Separazione o divorzio davanti all’Ufficiale di stato civile: con previsione di assegno di mantenimento? Sì. Anzi No. Anzi di nuovo Sì. L’ennesima modifica. Parla il Consiglio di Stato ribaltando di nuovo i termini della questione.


………… e la storia continua…….
Torniamo a parlare di trasferimenti ‘patrimoniali’ all’interno del procedimento separativo o divorzile celebrato avanti l’ufficiale di stato civile (art. 12 D.L. 132/2014 conv. in L. 162/2014).

Sì perché sul tema è intervenuto il Consiglio di Stato che con la pronuncia 26/10/2016, n. 4478 ha riformato la precedente pronuncia sul punto del Tar Lazio (con sentenza 07/07/2016 n. 07813), così mutando di nuovo l’orientamento interpretativo sulla questione.

Nel nostro articolo del 14/09/2016 vi davamo conto dei termini del problema.

Precisamente, infatti, come noto (oltre alla presenza dei figli minori o incapaci o non autosufficienti) il più importante discrimine tra la procedura esperibile attraverso la negoziazione assistita, e quella attraverso l’ufficiale di stato civile, era proprio l’assenza (nel senso di preclusione prevista ab origine dalla normativa) in quest’ultima (quella attraverso l’ufficiale di stato civile) della possibilità di poter concordare disposizioni di natura patrimoniale (art. 12, comma 3 cit. L. 162/2014).

Di qui, infatti, si era subito esclusa la possibilità di fare ricorso a questa procedura per ottenere la separazione o il divorzio, ogni qualvolta tra i coniugi si dovessero stipulare anche patti di natura patrimoniale (l’esempio classico, quello dell’assegno di mantenimento per i figli o per il coniuge), con l’unica possibilità (secondo qualcuno, ma non secondo tutti), semmai, di esperire in separata sede una procedura giudiziale (o stragiudiziale) avente per oggetto disposizioni di natura, appunto, patrimoniale.

Poi, però, in un secondo momento rispetto all’entrata in vigore della normativa L. 162/2014, le cose erano cambiate perché il Ministero dell’Interno, dapprima con la Circolare n. 19/2014 aveva testualmente affermato :

«….va pertanto esclusa dall’accordo davanti all’ufficiale qualunque clausola avente carattere dispositivo, sul piano patrimoniale, come – ad esempio – l’uso della casa coniugale, l’assegno di mantenimento, ovvero qualunque altra utilità economica tra i coniugi dichiaranti».

poi, con la Circolare n. 6/2015 di cui qui si discute, affermando che «appare opportuno rivisitare l’orientamento già espresso con la citata circolare n. 19/2014» aveva ritenuto che l’art. 12/3 L. 162/2014 dovesse essere interpretato nel senso che dovevano ritenersi preclusi solo i patti ad effetto traslativo di diritti reali, e

«non rientra, invece, nel divieto della norma la previsione, nell’accordo concluso davanti all’ufficiale dello stato civile, di un obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico, sia nel caso di separazione consensuale (c.d. assegno di mantenimento), sia nel caso di richiesta congiunta di cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio (c.d. assegno divorzile)».

Dunque, secondo l’interpretazione della legge suggerita dalla Circolare n. 6/2015, i coniugi potevano separarsi o divorziare davanti all’ufficiale di stato civile anche prevedendo un accordo sul mantenimento (purchè non fosse previsto, comunque, la liquidazione una tantum dell’assegno divorzile; esclusione su cui si nutrivano non poche perplessità).

Tuttavia, successivamente, con la sentenza 07/07/2016 n. 07813,  il TAR Lazio ha dichiarato illegittima e conseguentemente ha annullato la predetta Circolare ministeriale n. 6/2015 affermando che:

«detta norma [art. 12 L. 162/2014 n.d.r.] ricomprende ogni ipotesi di trasferimento patrimoniale, intendendosi per tale il trasferimento avente ad oggetto beni ben individuati o una somma di denaro. Infatti sia che si tratti di uno o più beni ben individuati sia che si tratti di somme di denaro, in ogni caso si determina un accrescimento patrimoniale nel soggetto in favore del quale il trasferimento viene eseguito.

Esso può avvenire una tantum, in un’unica soluzione, o mensilmente o comunque periodicamente, e tuttavia la modalità stabilita non vale a modificare la natura dell’operazione, che rimane sempre quella di trasferimento patrimoniale».

La conclusione del Tar Lazio non lasciava dubbi al riguardo:

«solo un’interpretazione letterale della norma assicura la tutela del soggetto debole, che, in caso contrario, potrebbe essere di fatto “costretto” ad accettare condizioni patrimoniali imposte dalla controparte più forte».

Poi, ora, la nuova svolta: su quella sentenza del Tar Lazio è intervenuto il Consiglio di Stato che, di nuovo, cambia tutto perché riforma integralmente quella sentenza, e dunque, annullando la pronuncia che annullava la cit. Circolare n. 6/2015, la fa ‘rivivere’.

Infatti, con la sentenza 26/10/2016, n. 4478, la Sezione III del Consiglio di Stato ritiene erronea e non condivisibile quella decisione del Tar Lazio e precisamente afferma che:

«l’espressione “patti di trasferimento patrimoniale” – per quanto perfettibile sul piano tecnico – si riferisce, letteralmente, agli accordi traslativi della proprietà (o di altri diritti) con i quali i coniugi decidono, mediante il c.d. assegno una tantum (v., in particolare, l’art. 5, comma ottavo, della l. n. 898 del 1970), di regolare l’assetto dei propri rapporti economici una volta per tutte e di trasferire la proprietà o la titolarità di altri diritti sui beni da uno all’altro, anziché prevedere la corresponsione di un assegno periodico.

La disposizione concerne propriamente, quindi, i “contratti con effetti reali” che, ai sensi dell’art. 1376 c.c., ” hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto”, nei quali “la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato” (c.d. principio consensualistico).

Il divieto legislativo, riferendosi al ” trasferimento” e non a tutte le modifiche del patrimonio, proibisce tutti i patti ad effetti reali, che i coniugi non possono inserire tra le condizioni economiche connesse alla separazione personale o al divorzio».

E così conclude affermando che:

«il divieto di “patti di trasferimento patrimoniale” previsto dall’art. 12 comma 3 d.l. 12 settembre 2014 n. 132 per gli accordi di separazione, divorzio o di modifica delle relative condizioni davanti all’ufficiale dello stato civile deve essere interpretato restrittivamente, ammettendo il ricorso alla procedura semplificata anche nel caso in cui i coniugi intendano regolare l’assegno periodico di mantenimento».

Questa conclusione del Consiglio di Stato non sembra lasciare alcuno spazio all’interpretazione, per cui, anche in questi procedimenti deve considerarsi ammissibile la previsione tra i due coniugi di un assegno di mantenimento.

Francamente – se ci è consentito – sul punto, appariva più  convincente e maggiormente conforme a quello che si ritiene essere la ratio della normativa, la sentenza del Tar laddove faceva riferimento alla tutela del soggetto più debole.
Ma tant’è.

Documenti & materiali

Scarica il D.L. 12/09/2014, n. 132 conv. in L. 10/11/2014, n. 162
Scarica il testo della Circolare ministeriale 24/04/2015, n. 6
Scarica la sentenza Tar Lazio, Sez. I ter, 07/07/2016, n. 7813
Scarica la sentenza Consiglio Stato, Sez. III, 26/10/2016, n. 4478

Print Friendly, PDF & Email

Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.