Valido il matrimonio contratto all’estero in forma telematica


Come sappiamo, negli ultimi anni la telematica è entrata a fare parte dell’esistenza del giurista italiano (primo tra tutti il giuscivilista, ma oggi anche tutti gli altri settori dell’ordinamento sono in via di informatizzazione) in modo imponente, condizionando l’attività e la stessa mentalità operativa dei diversi attori processuali, modificandone approcci e abitudini e implementando inedite problematiche di rito, spesso sfocianti in spesso controverse decisioni giurisprudenziali.

Il punto è, però, che nel momento in cui tale evenienza si è verificata nell’universo processuale (e sostanziale) nostrano, il fenomeno telematico era da tempo divampato in tutti gli altri gangli della comune esistenza, rendendolo una costante della vita stessa delle persone, pervadendone anche gli ambiti più personali.

Un esempio interessante di questo sviluppo e di come esso sia, in altre realtà, assai più progredito rispetto a quanto accade nel nostro paese, è offerto da una recente pronunzia della Suprema Corte in materia matrimoniale (Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 26/07/2016, n. 15501).

Il caso

Il caso che ha originato la pronuncia in commento trae origine dal matrimonio contratto all’estero da due persone non contestualmente presenti in modo fisico, ma in modo telematico, in quanto lo sposo era presente alla celebrazione, al pari dei testimoni, mentre la sposa era presente solo virtualmente, in via telematica appunto, prestando per tale via il proprio consenso alle nozze.

L’autorità straniera dinanzi alla quale era stato celebrato il matrimonio in questione, rilevata la conformità della celebrazione rispetto al relativo ordinamento interno, aveva provveduto a registrarlo, ma non altrettanto era accaduto allorquando di quegli sponsali era stata richiesta la trascrizione in Italia.

L’Ufficiale di Stato Civile nazionale,  infatti, sul presupposto che l’art. 107 C.C. richiedesse la contestuale presenza fisica degli sposi quale irrinunziabile requisito costituente «principio fondamentale dell’ordinamento italiano, derogabile solo in casi del tutto eccezionali», aveva rifiutato l’adempimento, ingenerando il ricorso di chi lo aveva richiesto.

Il Tribunale, investito del caso ebbe ad accogliere il ricorso, sul presupposto che la contestuale presenza dei nubendi al matrimonio non costituisce affatto elemento indefettibile del rito nuziale, essendo indisponibile, invece, il solo requisito della libertà, genuinità e consapevolezza del consenso.

La Corte d’Appello, investita in sede di reclamo dal Ministero dell’Interno, aveva confermato la decisione, e il Ministero – evidentemente non pago della c.d. “doppia conforme” – aveva indi investito della questione la Suprema Corte ex art. 111 Cost., sempre sostenendo che l’espressione del consenso matrimoniale via internet non sarebbe consentito dall’ordinamento interno nazionale in base a principi inderogabili dello stesso.

La decisione della Suprema Corte

La decisione in commento rigetta il ricorso confermando integralmente le due sentenze di merito che l’avevano preceduta, anzitutto smentendo l’equazione tra norme inderogabili dell’ordinamento interno e principi di ordine pubblico dello stesso. Secondo la Corte, infatti, il giudizio di conformità all’ordine pubblico prescinde dal contenuto – inderogabile o meno – della singola norma e va invece riferito

«al nucleo essenziale dei valori del nostro ordinamento che non sarebbe consentito neppure al legislatore ordinario interno di modificare od alterare, ostandovi principi costituzionali inderogabili».

In seconda battuta, poi, la decisione rileva come il sindacato di conformità all’ordine pubblico in sede di delibazione debba svolgersi con riferimento agli effetti dell’atto, senza poter invece scendere nella disamina del contenuto dello stesso, valutazione, quest’ultima, rimessa all’ordinamento a quo. In altre parole, cioè,

«se l’atto matrimoniale è valido per l’ordinamento straniero, in quanto da esso considerato idoneo a rappresentare il consenso matrimoniale dei nubendi in modo consapevole, esso non può ritenersi contrastante con l’ordine pubblico perché celebrato in una forma non prevista dall’ordinamento italiano».

Infine secondo il Supremo Consesso, la contestuale presenza dei nubendi descritta nell’art. 107 C.C. non è requisito inderogabile neppure nell’ordinamento italiano, il quale ammette pacificamente forme di matrimonio tra persone non contestualmente presenti.

In sostanza, dunque, la celebrazione telematica del matrimonio avvenuta all’estero in un Paese che riconosca tale possibilità è perfettamente valida anche per il nostro ordinamento interno

Una curiosità per chiudere: come si diceva poc’anzi il ricorso per Cassazione è stato proposto dal Ministero dell’Interno il quale ha pervicacemente, quanto infruttuosamente, contestato due conformi decisioni di merito. Ciononostante, le spese del giudizio di Cassazione sono state integralmente compensate, peraltro senza alcuna motivazione. E’ lecito chiedersi se sarebbe accaduto altrettanto se a soccombere fossero stati gli sposi….

Documenti & materiali

Scarica Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 26/07/2016, n. 15501

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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