PCT: il 30 giugno si avvicina, ma………

By | 14/05/2014

Come tutti sappiamo, il prossimo 30 giugno 2014 rappresenta la data di entrata in vigore del processo civile telematico: stop al supporto cartaceo, dunque, e via al formato digitale, con ovvio risparmio di tempi, costi e razionalizzazione nell’impiego delle risorse.

Ma sarà davvero così?

Forse no: vediamo perché.

Ouverture: le dichiarazioni del Ministro Orlando

Che ci fosse qualche problema nella gestione del progetto, si era intuito sin dall’intervento del ministro Orlando in commissione giustizia al Senato del 23 aprile 2014, circa il quale vi abbiamo riferito in un precedente post.

Nel contesto di tale intervento, infatti (si veda pag. 12 dell’allegato pdf), il Ministro, dopo aver svolto le considerazioni, ormai di prammatica, in ordine alla fondamentale importanza di portare a termine la riforma “tecnologica” della giustizia civile, ha, tuttavia, significativamente aggiunto che occorre

«verificare lo stato di realizzazione del PCT nei diversi uffici giudiziari, poiché dai dati che emergono si evince una attuazione ancora a macchia di leopardo, con uffici già pronti o in via di approntamento e altri in cui si riscontrano ancora criticità».

In quest’ottica, ha aggiunto il Ministro,

«valuteremo in prossimità della scadenza del 30 giugno se sarà necessario intervenire in modo chirurgico per rimuovere gli specifici ostacoli alla realizzazione di questo importante obiettivo».

Frase, quest’ultima, dal tenore un po’ sibillino, il senso della quale avrebbe potuto e potrebbe essere reso come segue: «forse occorrerà rinviare il progetto PCT di qualche mese, quantomeno parzialmente».

Interludio: le ulteriori perplessità espresse dall’AIGA

Dal canto loro, i giovani avvocati dell’AIGA, riunitisi il 9 e 10 maggio scorsi a Parma in una conferenza dal titolo «#lanuovagiustizi@A», non erano stati da meno.

In tale sede, infatti, un apposito report congressuale (la cui sintesi è reperibile qui) aveva evidenziato sia le numerose problematiche operative del PCT (si pensi all’ipotesi, ad es., dell’avvocato che, richiesto il decreto ingiuntivo telematicamente, debba poi incamminarsi verso la cancelleria per richiedere le copie e/o per consegnare materialmente l’originale del contributo unificato, della marca da bollo e simili), sia la diffusione parcellizzata e disorganica di tale strumento sul territorio nazionale.

Finale: verso un rinvio?

Infine, Il quotidiano Il Sole 24 Ore ha dedicato all’argomento la prima pagina dell’edizione di lunedì 12 maggio 2014, riportando dati  analoghi a quelli che si sono appena esemplificati e descrivendo tre possibili exit strategies:

«In primo luogo, avviare il processo civile telematico in modo graduale: i tribunali pronti potrebbero tenere ferma la data del 30 giugno, mentre gli uffici dove la situazione è più arretrata si allineerebbero in seguito. Oppure confermare la scadenza per tutti, ma limitare l’obbligo ai decreti ingiuntivi. Infine, resta aperta anche l’ipotesi di rinviare tout court il passaggio al processo informatico».

“Noi speriamo che ce la caviamo”

Ora, alla luce di quanto sopra, viene da dire subito che un’entrata in vigore a macchia di leopardo è destinata a creare problemi operativi cui è meglio non pensare, come, ad es., dover accertare di volta in volta la tipologia di ogni singolo ufficio giudiziario cui ci si rivolga (se informatizzato o no); dover sempre verificare la qualità del servizio reso nel caso in cui si tratti di ufficio informatizzato (con particolare riferimento alla tipologia di atti che sia possibile depositare con efficacia legale); dover tenere presenti le eventuali prassi operative localmente adottate in presenza di situazioni particolari (es. mancanza del cancelliere), etc.

