L’ipotesi contemplata dall’art. 360-bis n. 1 c.p.c. deve essere sanzionata con l’inammissibilità e non con il rigetto del ricorso per cassazione Nota a Cass. Civ., SSUU, 21/03/2017, n. 7155


Le Sezioni Unite, decidendo la corrispondente questione, ritenuta di massima importanza oltre che oggetto di contrasto, hanno stabilito, rimeditando il proprio precedente orientamento, che, in presenza della situazione ipotizzata dall’art. 360-bis, n. 1, C.P.C.., il ricorso per cassazione deve essere dichiarato inammissibile e non rigettato per manifesta infondatezza.

Come noto, l’ipotesi di inammissibilità prevista dall’art. 360-bis n. 1 C.P.C. è stata introdotta dalla novella di cui all’art 47 L 69/2009, per sanzionare il ricorso presentato – recita testualmente la norma citata –

« 1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa».

Ora, come allora, la Cassazione si è posta il problema di stabilire quale sia la formula definitoria più adatta nell’ipotesi contemplata dalla citata novella, ovvero se la pronuncia ex art. 360-bis n. 1 .CP.C. integri una inammissibilità in rito ovvero un’ipotesi di manifesta infondatezza nel merito…

…dunque, ancora, se il ricorso in questione debba essere dichiarato inammissibile o rigettato.

La questione di cui sono state investite le Sezioni Unite non attiene solo alla sfera terminologia, in quanto laddove si opti per il rigetto la Corte non potrebbe esimersi dall’esaminare nel merito anche un eventuale ricorso incidentale tardivo che fosse stato proposto dal controricorrente. Viceversa, laddove si opti per l’inammissibilità del ricorso principale – dice la Cassazione – tale declaratoria

«produrrebbe l’inefficacia di quel ricorso incidentale tardivo, dovendosi ritenere anche in tal caso applicabile il disposto dell’art. 334, comma 2, c.p.c., che siffatta conclusione impone quale che sia la ragione dell’inammissibilità del ricorso principale».

Oggi le Sezioni Unite ripensano, discostandosene in maniera diametralmente opposta, il precedente orientamento dettato in tema da Cass., SSUU, n. 19051/2010, secondo cui il ricorso scrutinato ai sensi dell’art. 360-bis n. 1 C.P.C.

«deve essere rigettato per manifesta infondatezza e non dichiarato inammissibile qualora la sentenza impugnata si presenti conforme alla giurisprudenza di legittimità e non vengano rispettati dal ricorrente argomenti per modificarla, posto che potrebbe, comunque, trovare accoglimento se, al momento della decisione, con riguardo alla quale deve essere verificata la corrispondenza tra decisione impugnata e giurisprudenza di legittimità, quest’ultima fosse mutata».

Il principio espresso da tale precedente delle Sezioni Unite del 2010 – ricorda la Cassazione – è stato contraddetto da successione pronunce (Cass. Civ., V, 18/11/2015, n.. 23586 e Cass. Civ., I, 4/5/2016, bn. 8804, secondo cui, invece, il ricorso per cassazione, che non offra elementi valevoli a modificare l’orientamento giurisprudenziale che lo precede, deve essere rigettato in rito e non nel merito ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, C.P.C., in quanto – secondo la Cassazione –

«ha introdotto una griglia valutativa di ammissibilità, in luogo di quella anteriore costituita dal quesito di diritto, ponendo a carico del ricorrente un onere argomentativo, il cui parametro di valutazione è costituito dal momento della proposizione del ricorso».

Le SSUU, con la pronuncia in commento, danno continuità a tali ultimi arresti, in conformità anche con il dato letterale della norma citata, nonchè in conformità rispetto ad altre ipotesi in cui il legislatore ha dimostrato di utilizzare la categoria della inammissibilità per facilitare una decisione in limine litis anche in presenza di ragioni di merito. Si veda, al proposito, il novellato art. 348-bis C.P.C. relativo al c.d. filtro di inammissibilità nel giudizio di appello, anche se, sempre secondo la pronuncia in commento, l’ipotesi in questione non può essere ritenuta alla stregua dell’art. 348-bis C.P.C.

A quanto sopra la Cassazione soggiunge che la funzione di filtro consiste in ciò

«che la Corte è in un certo qual senso esonerata – ex art. 360 bis – dall’esprimere compiutamente la sua adesione alla soluzione intepretativa accolta dall’orientamento giurisprudenziale precedente: è sufficiente che rilevi che la pronuncia impugnata si è adeguata alla giurisprudenza di legittimità e che il ricorrente non la critica adeguatamente. In questo senso l’art. 360 bis è una norma-filtro perchè consente di deliberare rapidamente ricorsi “inconsistenti“».

Tutto quanto sopra considerato va, dunque, applicato al caso concreto sottoposto alla Corte: il ricorso per cassazione aveva infatti ad oggetto un unico motivo di ricorso, con cui il ricorrente deduceva la violazione e falsa applicazione degli artt. 1140-1141 C.C., la nullità della sentenza impugnata (nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione) per avere la Corte di Appello ritenuto che il promissario acquirente fosse mero detentore del fondo promesso in vendita e non avesse con tale fondo una relazione qualificabile come possesso utile ad usucapionem [nella fattispecie concreta si disquisiva dell’originaria domanda avanzata dal ricorrente per la declaratoria del proprio acquisto per usucapione speciale della proprietà di un fondo, di cui lo stesso ricorrente riteneva di avere acquisito il possesso in occasione della stipula del contratto preliminare].

Secondo la Corte, tale motivo di ricorso deve ritenersi inammissibile in quanto, in virtù dell’orientamento consolidatosi in sede di legittimità, da cui la Corte stessa non ritiene di discostarsi, non avendo peraltro il ricorrente fornito elementi per mutare orientamento

«”Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna della consegna del bene prima della stipula  del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori; pertanto la relazione con la cosa …..è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile ad usucapionem ...».

Alla luce di quanto sopra, dunque, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso ai sensi dell’art. 360-bis C.P.C.

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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