveva previsto che le ore di riposo dovessero essere consecutive, lasciando così intendere che la volontà delle parti contrattuali fosse quella di derogare alla disciplina legale, al fine di introdurre una disciplina più rispondente alle realtà ed alle esigenze aziendali e, quindi, non irrazionale.

La decisione della Cassazione

Ad avviso della Cassazione non vi può essere alcuna deroga contrattuale all’osservanza del precetto normativo sopra citato sul rispetto del riposo minimo giornaliero, fissato in 11 ore consecutive. In ciò la mancata previsione collettiva del carattere continuativo del riposo non può essere considerata valevole ad integrare una deroga pattizia del precetto legislativo.

Nel caso in esame, non risulta infatti che l’articolazione oraria praticata consentisse un riposo di undici ore, seppure non continuative, nell’arco delle 24 ore, non essendo stato neppure allegato che dopo le 10 ore di intervallo (tra le ore 21 e le ore 7 della mattina successiva) ricorresse un’altra ora di riposo nell’arco delle 24 ore, utile a riportare ad 11 ore complessive di riposo.

In merito alla congruità del quantum sanzionatorio denunziato dal ricorso principale, invece, gli ermellini hanno stabilito che il tenore letterale della norma (art. 18-bis, 4° co., D.LGS. cit.) nel testo “ratione temporis” vigente («la violazione delle disposizioni previste dagli artt. 7, comma 1 e 9, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa da 105 euro a 630 euro») fosse chiaro nel suo riferimento alla singola violazione da sanzionare,

«per cui l’interpretazione offerta dalla Corte di merito, che pure tiene conto della circostanza che occorre riferirsi all’applicazione di una sanzione per ogni lavoratore il quale non abbia potuto godere del riposo previsto, finisce per rivelarsi arbitraria nel momento in cui, ai fini della determinazione in concreto della sanzione, individua tre gruppi di lavoratori a seconda dell’arco temporale più o meno lungo in cui il riposo era stato inferiore al limite stabilito dalla norma, graduandola in base alla durata della violazione stessa».

Al proposito, inoltre, la Corte richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 153/2014 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 18-bis, commi 3 e 4, D.LGS. n. 66/2003 e ritiene che, nel caso di specie, trovi applicazione il principio c.d. della reviviscenza normativa, con conseguente efficacia applicativa, nell’arco temporale disciplinato dall’abrogato art. 18-bis D.LGS. cit., della precedente disciplina ricavabile dal R.D.L. n. 692/23 e dalla L. n. 370/34, discipline a cui dovrà attenersi il giudice del rinvio per la rideterminazione della sanzione da applicare alla fattispecie.

Documenti&Materiali

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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