Il principio di sinteticità e chiarezza degli atti di parte secondo il Tribunale di Milano

By | 04/06/2014

In un post dello scorso 4 dicembre 2013, ci eravamo occupati di un principio che si era definito come di sinteticità e chiarezza degli atti di parte e che, nato essenzialmente come auspicio, aveva nel tempo finito con il rivestire la dignità di principio giuridico, peraltro condivisibile.

Dall’autosufficienza in Cassazione all’eccezione di sovrabbondanza

I passaggi di questo percorso si erano articolati nel tempo, a partire dall’elaborazione di legittimità in tema di autosufficienza del ricorso per Cassazione, per svilupparsi, poi, attraverso un reticolato di pronunce giurisprudenziali (v. ad es., Cass. Civ., Sez. VI, 12 ottobre 2012, n. 17447, CNF 27/05/2013, n. 83, C.App. Bologna, Sez. III, 01/10/2013, n. 1776), documenti di indirizzo (come la lettera 17/06/2013 inviata dal Primo Presidente della Corte di Cassazione al Presidente del CNF, o la lettera inviata il 20/12/2010 dal Presidente del Consiglio di Stato al Presidente della Società Italiana Avvocati Amministrativisti), interventi normativi (v., ad es., art. 3 D.Lgs. 104/2010) e, da ultimo, anche decisioni di prima istanza, quali quella di Trib.Milano, Sez.IX, ord. 01/10/2013.

Quest’ultimo precedente, peraltro, si è distinto per aver analizzato la questione nell’ottica della responsabilità processuale della parte (ingiustificatamente) prolissa e, dunque, in definitiva, sul regolamento delle spese di lite, probabilmente autorizzando la possibilità di configurare l’esistenza di un'”eccezione di sovrabbondanza” processualmente rilevante.

Un nuovo intervento del Tribunale di Milano

  All’inizio dell’anno, la stessa sezione IX del Tribunale di Milano che ha emesso la decisione sopra ricordata è  tornata sull’argomento con un documento contenente una serie di inviti rivolti alla classe forense (e che risulta approvato anche dal C.d.O. di Milano), denominato «RACCOMANDAZIONI della Sezione Nona Civile, sulla redazione degli atti defensionali».

Tali raccomandazioni, precedute da un’articolata premessa, sono molto dettagliate e, oltre a raccomandare il rispetto di accordi protocollari già intercorsi con il C.d.O. di Milano (che si sono cercati in rete, purtroppo senza successo), si addentrano nello materia viva della redazione dei singoli atti.

Possiamo così apprendere, ad es.:

  • che, nella redazione dell’atto è caldeggiato l’utilizzo del «carattere Times New Roman, valore n. 12, interlinea 1,5»;
  • che gli «atti introduttivi del procedimento non dovrebbero superare le 50 pagine», le memorie integrative non superare «le 20 pagine» e le ulteriori memorie « le 15 pagine»;
  • che, da ultimo, in caso di superamento di tali limiti e di deposito telematico, all’avvocato è consigliato di «consegnare al giudice» una «copia cartacea di cortesia».

Un principio che dovrebbe valere per tutti

  Ora, pur con le precisazioni che si erano svolte nel precedente post dedicato all’argomento, l’intento che anima le raccomandazioni in questione appare sicuramente condivisibile: chiarezza e sinteticità di un atto difensivo sono, infatti, elementi che contribuiscono a renderne più agevole la lettura non solo da parte del giudice, ma anche dalle altre parti del giudizio.

Detto ciò, occorre però aggiungere che il principio in esame dovrebbe valere per tutti, giudicanti compresi, il cui argomentare, come noto, cresce in complessità proporzionalmente al progredire dei gradi, ma che spesso, tuttavia, difetta dell’armamentario di stilemi la cui adozione viene invece richiesta alle parti.

In particolare, si fa riferimento all’inserimento di indici premessi alla narrativa, alla preposizione di titoli ai singoli paragrafi, all’uso di numerazioni interne, alla redazione di momenti di sintesi delle singole ragioni, all’utilizzo di periodare breve, al contenimento in numero predefinito di pagine e, da ultimo,  all’uso del carattere Times New Roman 12.

Si dirà che il rilievo è ovvio giacché la sentenza è un atto complesso e, dunque, richiede un argomentare tanto più complesso, quanto più è articolato l’oggetto del giudizio.

Il che è vero, con la precisazione, tuttavia, che lo è anche per gli atti di parte, i quali (è bene non dimenticarlo, specie di questi tempi) condividono con le sentenze il carattere di elementi portanti di ogni singolo processo, mancando i quali esso inevitabilmente si disgrega, venendo meno alla sua funzione.

Dunque, se debbono e/o possono e/o è opportuno che siano sintetici e chiari gli atti di parte, allora debbono e/o possono e/o è opportuno che siano sintetici e stesso chiari anche gli atti del giudicante e, tra questi ultimi, in particolare, le sentenze, che, costituendo la linfa del “diritto vivente” dovrebbero prestarsi il meno possibile a fraintesi ed essere, per ciò stesso, massimamente sintetiche e chiare.

Vero ciò, la domanda conclusiva allora è: dove sono le “Raccomandazioni per la redazione degli atti decisionali” scritte dagli avvocati?

Se qualcuno le trova, è pregato di postarle.

Documenti & materiali

 Scarica la lettera del 17/06/2013 del Primo Presidente della Cassazione al Presidente del CNF
Scarica la lettera del 20/10/2010 del Presidente del Consiglio di Stato al Presidente della Società Italiana Avvocati Amministrativisti
Scarica l’ordinanza Trib.Milano, Sez. IX, 01/10/2013,
Scarica le «Raccomandazioni» del Tribunale di Milano

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Author: Avv. Luca Lucenti

Avvocato, nato a Pesaro il 20 ottobre 1961. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1991. Abilitato al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Responsabile di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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