L’entrata in vigore per i soli decreti ingiuntivi, dal canto suo, rappresenta, una soluzione più soft, ma pur sempre problematica, manifestando i medesimi problemi di cui sopra (rilascio copie?; pagamento contributo?), ancorché in termini attenuati.

Resta l’ipotesi del rinvio “secco”, che, nella situazione data, pare rappresentare la soluzione più ragionevole (ma anche quella politicamente meno presentabile).

Dunque?

Per cercare di orientarsi, occorre riflettere sui fondamentali e considerare come, nell’ordinaria percezione politica del processo di digitalizzazione della giustizia (e della società in generale) che stiamo attraversando, lo strumento telematico appare vissuto unicamente nella sua natura di puro mezzo tecnico: utile quanto si voglia in vista del recupero di risorse e/o di un loro più efficiente utilizzo, ma pur sempre un mero mezzo tecnico.

Si tratta di una logica che va abbandonata.

L’operare telematicamente, infatti, non rappresenta solo un diverso modo di affrontare la quotidianità affidandosi a strumenti tecnologicamente più sofisticati di quelli precedentemente posseduti, ma è una qualità diversa del pensare e dell’agire individuale e professionale.

L’attuale passaggio, dunque, non si può affrontare limitandosi ad acquistare computers aggiornati all’ultimo sistema operativo o tabs con prestazioni stellari, ma presuppone ed impone l’acquisizione di nozioni/cognizioni/visioni dell’intero assetto di vita professionale (e personale) completamente diversi da quelli che ci hanno accompagnato sino ad ora (merita una citazione, in proposito, il saggio «Essere digitali» nel quale, ormai molti anni fa, Nicholas Negroponte esponeva lucidamente cosa significa vivere in modo “digitalmente orientato”).

In altre parole, cioè, occorre che il sistema si renda pienamente, consapevolmente e rapidamente conto che il mondo digitale non è un semplice insieme di congegni tecnologicamente avanzati, ma rappresenta l’epifenomeno di un nuovo sistema di valori da comprendere ed acquisire: non è un mezzo, ma è un fine.

Di tale consapevolezza il nostro sistema sembra ancora privo: non solo all’interno del processo civile, ma anche nel contesto del più generale ambito della giurisdizione.

Basti pensare, ad esempio, oltre a quanto si è detto sopra, al fatto che giustizia amministrativa e tributaria (e non solo esse), stanno sperimentando percorsi diversi, utilizzando metodologie diverse e prevedendo tempistiche diverse, sia tra loro che rispetto al processo civile: uno “spezzatino” incompatibile con la logica di sistema che l’annunciata rivoluzione digitale deve necessariamente possedere per poter essere effettivamente realizzata.

Senza dimenticare, poi, il problema costituito dall’approccio degli operatori che, a parte eccezioni anche significative, appare in generale molto lontano dall’aver compreso la portata effettiva del mutamento cui si sta andando incontro (od averla compresa anche troppo a fondo, al punto da opporvi una sotterranea ed ostinata resistenza).

Ed a tacere, infine, della carenza/obsolescenza di molte strutture giudiziarie, che non saranno presumibilmente in grado di affrontare e reggere l’impatto del PCT ancora per diverso tempo.

Insomma, se, nella valutazione di quel che accadrà il 30 giugno prossimo venturo prevarranno le logiche di “facciata” sulle valutazioni di metodo e di sistema, ci attenderanno giorni non facili e molto confusi.

Perciò armiamoci di tastiera, tab e pazienza e prepariamoci a resistere ancora una volta sulla linea del nostro personalissimo e quotidiano Piave. Sperando di cavarcela, noi ed i nostri clienti che, tramite noi, chiedono giustizia.

Documenti & materiali

Scarica il testo intervento del ministro Orlando in commissione giustizia al Senato

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Author: Avv. Luca Lucenti

Avvocato, nato a Pesaro il 20 ottobre 1961. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1991. Abilitato al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Responsabile di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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