Mediazione delegata: termine non perentorio, ma non senza conseguenze Nota a Trib. Vasto 27/09/2017


Anche se il termine di quindici giorni per esperire la mediazione delegata non è perentorio,

«ove l’udienza di rinvio del processo sia stata fissata subito dopo la scadenza del termine di durata della mediazione, senza che il procedimento sia stato iniziato o comunque si sia concluso per una colpevole inerzia iniziale della parte, che ha ritardato la presentazione della istanza, quest’ultima si espone al rischio che la sua domanda giudiziale sia dichiarata improcedibile, a causa del mancato esperimento della mediazione entro il termine di durata della procedura o, in ogni caso, entro il più ampio termine di rinvio del processo all’udienza di verifica».

E’ la massima estratta da una recente del  Tribunale di Vasto, sezione lavoro, del 27/09/2017 originata da un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo del valore superiore ad € 50.000 in ragione di una esposizione debitoria eveniente da un rapporto di conto corrente e da un contratto di finanziamento garantiti da fideiussione omnibus.

Nel corso del giudizio, il giudice, a istruttoria completata, ha demandato il procedimento di mediazione tra le parti ex art. 5, 2° comma, D.LGS. 04/03/2010, n. 28, sottoponendo alle parti gli indici di concreta mediabilità della controversia ed invitando, dunque, queste ultime a ricercare una soluzione amichevole della lite.

Veniva, indi, esperito il procedimento di mediazione, il quale, tuttavia, aveva esito negativo sin dal primo incontro c.d. filtro.

Alla successiva udienza di rinvio la convenuta formulava una preliminare eccezione di improcedibilità della opposizione, sull’assunto che la domanda di mediazione fosse stata presentata tardivamente, oltre il termine di quindici giorni assegnato dal giudice con l’ordinanza di rimessione delle parti in mediazione.

Il Tribunale di Vasto, con la sentenza in commento, in accoglimento dell’eccezione in discorso ha dichiarato la improcedibilità della opposizione e, indi, la definitività del decreto ingiuntivo opposto.

La motivazione della sentenza ha ripercorso i tre orientamenti succeditisi sul tema della natura del termine in questione ex art. 5, commi 1 bis e 2, D.LGS. n. 28/10,ed, in particolare, ha ricordato che:

1) secondo un primo orientamento

«il termine di quindici giorni assegnato dal giudice ha carattere perentorio, pur in assenza di una esplicita previsione legale in tal senso, derivando tale conclusione dal principio giurisprudenziale secondo cui il carattere della perentorietà del termine può desumersi, anche in via interpretativa, tutte le volte che, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, lo stesso debba essere rigorosamente osservato (cfr., in questo senso, Cass. n. 14624/00; Cass., n. 4530/04)».

Sulla scorta di quanto sopra, dunque, l’implicita natura perentoria del termine in parola si evincerebbe dalla stessa gravità della sanzione prevista, vale a dire l’improcedibilità della domanda giudiziale per il mancato esperimento della mediazione. Ne consegue che il tardivo esperimento della mediazione disposta dal giudice, ai sensi dell’art. 5, comma 2, D.LGS. n. 28/2010, produce gli stessi effetti del mancato esperimento della stessa ed impone dunque la declaratoria di improcedibilità;

2) secondo un secondo giurisprudenziale, invece,

«in assenza di una espressa previsione di perentorietà del termine assegnato dal giudice ex art. 5, secondo comma, D.Lgs. n. 28/2010, la presentazione della domanda di mediazione successivamente al termine di quindici giorni assegnato dal giudice non consente di ritenere operante la sanzione di improcedibilità prevista per il mancato esperimento del tentativo di mediazione, dovendosi dare prevalenza all’effetto sostanziale dello svolgimento del procedimento (cfr., Trib. Milano, 27.09.2016; Trib. Pavia, 14.10.2015)».

Ne deriva che la tardività dell’instaurazione del procedimento di mediazione non può essere equiparata al mancato svolgimento del procedimento medesimo, anche in considerazione del fatto che non trattandosi di atto del processo, non potrebbe trovare applicazione neppure la disciplina prevista dall’art. 152 C.P.C. circa la perentorietà del termine. E, dunque, il termine di quindici giorni per l’avvio della mediazione delegata avrebbe natura ordinatoria.

