Ingiurie e minacce verso il datore di lavoro che non versa gli stipendi: assolto il lavoratore In nota a Cass. Pen., V, 15/11/2016, n. 48245


La quinta sezione penale della Cassazione si è pronunciata due giorni fa sulla ritenuta sussistenza della causa di non punibilità prevista dall’art. 599 c.p. nel reato di ingiuria, reato che sarebbe stato perpetrato da un dipendente ai danni del proprio datore di lavoro, il quale non aveva mai versato gli stipendi al lavoratore.

In primo e secondo grado il dipendente era stato assolto per il reato di ingiurie per la ritenuta scriminante, nonché per il reato di minacce con la formula “perché il fatto non costituisce reato“.

Avverso la decisione del giudice dell’appello aveva proposto ricorso la difesa della parte civile, lamentando, tra i vari motivi, anche l’erronea applicazione della scriminante sopra citata, nonché l’illogicità della motivazione nella parte in cui riteneva che le frasi inviate via sms dall’ex lavoratore al datore di lavoro erano state ritenute in astratto minacciose, ma non nel concreto della fattispecie, poichè

«frutto di uno sfogo incontrollato derivante da una situazione esacerbata».

La Corte ha rigettato il ricorso, confermando dunque le due sentenze che hanno preceduto la pronuncia in commento, sul presupposto che:

«la vicinanza temporale tra il dovuto ma mancato pagamento delle prestazioni a C., qualificato comportamento oggettivamente ingiusto e la sua reazione, concretizzatasi nei messaggi astiosi, convalidando la soluzione data dal primo Giudice circa la sussistenza della causa di non punibilità ex art 599 cpp per il reato di ingiuria».

Si ricorda peraltro che il reato di ingiuria è oggi stato depenalizzato a seguito dell’entrata in vigore, il 06/02/2016 u.s., del D.LGS. n. 7/2016.

Quanto alle minacce, la sentenza ne ha escluso l’effettiva carica intimidatrice, inserendole nel

«contesto dei rapporto estremamente conflittuale creatosi tra l’ex datore di lavoro e l’ex dipendente, in cui il secondo aveva voluto manifestare al primo con rabbia il suo sdegno, piuttosto che esprimere una concreta volontà di ritorsione violenta ai suoi danni».

Tali circostanze ne hanno, nel caso concreto, escluso le potenzialità minatorie.

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Scarica il testo della sentenza Cass. Pen., V, 15/11/2016, n. 48245

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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