Le Sezioni Unite sulle spese di assistenza stragiudiziale: sono danno emergente Cass. Civ., SS.UU., 10/07/2017, n. 16990

By | 25/07/2017

Un recentissimo arresto delle Sezioni Unite (Cass. Civ., SS.UU., 10/07/2017, n. 16990) torna sulla vexata quaestio della natura e delle modalità di liquidazione e prova in giudizio delle spese di assistenza corrisposte nella pregressa fase stragiudiziale dello stesso.

Si tratta, come noto, di un argomento delicato, particolarmente sentito in tutti quegli ambiti, come, ad es., la responsabilità da infortunistica stradale, dove l’attività stragiudiziale può rivestire carattere di complessità anche importante: ragione per cui è bene cercare di mettere a fuoco quando e in che misura i relativi costi potranno essere riversati sulla controparte allorchè la controversia abbia uno sbocco di natura giudiziale.

La questione non è di per sé semplice, soprattutto considerando il sovrapporsi, alla “classica” attività stragiudiziale cui si era sino a qualche tempo fa abituati, di numerosissime procedure ADR ritualizzate ex lege, il ricorso alle quali è spesso obbligatorio, nonché l’alternarsi, nello scenario stragiudiziale, di figure professionali “protette” (si pensi al caso classico dell’avvocato, o del CTP medico) e di figure che, viceversa, “protette” non sono (per tutte: le agenzie infortunistiche), le quali presentano ciascuna la propria rispettiva peculiarità in termini di modalità operative e di quantificazione/liquidazione delle relative competenze. Non va, infine, dimenticato un atteggiamento giurisprudenziale che sembra alquanto cauto, per usare un eufemismo, nel valutare l’addossabilità alle controparti di costi e spese ricollegati ad attività prestate prima di avere oltrepassato i recinti del giudizio.

Sembra dunque utile valutare il tema, quantomeno nelle sue linee essenziali, a partire dalla natura propria delle spese in questione.

L’indirizzo originario: sono “spesa” (quasi sempre)

Un primo indirizzo interpretativo in materia sembra tenere in particolare considerazione l’ipotesi in cui il professionista che abbia svolto l’attività di assistenza stragiudiziale in favore di un determinato soggetto, sia quello stesso avvocato che assista indi il medesimo soggetto nel giudizio intrapreso dopo l’esito infruttuoso della fase bonaria: ipotesi in cui esiste, in effetti, un armamentario abbastanza consolidato (anche se oggi meno che in passato) per la determinazione di an, quantum e quomodo debeatur al professionista interessato.

Così, sul punto, Cass. Civ., Sez. III, 12/07/2005, n. 14594, ebbe a stabilire che

«le spese legali corrisposte dal cliente al proprio avvocato in relazione ad attività stragiudiziale seguita da attività giudiziale devono formare oggetto di liquidazione con la nota di cui all’art. 75 disp. att. c.p.c., se trovino adeguato compenso nella tariffa per le prestazioni giudiziali»,

mentre, mancando un disposizione tariffaria (o parametrale, diremmo oggi), esse devono

«formare oggetto di domanda di risarcimento del danno nei confronti dell’altra parte, purché siano necessarie e giustificate, condizioni, queste che si desumono dal potere del giudice di escludere dalla ripetizione le spese ritenute eccessive o superflue, applicabile anche agli effetti della liquidazione del danno in questione».

In senso identico a quello appena visto, si era peraltro già espressa Cass. Civ., Sez. III, 06/09/1999, n. 9400, secondo cui

«le spese legali corrisposte dal cliente al proprio avvocato in relazione ad attività stragiudiziale seguita da attività giudiziale e non considerate nella nota di cui all’art. 75 disp. att. c.p.c., possono formare oggetto di domanda di risarcimento nei confronti dell’altra parte a titolo di danno emergente».

Secondo l’opinamento in esame, dunque, le spese ricollegate ad attività di assistenza stragiudiziale rientrano nella categoria di quelle liquidabili dal giudice in base alla relativa nota redatta dal difensore ex art. 75 disp. att. c.p.c. e solo laddove ciò non possa accadere esse assumono la natura di danno emergente.

