La procedura semplificata di separazione e divorzio avanti al Sindaco Le nuove procedure in ambito di famiglia. Parte seconda.


Come noto con il D.L. 12/09/2014, n. 132, come modificato con la legge di conversione L. 10/11/2014, n. 162, tra gli altri, sono stati introdotti due importanti e nuovi istituti nell’ambito di famiglia: la negoziazione assistita familiare (di cui si è trattato nel post del 17/12/2014), e la c.d. procedura semplificata di separazione o o di divorzio da celebrarsi davanti al Sindaco di cui si tenterà di trattare in questa sede.

Procedura semplificata di separazione o divorzio davanti al Sindaco

Questo istituto completamente nuovo per il nostro sistema giuridico, è regolato essenzialmente dall’art. 12 del D.L. 132/2014, come modificato con la L. 10/11/2014, n. 162, e prevede la possibilità per i coniugi di procedere alla separazione personale, al divorzio, ed alla modifica delle condizioni di separazione  e divorzio, davanti al Sindaco, anzichè al giudice, e senza l’assistenza dell’avvocato (che è, infatti, solo facoltativa).

I presupposti

Va precisato che detta procedura potrà essere avviata dai coniugi solo alle seguenti condizioni:
1) sussistenza di consenso congiunto dei coniugi (dunque, si dovrà trattare di separazione consensuale, divorzio congiunto, o accordo di entrambi per la modifica);
2) assenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, ovvero economicamente non autosufficienti (dunque, come si può constatare, non è esatto affermare che non devono sussistere figli per poter ricorrere a questa procedura, perchè sarà possibile farvi ricorso anche qualora siano presenti figli maggiorenni economicamente autosufficienti);
3) assenza di «patti di trasferimento patrimoniale».

Il procedimento

Il procedimento è davvero piuttosto semplice, atteso che consiste nel rendere una dichiarazione (congiunta da parte dei coniugi), al Sindaco di voler procedere alla separazione, o al divorzio, e quest’ultimo si limiterà a raccogliere detta dichiarazione di volontà in un atto scritto che verrà sottoscritto immediatamente dalle parti, e poi a fissare un nuovo incontro (a non meno di 30 gg da quel momento) in cui i coniugi dovranno confermare (o meno) la propria volontà di procedere, come anticipato nel primo incontro.

E’ importante precisare che quest’ultima riconvocazione (si ripete, a distanza di almeno 30 gg dalla prima) opera unicamente nel caso di separazione o di divorzio, e non, dunque, nell’ipotesi di modifica delle condizioni di esse, in cui, quindi, il procedimento si esaurirà in un solo incontro.

E’ chiaro, quindi, che la riconvocazione ha lo scopo di consentire ai coniugi una riflessione ponderata sulla decisione di separarsi o di divorziare.

Importante anche sottolineare che il termine (ancora di tre anni), per poter procedere al divorzio, che, come noto, nelle procedure giudiziali decorre dalla comparizione dei coniugi all’udienza presidenziale, in questo procedimento decorrerà dalla prima comparizione dei coniugi avanti al Sindaco (sempre che, naturalmente, la volontà di separarsi venga poi confermata nel successivo incontro).

Perplessità e problemi

Questo modello di separazione/divorzio è certamente agile e molto economico per i coniugi, e, dunque, innegabilmente, si presenta come procedimento particolarmente ‘appetibile’.

Tuttavia, pur non condividendo e prendendo le distanze da chi rifiuta questo nuovo procedimento solo perchè ‘nuovo’, non si può davvero tacere il fatto che esso presenta alcune importanti criticità.

Il coniuge più debole

Naturalmente, il primo problema che si pone l’avvocato coscienzioso è quello della tutela del coniuge più debole (donna o uomo che sia).
In questo procedimento, infatti, il coniuge più debole non può sperare di trovare alcuna protezione o tutela nel Sindaco, cui, infatti, la normativa in questione, di certo, non sembra conferire questo ruolo, ma una funzione di pubblico ufficiale che si limita a raccogliere le dichiarazioni di volontà ad egli manifestate, senza vagliarne il contenuto.

Sarebbe, dunque, senz’altro preferibile che, prima di ricorrere a questo procedimento semplificato, il coniuge si rivolgesse ad un avvocato quantomeno per avere contezza dei diritti cui, verosimilmente, rinuncia attivando il citato procedimento (assegno di mantenimento; assegnazione della casa coniugale; richiesta di addebito della separazione all’altro coniuge, con i conseguenti effetti; azioni risarcitorie nei confronti dell’altro coniuge; etc).

