Il Consiglio di Stato sulle specializzazioni: respinto il ricorso del Ministero della Giustizia L'elenco delle materie andrà rivisto

By | 30/11/2017

Il Consiglio di Stato, con la pronuncia in rassegna (Cons. Stato, Sez. IV, 28/11/2017, n. 5575), depositata l’altro ieri, interviene in materia di specializzazioni forensi, sostanzialmente confermando l’impianto di alcune sentenze del TAR Lazio (TAR Lazio, Sez. I, 14/04/2016, n. 4424, 4426, 4427, 4428), che, come si ricorderà, su ricorso di diverse associazioni forensi, avevano parzialmente annullato il D.M. 12/08/2015, n. 144, recante «disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialistadisposizioni per il conseguimento del titolo di avvocato specialista», emanato ex art. 9 della riformata legge professionale (L. 31/12/2012, n. 147).

Secondo il Consiglio di Stato, l’impianto delle sentenze impugnate, infatti, resta valido sotto diversi profili, cui ne viene aggiunto uno ulteriore, relativo al limite massimo di specializzazioni conseguibili da uno stesso avvocato, automamente scrutinato in termini di illegittimità dal Supremo Consesso amministrativo, in accoglimento di un profilo di appello incidentale proposto dagli originari ricorrenti di prime cure.

La suddivisione di settori di specializzazione è irragionevole

Come si ricorderà, il giudice di primo grado aveva ritenuto che la suddivisione dei settori di disciplina nei quali era possibile conseguire la specializzazione fosse  irragionevole ed arbitraria, non essendo possibile coglierne il criterio logico sottostante, giacché come ricorda la sentenza ora in commento , secondo il TAR

«la suddivisione adottata non corrisponderebbe a un criterio codicistico nè a quello delle competenze dei vari organi giurisdiuzionali nè all’elenco degli insegnamenti universitari».

Ebbene il Consiglio di Stato sposa pienamente tale logica, confermando il giudizio e ribadendo che la valutazione relativa all’impossibilità di determinare il «critero ordinatore dei settori di specializzazione», comporta di necessità un

«profondo ripensamento della disciplina introdotta con l’adozione di parametri che siano il frutto di una scelta di merito, ma che devono rispettare i criteri di effettività, congruità e ragionevolezza; né tale articolazione, se originariamente ritenuta incongrua, può essere corretta nella sede di modifica e aggiornamento riconosciuta al Ministro della giustizia dall’art. 4 del regolamento».

Illegittimità della previsione colloquio al CNF sulla comprovata esperienza

Sul punto, poi, del conseguimento del titolo in base alla comprovata esperienza, il TAR aveva sancito l’illegittimità dell’art. 6, 4° co., del Regolamento “specializzazioni” cit., nella parte in cui tale disposizione prevede che l’avvocato istante venga convocato a colloquio, a tali fini, dinanzi al CNF.

Secondo il giudice a quo, infatti, la norma appariva irragionevole, non dettando criteri di sorta in ordine al contenuto del colloquio,  alle modalità del suo svolgimento, alle competenze dei componenti della commissione etc.

Anche in questo caso il Consiglio di Stato conferma la prospettiva di primo grado, rilevando a propria volta, che

«il colloquio, come delineato dalla disposizione regolamentare impugnata, ha contorni vaghi e imprecisi, sicché non ne risulta sufficientemente tutelato né l‘interesse del professionista aspirante al titolo, né, per altro verso, l’interesse del consumatore-cliente, che nella speciale qualificazione attestata dal titolo deve poter riporre un ragionevole affidamento».

È illegittimo anche il numero massimo di specializzazioni

A tali pronunzie di conferma, la sentenza in commento affianca anche la declaratoria di un distinto profilo di illegittimità, in accoglimento parziale, come si accennava in princiio, dell’appello incidentale proposto dagli originari ricorrenti.

Si tratta della censura mossa alla previsione relativa al numero massimo di specializzazioni conseguibile da uno stesso avvocato (due, ex art. 3, 1° co., D.M. cit.), in ordine alla quale i Giudici di Palazzo Spada hanno precisato che essa

«è fondata non in sé, in quanto può essere opportuno frenare una “corsa alla specializzazione” che rischierebbe di svilire il valore della specializzazione stessa e di andare contro l’interesse del cliente-consumatore, ma alla luce della acclarata irragionevolezza della suddivisione relativa che individua ambiti contermini e settori affini, tanto da far apparire egualmente irragionevole la limitazione impugnata. E’ evidente che rivisitazione dell’elenco e individuazione di un limite ragionevole e congruo dovranno andare di pari passo».

Occorrerà ora vedere se i tempi della politica (quella forense compresa), consentiranno una rapida rivisitazione delle disposizioni regolamentari in questione, oppure se, per capire chi e come potrà fregiarsi del titolo “ufficiale” di specialista, occorrerà attendere i cieli, sicuramente più rasserenati di quelli che si vanno apprestando per l’incipiente campagna elettorale, della nuova legislatura.

Documenti & materiali

Scarica Cons. Stato, Sez. IV, 28/11/2017, n. 5575

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