Distinzione, questa, non di poco conto, giacché in base ad essa solo nel secondo caso la possibilità di vedersi riconosciuto l’importo richiesto sarà sottoposto alla ghigliottina dei termini istruttori.

L’indirizzo delle SS.UU.: sono danno emergente

Sul punto, tuttavia, si sono manifestati nel tempo anche orientamenti diversi, secondo i quali se durante la fase stragiudiziale le spese per la relativa assistenza possono trovare autonoma collocazione pattizia nel quadro degli accordi intercorsi tra le parti per definire transattivamente la controversia tra loro insorta, tuttavia, secondo Cass. Civ., Sez. III, 02/02/2006, n. 2275,

«se invece la pretesa risarcitoria sfocia in un giudizio nel quale il richiedente sia vittorioso, le spese legali sostenute nella fase precedente all’instaurazione del giudizio divengono una componente del danno da liquidare e, come tali devono essere chieste e liquidate».

In senso analogo a quello appena visto si è di recente espressa anche Cass. Civ., Sez. VI, 13/03/2017, n. 6422, secondo cui «l’attività stragiudiziale, anche se svolta da un legale, è comunque un qualcosa di intrinsecamente diverso rispetto alle spese legali vere e proprie» ed ha natura di danno emergente, con opinamento fatto proprio anche dalle SS. UU. oggi in commento, le quali hanno lapidariamente sancito che

«il rimborso delle spese di assistenza stragiudiziale ha natura di danno emergente, consistente nel costo sostenuto per l’attività svolta da un legale in detta fase precontenziosa»,

aggiungendo, in relazione al contrario avviso sopra esaminato, che

«non è corretta affermazione di taluna giurisprudenza secondo cui le spese legali dovute dal danneggiato/cliente al proprio avvocato in relazione ad attività stragiudiziale seguita da attività giudiziale possono formare oggetto di liquidazione con la nota di cui all’art. 75 disp. att. cod. proc. civ., dovendo invece formare oggetto della domanda di risarcimento del danno emergente nei confronti dell’altra parte con le preclusioni processuali ordinarie nei confronti delle nuove domande».

Il che porta con sé che la necessità che tale voce di danno sia, oltre che tempestivamente, anche adeguatamente provata e che la stessa venga altresì sottoposta al vaglio liquidativo del giudice secondo le previsioni di cui agli articoli 1223 e ss. C.C.

Quando un tale danno è risarcibile

Se, dunque, appare oggi assodata la natura di danno emergente attribuita alle spese in discussione, con conseguente sottoposizione della relativa domanda alle preclusioni processuali d’uso, qualche ulteriore parola va ora spesa sui requisiti di merito presupposti all’effettiva risarcibilità di tale danno, laddove la relativa questione sia stata ritualmente introdotta in giudizio.

In altre parole, cioè, una volta stabilito che il costo ricollegato allo svolgimento di attività stragiudiziale in favore di un determinato soggetto costituisce un’articolazione del danno patrimoniale risarcibile che quel soggetto potrà far valere sub specie danno emergente, quali sono le condizioni perché, proposta tempestivamente tale domanda, essa poi possa trovare concreto accoglimento?

Autonomia

In ordine al punto ora in esame può intanto dirsi che la prima caratteristica che sembra dover possedere – in tesi generale – un’attività di assistenza stragiudiziale per poter essere oggetto di valutazione nel processo sembra essere quella dell’autonomia rispetto alle tipiche attività che devono svolgersi all’interno del processo stesso.

In questo senso, ad es., Cass. Civ., Sez. II, 12/06/2008, n. 15814, ha affermato che non sono attività stragiudiziali

«quelle attività professionali che, sebbene non esplicate davanti al giudice, siano tuttavia con quelle giudiziali strettamente connesse e ad esse complementari in quanto intese all’introduzione e svolgimento del procedimento giudiziale anche se svolte al di fuori di esso, così da costituirne il naturale completamento».

