Notifica non andata a buon fine: salvi gli effetti se la causa non è imputabile al notificante Breve nota a Cass. Civ., II, 30/08/2017, n. 20527


Con la sentenza del 30/08/2017, n. 20527 la Cassazione Civile si è pronunciata in tema di notifica di atti processuali (in specie, ricorso per cassazione) non andati a buone fine e sulla possibilità (eventuale) di sanare l’eventuale decadenza dal termine (perentorio) di notifica ex art. 325 C.P.C.

In particolare, con il ricorso di cui il difensore aveva chiesto la notifica a mezzo ufficiale giudiziario, il ricorrente intendeva ottenere la cassazione della sentenza di secondo grado che aveva riformato la decisione, emanata dal giudice di prime cure, di condanna al risarcimento dei danni causati ad un edificio di nuova costruzione.

In specie, la notifica del ricorso era avvenuta, a mezzo ufficiale giudiziario, al domicilio del difensore costituito, successivamente alla scadenza del termine di cui all’art. 325 c.p.c., fermo restando però un precedente tentativo di notifica non andato a buon fine per l’avvenuto trasferimento dello studio legale.

In relazione a tale circostanza, la Corte nel richiamarsi ad un precedente arresto giurisprudenziale (Cass. Civ., SS.UU. n. 14594/16) secondo cui

«in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per causa non imputabile al notificante, egli ha la possibilità di conservare gli effetti collegati all’originaria richiesta provvedendo a riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgendo con tempestività tutti gli atti necessari al suo completamento»,

ha affermato che la notifica successiva rispetto a quella non andata a buon fine non deve comunque superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui deve essere in ogni caso data prova rigorosa.

Una volta rispettato tale lasso temporale – prosegue la Cassazione – occorre poi verificare se sussista in concreto la mancanza di imputabilità in capo al notificante ed, ai fini di tale indagine, se l’avvocato eserciti la professione nel circondario del tribunale in cui si svolge la controversia o meno, essendo, nel primo caso, suo onere accertare, anche mediante verifica nell’albo professionale, quale sia l’effettivo domicilio professionale del difensore,

«con la conseguenza che non può ritenersi giustificata l’indicazione nella richiesta di notificazione di un indirizzo diverso, ancorché eventualmente corrispondente a indicazione fornita dal medesimo difensore nel giudizio non seguita da comunicazione nell’ambito del giudizio del successivo mutamento».

Viene invece indicata una soluzione diversa per il caso in cui il difensore svolga le sue funzioni in un altro circondario e abbia proceduto all’elezione di domicilio ai sensi della legge professionale.

Nel caso di specie, il difensore costituito svolge le funzioni nel circondario, onde non è questione dell’eventuale prevalenza di un’elezione di domicilio effettuata ai sensi della legge forense ed era quindi onere del notificante verificare tempestivamente l’attualità dell’indirizzo indicato in atti (a fronte peraltro della deduzione di parte controricorrente secondo la quale il mutamento sarebbe stato tempestivamente comunicato all’ordine di appartenenza).

Ne consegue che l’errore sul domicilio è privo della caratteristica della non imputabilità, onde, secondo la Cassazione

«non può ritenersi la continuità del procedimento notificatorio tra il primo tentativo, vano, e quello successivo andato a buon fine»,

con conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso per tardività.

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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