Secondo questa intepretazione, tuttavia, nonostante l’ordinatorietà del termine in parola, la mancata presentazione dell’istanza avrebbe comunque degli effetti qualora il ritardo abbia pregiudicato l’effettivo esperimento della procedura prima della udienza di verifica, fissata ai sensi del secondo comma dell’art. 5 D.LGS. n. 28/10;

3) secondo un indirizzo interpretativo intermedio (cfr., Trib. Savona, 26.10.2016; Trib. Piacenza, 18.10.2016; Trib. Monza, 21.01.2016, n. 156; Trib. Como, 12.01.2015), infine, pur riconoscendo la natura ordinatoria e non perentoria del termine in discorso,

«la parte a carico della quale è stato posto l’onere di instaurare il procedimento di mediazione può ottenere dal giudice una proroga del termine, sempreché depositi tempestivamente l’istanza prima della scadenza del termine stesso. E’ noto, infatti, che i termini ordinatori possono essere prorogati ai sensi dell’art. 154 c.p.c. (in virtù del quale “il giudice, prima della scadenza, può abbreviare o prorogare, anche d’ufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza. La proroga non può avere una durata superiore al termine originario. Non può essere consentita proroga ulteriore, se non per motivi particolarmente gravi e con provvedimento motivato”), ma solo a condizione che essi non siano ancora scaduti e che la proroga non superi la durata del termine originario, mentre una eventuale ulteriore proroga può essere ammessa subordinatamente alla ricorrenza di motivi particolarmente gravi; ciò sia per l’effetto preclusivo determinato dallo spirare del termine, sia per il contemporaneo verificarsi della decadenza dal diritto di compiere l’attività che ne consegue (in tal senso, tra le innumerevoli sentenze, si vedano Cass., 21.02.2013, n. 4448; Cass., 27.11.2010, n. 23227)».

Da quanto sopra, conseguirebbe dunque che in caso di mancata proposizione dell’istanza di proroga del termine prima della sua scadenza, la parte inevitabilmente decadrebbe dalla relativa facoltà di instaurare il procedimento di mediazione, con l’ulteriore conseguenza che, anche secondo questo indirizzo giurisprudenziale, la tardiva proposizione della domanda di mediazione andrebbe equiparata, sotto il profilo della conseguente improcedibilità della domanda giudiziale, alla sua totale omissione.

Nel multiforme panorama di opzioni interpretative, il giudice di Vasto ha ritenuto di aderire alla tesi della natura non perentoria del termine assegnato dal giudice per la presentazione della domanda di mediazione, sia in quanto manca una previsione legale di perentorietà del termine anzidetto, sia in quanto

«non ricorrono i presupposti per desumere tale carattere di perentorietà in via interpretativa, sulla base dello scopo che il termine persegue e della funzione che esso adempie».

Secondo la sentenza in commento, infatti, lo scopo sotteso al dato testuale della norma di cui all0art. 5, secondo comma, D.LGS. n. 28/2010, sarebbe quello di accelerare la procedura di mediazione “delegata” , in modo che essa possa essere portata a termine prima della celebrazione della udienza di rinvio, che – a sua volta – deve essere fissata dopo la scadenza del termine di durata della mediazione, non superiore a tre mesi.

Tale considerazione trova conferma nella disposizione dell’art. 6, secondo comma, D.LGS. cit., che stabilisce che, nella mediazione demandata dal giudice,

«il termine di durata del procedimento di mediazione decorre, al più tardi, “dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della domanda”, nel caso in cui – ovviamente – a quella data le parti non abbiano già depositato l’istanza»

Alla luce di tale ricostruzione, fedele al dato normativo, deriva che la sanzione di improcedibilità della domanda giudiziale non consegue alla mancata proposizione della domanda di mediazione entro il termine di quindici giorni, bensì all’omesso esperimento del procedimento entro il termine di celebrazione della udienza di rinvio del processo, il quale viene, a sua volta, calibrato dal giudice in ragione del termine di durata della mediazione, pari a tre mesi decorrenti, al più tardi, dal termine assegnato per la presentazione della istanza. Ed, infatti, la parte che ritarda l’attivazione della procedura si accolla il rischio che il procedimento non riesca a concludersi nel termine massimo di tre mesi, che inizia comunque a decorrere, indipendentemente dalla iniziativa dell’interessato, dalla scadenza del termine assegnato dal giudice.

Applicando tali considerazioni al caso di specie, il giudice, tenuto conto il ritardo nella presentazione della domanda di mediazione ha avuto una ripercussione negativa, sia sui tempi di definizione della procedura, poiché l’istanza di mediazione è stata depositata con molto ritardo rispetto a quanto disposto dal giudice (addirittura oltre il termine di durata massima della procedura) e, dunque, considerato ulteriormente che alla data di tale udienza, il procedimento di mediazione non era stato ancora esperito, il giudice de quo non ha potuto far altro che dichiarare l’improcedibilità della opposizione, con conseguente definitiva esecutività del decreto ingiuntivo opposto.

L’unica e “amara” consolazione per l’opponente è stata la compensazione delle spese di lite, stante la presenza di eccezionali motivi quali l’assoluta novità della questione e l’assenza di un orientamento giurisprudenziale di legittimità sul punto.

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Scarica il testo della sentenza Trib. Vasto 27/09/2017

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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