L’aspetto, rilevante in prima battuta nei rapporti diretti tra patrono e proprio assistito, non è priva di segno anche nella prospettiva risarcitoria di cui qui si discute, posto che, se il compenso autonomo per la prestazione considerata non può dirsi dovuto, neppure il relativo controvalore potrà essere fatto valere in giudizio nei confronti del terzo sub specie risarcimento del danno.

Utilità

Una volta superato il vaglio dell’autonomia, poi, le Sezioni Unite oggi in commento ricordano l’ulteriore criterio di risarcibilità, consistente nella utilità/non superfluità dell’attività stragiudiziale svolta, criterio da valutarsi «ex ante, cioè in vista di quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l’esito futuro del giudizio».

Ciò comporta, secondo l’insegnamento di Cass. Civ., SS.UU., 10/07/2017, n. 16990

«che la corrispondente spesa sostenuta non è configurabile come danno emergente e non può, pertanto, essere riversata sul danneggiante quando sia, ad esempio, superflua ai fini di una più pronta definizione del contenzioso, non avendo avuto in concreto utilità per evitare il giudizio o per assicurare una tutela più rapida risolvendo problemi tecnici di qualche complessità».

Necessità

Va da ultimo ricordato anche un ulteriore indirizzo interpretativo, fatto proprio da Cass. Civ., Sez. III, 29/05/2015, n. 11154, che si spinge ancor più in là della valutazione di concreta utilità appena esaminata, legando la risarcibilità delle spese in commento alla «loro effettiva necessità».

Così, secondo il precedente appena citato,

«debbono essere sempre risarcite le spese legali qualora il sinistro presenti particolari difficoltà giuridiche ovvero qualora il soggetto leso non abbia ricevuto la dovuta assistenza ai sensi dell’art. 9, comma 1, D.P.R. n. 254/2006 dal proprio assicuratore. È irrisarcibile la spesa del legale quando, invece, il sinistro è di pronta e facile soluzione».

Valutazione, quest’ultima, davvero molto rigorosa, che sembra in qualche modo venire temperata da Cass. Civ., Sez. III, 21/01/2010, n. 997, la quale ha precisato come la risarcibilità

«non può essere esclusa per il fatto che l’intervento di detto studio non abbia fatto recedere l’assicuratore dalla posizione assunta in ordine all’aspetto della vicenda che era stato oggetto di discussione e di assistenza in sede stragiudiziale»,

dovendo comunque essere valutata

«considerando, in relazione all’esito della lite su detto aspetto, se la spesa sia stata necessitata e giustificata in funzione dell’attività di esercizio stragiudiziale del diritto al risarcimento».

In conclusione

Conclusivamente, può dirsi dunque che il ristoro delle spese di assistenza stragiudiziale (si badi: da chiunque tale assistenza venga prestata, avvocato, CTP, agenzia etc.), secondo il precedente delle SS.UU. oggi in commento, ma anche secondo la giurisprudenza “di contorno” che è dato rinvenire sul punto:

  • può ottenersi, ma esclusivamente sub specie danno emergente;
  • il suo risarcimento è sottoposto al principio della domanda ed agli oneri processuali istruttori, ivi comprese le relative preclusioni;
  • il concreto riconoscimento della sua risarcibilità è comunque condizionato, nel merito, al positivo scrutinio dell’autonomia ed utilità (quando non della vera e propria necessità) dell’attività di assistenza stragiudiziale in relazione al caso oggetto del successivo giudizio.

Dunque, al fine di azionare adeguatamente una domanda del tipo in esame, occorrerà, da un lato, proporla tempestivamente ed in modo sufficientemente documentato e, dall’altro, giustificare in modo esauriente l’utilità in concreto dell’intervento stragiudiziale di specie.

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Author: Avv. Luca Lucenti

Avvocato, nato a Pesaro il 20 ottobre 1961. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1991. Abilitato al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Responsabile di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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