La Corte Costituzionale torna ad occuparsi della L. 19/02/2004 n. 40, in tema di procreazione medicalmente assistita, chiamata anche con il suo acronimo PMA, per stravolgere ancora una volta i suoi confini.
Come noto, quello della procreazione medicalmente assistita è un problema molto dibattuto, e non solo in campo giuridico (alla base vi è infatti anche un profondo dibattito di natura etica).
Con la L. 40/2004 si era tentato di dare una regolamentazione ponendo comunque limiti entro cui si poteva ricorrere alla procedura di PMA ed uno di questi era il divieto espresso di fare ricorso al tipo eterologo (art. 4, ultimo comma) (procedura in realtà già consentita in diversi Paesi stranieri cui, infatti, anche molte coppie italiane ricorrevano), ed un altro limite era dato dal fatto che ad essa potevano ricorrere solo ed esclusivamente le coppie sterili o infertili.
Sotto il primo profilo, testualmente l’art. 4, 3 comma, L. 40/2004 disponeva:
E’ vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.
Senonchè, 10 anni dopo la sua entrata in vigore e cioè nel 2014, la Corte Costituzionale con la pronuncia 09/04/2014 – 10/06/2014, n. 162, dichiarando la parziale illegittimità costituzionale del citato articolo 4, 3 comma, L. 40/2004 ha rimosso quel divieto, di fatto dunque consentendo il ricorso alla PMA anche eterologa, anche nel nostro Paese (nelle strutture autorizzate e fermo, comunque, l’obiezione di coscienza del personale sanitario).
Ora, in questi giorni, con la sentenza 14/05/2015-05/06/2015, n. 96 la Corte Costituzionale torna ad occuparsi di PMA per rimuovere l’altro importante limite contenuto nella L. 40/2004 e precisamente il principio secondo cui essa era destinata unicamente alle coppie sterili o infertili .
Precisamente, infatti, l’art. 1 recitava:
Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilita’ o dalla infertilita’ umana e’ consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalita’ previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito.
Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita e’ consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilita’ o infertilita‘.
Ed il concetto era ripetuto all’art. 4 laddove si specificava ancora che:
Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita e’ consentito solo quando sia accertata l’impossibilita’ di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed e’ comunque circoscritto ai casi di sterilita’ o di infertilita’ inspiegate documentate da atto medico nonche’ ai casi di sterilita’ o di infertilita’ da causa accertata e certificata da atto medico.
Ebbene, con la pronuncia che qui si segnala la Corte Costituzionale:
dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, e 4, comma 1, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), nella parte in cui non consentono il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravità di cui all’art. 6, comma 1, lettera b), della legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza), accertate da apposite strutture pubbliche.
Precisamente, il caso concreto per il quale si è sollevata la questione di illegittimità costituzionale è quello di una coppia che, pur essendo fertile, tuttavia, è soggetta a rischio di trasmissione di una malattia genetica di cui uno dei componenti la coppia ha scoperto di essere affetto.
La Corte Costituzionale, ha ritenuto, in primo luogo, un insuperabile aspetto di irragionevolezza dell’indiscriminato divieto, che le denunciate disposizioni oppongono, all’accesso alla PMA, con diagnosi preimpianto, da parte di coppie fertili affette (anche come portatrici sane) da gravi patologie genetiche ereditarie, suscettibili (secondo le evidenze scientifiche) di trasmettere al nascituro rilevanti anomalie o malformazioni. E ciò in quanto, con palese antinomia normativa, il nostro ordinamento consente, comunque, a tali coppie di perseguire l’obiettivo di procreare un figlio non affetto dalla specifica patologia ereditaria di cui sono portatrici, attraverso la, innegabilmente più traumatica, modalità della interruzione volontaria (anche reiterata) di gravidanze naturali – quale consentita dall’art. 6, comma 1, lettera b), della legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza) − quando, dalle ormai normali indagini prenatali, siano, appunto «accertati processi patologici […] relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna».
In sostanza la Corte Costituzionale ritiene che:
il sistema normativo, cui danno luogo le disposizioni censurate, non consente (pur essendo scientificamente possibile) di far acquisire “prima” alla donna una informazione che le permetterebbe di evitare di assumere “dopo” una decisione ben più pregiudizievole per la sua salute.
Dal che, quindi, la violazione anche dell’art. 32 Cost., in cui incorre la normativa in esame, per il mancato rispetto del diritto alla salute della donna. Senza peraltro che il vulnus, così arrecato a tale diritto, possa trovare un positivo contrappeso, in termini di bilanciamento, in una esigenza di tutela del nascituro, il quale sarebbe comunque esposto all’aborto.
In virtù di questa pronuncia, quindi, oggi, potranno ricorrere alla PMA, non solo le coppie sterili o infertili, ma anche quelle coppie che, pur fertili, tuttavia corrono il rischio di trasmettere al nascituro una malattia genetica che da sola, potrebbe legittimare il ricorso alla volontaria interruzione della gravidanza ex L. 194/1978.
Alla luce di questa sentenza si può affermare che ci stiamo orientando sempre più verso il diritto a nascere ‘sano’ e/o al diritto a non nascere se non ‘sano’?
Documenti & materiali
Scarica il testo della L. 19/02/2004 n. 40
Scarica il testo della sentenza Corte Cost. 09/04/2014 – 10/06/2014, n. 162
Scarica il testo della sentenza Corte Cost. 14/05/2015-05/06/2015, n. 96