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Torniamo nuovamente sul tema dei confini del c.d. privilegio attribuito al creditore fondiario, su cui siamo già intervenuti il 06/03/2017 (in nota a Trib. Pesaro, ordinanza 12/08/2016), il 08/06/2017 (in nota a Trib. Pesaro, ordinanza 08/06/2017) e, infine, il 15/01/2018 (in nota a Cass. Civ., Sez. VI, 13/12/2017, n. 29972).
I principi giurisprudenziali in materia di c.d. privilegio fondiario
Come abbiamo avuto già modo di esporre, la giurisrudenza è costante nel ribadire la natura meramente processuale del c.d. privilegio riconosciuto al creditore fondiario in sede di esecuzione immobiliare a mente dell’art. 41 D. Lgs. 01/09/1993, n. 385 (TUB), privilegio che, dunque, non esime in alcun modo tale particolare creditore dal rispetto dei principi dettati dalla normativa concorsuale in tema di verifica dei crediti (primo tra tutti quello di esclusività della verifica fallimentare ex art. 52 L. Fall) e di rispetto della cause legittime di prelazione in tale sede graduate.
Ne derivano diversi oneri in capo al creditore fondiario (quello di insinuazione tempestiva al passivo, quello di adegata dimostrazione del rango invocato, quello di rispetto dei creditori potiori, quali i prededucibili, etc.), che condizionano in vario modo il diritto del creditore stesso a ritenere interamente in via definitiva ciò che gli è stato assegnato (con provvedimento ritenuto pacificamente di natura provvisoria) al termine dell’esecuzione individuale che lo stesso è facoltizzato a proseguire, a mente della normativa speciale sopra ricordata, in deroga dal divieto di azioni esecutive di cui all’art. 51 L. Fall.
Regime delle spese legali sopportate dalla curatela
Nel febbraio scorso è intevenuta in materia una nuova decisione di merito (Trib. Mantova, Sez. Es. Imm., ordinanza 26/02/2018, oggi in commento), ribadendo, da un lato, i principi sopra esaminati e, dall’altro, chiarendo un aspetto particolare della questione relativo al regime in sede esecutiva delle spese legali ivi sopportate dalla curatela (oltre che del compenso del curatore).
Il caso
Al momento del riparto del ricavato di un’esecuzione immobiliare continuata, dopo il fallimento del debitore, dal creditore fondiario, la curatela chiede la corresponsione, con il privilegio di cui all’art. 2770 C.C.1 per spese di giustizia, sia delle spese legali ricollegate all’attività processuale svolta in sede esecutiva, sia del quantum spettante al curatore per il proprio compenso maturato in sede fallimentare.
Dinanzi all’opposizione del creditore procedente fondiario, il Tribunale decide la questione affermando tre principi consequenziali.
Il creditore fondiario ha diritto di percepire quanto ricavato dall’esecuzione
Anzitutto, l’ordinanza in questione parte dalla constatazione del carattere speciale della disciplina del credito fondiario rispetto a quella fallimentare, specialità che
«consente all’istituto mutuante non solo di iniziare o proseguire l’azione esecutiva ma altresì di ottenere l’assegnazione della somma ricavata (Cass.17368/2012, in adesione a Cass. S.U. 23572/2004)»,
fatta salva, tuttavia, la soddisfazione dei «crediti per atti conservativi o di espropriazione di cui all’art. 2770 c.c.».
Il credito della curatela non è privilegiato ex art. 2770 c.c.
In base a questa premessa, il passaggio successivo consiste nel verificare se i crediti vantati dalla curatela per spese legali e quant’altro possano definirsi privilegiati nei termini di cui sopra, cosa che il Tribunale esclude.
Infatti, come rileva il provvedimento in commento, attenendo i crediti in questione a spese sostenute esclusivamente «in funzione della procedura fallimentare, nell’interesse generale dei creditori» ivi ammessi al concorso, essi sono
«senz’altro prededucibili in sede concorsuale, ma non in sede esecutiva in quanto non strettamente pertinenti all’esecuzione forzata di cui si tratta».
Carattere provvisorio dell’assegnazione e graduazione in sede fallimentare
La considerazione appena svolta (peraltro ineccepibile), tuttavia, non comporta in alcun modo il diritto del creditore fondiario di ritenere le somme ricevute in sede esecutiva.