La procedura per la modifica delle condizioni di separazione o di divorzio

Altro problema di particolare importanza discende dalla non semplice interpretazione della norma, sopra richiamata, laddove essa precisa che «l’accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale» (art. 12/3 cit.).

La prima difficoltà che si incontra è quella di raccordare questa disposizione con quella, contenuta nella medesima norma (art. 12/3 cit.), secondo la quale, questo procedimento può essere utilizzato anche per procedere alla modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

Se, infatti, in questa procedura non è possibile introdurre disposizioni a contenuto patrimoniale, essa finisce per essere unicamente una procedura che produce un effetto sul vincolo matrimoniale, dunque, sullo status di coniuge.

Nè è possibile che si estenda a disposizioni a contenuto non patrimoniale, come, per esempio, quello dell’affidamento dei figli, perchè si è visto, che una delle condizioni per poter accedere a questa procedura è quella dell’assenza di figli minori (o ad essi equiparati).

I patti a contenuto patrimoniale

Inoltre, sotto altro profilo, qualcuno interpreta la disposizione appena vista secondo la quale «l’accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale» (art. 12/3 cit.), nel senso che nella dichiarazione di volontà che i coniugi rendono al Sindaco, non devono assolutamente essere presenti disposizioni a contenuto patrimoniale, spingendosi, in questo senso, fino ad escludere anche la stessa rinuncia espressa ad esse, e ciò, come scelta escludente ed incompatibile con ogni altra richiesta, anche separata, avente quel contenuto patrimoniale.

In sostanza, secondo questa impostazione, i coniugi che scelgono questa procedura, implicitamente, tacitamente, rinunciano a tutti i diritti di natura patrimoniale che avrebbero potuto vantare in sede giudiziale.
Il che, naturalmente, impedirà o comunque renderà molto difficile, farli valere solo in un secondo momento.

Altri, invece, ritengono che questa disposizione normativa (art. 12/3 cit.) debba essere interpretata nel senso che sia priva di atti dispositivi di natura patrimoniale la dichiarazione che i coniugi rendono al Sindaco, ma che ciò non significhi che essi atti dispositivi non possano essere compiuti separatamente dai coniugi.

In sostanza, dunque, i coniugi si separano (o divorziano) davanti al Sindaco, e, separatamente con scrittura privata regolamentano concordemente i loro diritti a contenuto patrimoniale, oppure, in mancanza di accordo, ciascuno di loro potrà azionarsi giudizialmente per far valere i propri diritti separativi o divorzili.

Questa seconda impostazione appare più interessante e forse anche più corretta rispetto al dettato normativo, atteso che, anche per chi scrive, non sembra potersi ritenere implicitamente tacitamente rinunciato quanto è già escluso per legge, ossia, quanto per legge non può costituire il contenuto della dichiarazione de qua.

Inoltre, sotto un altro profilo, la proposizione di una domanda giudiziale autonoma con cui si facciano valere diritti separativi o divorzili a contenuto patrimoniale, anche quando sia già intervenuta una pronuncia sullo status di coniuge, è quanto già analogamente accade ogni volta che, nel corso di un giudizio di separazione o di divorzio, il Tribunale pronuncia una sentenza non definitiva sullo stato di coniuge (o sul vincolo matrimoniale, nel caso di divorzio), per poi proseguire la causa per quanto concerne l’assegno di mantenimento e le altre disposizioni anche di natura patrimoniale.

In sostanza, dunque, non sembra potersi affermare che una volta esperita la procedura semplificata per separarsi o per divorziare davanti al Sindaco, sia poi precluso ai singoli coniugi di attivare la negoziazione assistita familiare, oppure di azionarsi in giudizio, per vedersi  riconosciuto l’assegno di mantenimento o altro diritto a contenuto patrimoniale, discendente dal rapporto matrimoniale intercorso; così come non potrà considerarsi precluso un separato accordo privato tra essi (pur consapevoli, tuttavia, che una scrittura privata non potrà avere la speciale efficacia esecutiva di un provvedimento giudiziale, o di un accordo frutto di negoziazione assistita).

Documenti & materiali

Scarica il testo del DL 132/2014, pubblicato in GU lo scorso 12/092014 convertito in L. 162/2014 – Serie Generale n.261 del 10-11-2014

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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