Osta a tale conclusione, il principio di provvisorietà dell’assegnazione ottenuta da detto creditore all’esito dell’esecuzione immobiliare, più volte affermato in giurisprudenza e ribadito dall’ordinanza de qua, secondo cui è la sede fallimentare l’unica in cui si potrà procedere
«a determinare definitivamente la massa attiva – comprensiva, ovviamente, del ricavato della vendita effettuata in sede esecutiva, attribuita provvisoriamente all’istituto di credito fondiario – e la massa passiva, con le varie graduazioni».
Ed è dunque detta sede quella in cui «si potrà tener conto, a mente dell’art.111 l. f., di tutti i crediti prededucibili della procedura concorsuale», ivi compresi quelli maturati nel corso della procedura esecutiva immobiliare.
Sul punto, vale infine la pena di ricordare che, onde rendere definitiva l’assegnazione delle somme ad egli attribuite in executivis solo in via provvisoria, il creditore fondiario sarà comunque tenuto a rispettare le regole proprie del concorso falllimentare, così come più volte ribadito dalla giurisprudenza che si è ricordata al principio del presente commento2 .
Documenti & materiali
Scarica Trib. Mantova, Sez. Es. Imm., ordinanza 26/02/2018
Scarica Cass. Civ., Sez. VI, 13/12/2017, n. 29972
Scarica Trib. Pesaro, ordinanza 08/06/2017
Scarica Trib. Pesaro, ordinanza 12/08/2016
Note al testo
1. Art. 2770 – «Crediti per atti conservativi o di espropriazione. «[1] I crediti per le spese di giustizia fatte per atti conservativi o per l’espropriazione di beni immobili nell’interesse comune dei creditori sono privilegiati sul prezzo degli immobili stessi. [2] Del pari ha privilegio il credito dell’acquirente di un immobile per le spese fatte per la dichiarazione di liberazione dell’immobile dalle ipoteche».
2. Trib. Pesaro, ordinanza 12/08/2016, secondo cui «la disciplina speciale del mutuo fondiario ipotecario, non deroga alla disciplina in materia di accertamento del passivo ed al principio di esclusività della verifica. Pertanto, l’assegnazione della somma disposta nell’ambito della procedura individuale ha carattere provvisorio ed è onere dell’istituto fondiario – che voglia rendere definitiva l’assegnazione – d’insinuarsi al passivo del fallimento, in modo tale da consentire la graduazione dei crediti cui è finalizzata la procedura concorsuale»; Trib. Pesaro, ordinanza 08/06/2017, secondo cui «Il privilegio accordato al creditore fondiario ha natura meramente processuale e gli consente di iniziare o proseguire la procedura esecutiva e di conseguire la somma ricavata dalla vendita dei beni nei limiti del suo credito. Si deve escludere, tuttavia, che le disposizioni relative a tale particolare privilegio processuale deroghino al principio di esclusività della verifica fallimentare, di talché l’istituto di credito fondiario ha l’onere di proporre comunque insinuazione al passivo fallimentare. In sede di verifica fallimentare, il curatore che pretenda la restituzione in tutto o in parte della somma provvisoriamente assegnata all’istituto di credito fondiario ha l’onere di dimostrare che la graduazione fallimentare è avvenuta è in che in tale sede detto credito non ha trovato, totalmente o parzialmente, capienza. Ai fini della graduazione trovano collocazione in prededuzione e sono preferite al credito fondiario, le spese di conservazione e liquidazione del bene ipotecato, nonché la quota parte del compenso del curatore e delle spese di procedura nella misura in cui esse possano dirsi di utilità per il creditore garantito»; Cass. Civ., Sez. VI, 13/12/2017, n. 29972, secondo cui «La previsione dell’art. 41, 2° co., D. Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 secondo cui il creditore fondiario può iniziare o proseguire l’azione esecutiva sui beni ipotecati anche successivamente alla dichiarazione di fallimento del debitore, deroga al divieto di azioni esecutive individuali previsto dalla L. Fall., art. 51, ma non anche alla norma imperativa di cui alla L. Fall., art. 52, secondo la quale ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o esentato dal divieto di azioni esecutive, deve essere accertato nelle forme previste dalla legge fallimentare. L’insinuazione al passivo costituisce, pertanto, un onere per la banca mutuante (sancito espressamente, a seguito della riforma della legge fallimentare, anche per i creditori esentati dal divieto di cui alla L. Fall., art. 51) al fine dell’esercizio del diritto di trattenere definitivamente, nei limiti del quantum spettante a ciascun creditore concorrente all’esito del piano di riparto in sede fallimentare, le somme provvisoriamente percepite a titolo di anticipazione in sede esecutiva».