«…il cumulo dei redditi è collegato alla situazione di convivenza. Pertanto se la stessa si protrae per un periodo limitato di tempo, ai fini della sua determinazione non può essere preso in considerazione l’intero reddito prodotto nell’anno dal familiare convivente, ma solo la frazione corrispondente al periodo di effettiva convivenza».
Lo ha stabilito la IV Sezione Penale della Cassazione pronunciatasi su un ricorso presentato da un soggetto a cui era stato revocato il beneficio del patrocinio a spese dello Stato (gratuito patrocinio) sul presupposto del superamento dei limiti di reddito stabilito dal D.P.R. 30/05/2002, n. 115.
Il ricorrente richiedeva, dunque, l’annullamento del provvedimento di revoca emesso dal Tribunale territorialmente competente, su segnalazione dell’Agenzie delle Entrate.
In particolare, il beneficiario, sottoposto agli arresti domiciliari, era stato ospitato dal padre per un certo periodo, entrando nel suo nucleo familiare, per poi trasferirsi dalla madre per il restante periodo di detenzione domiciliare.
Nel revocare il beneficio, l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto che il limite di reddito fosse stato superato, avendo determinato il reddito complessivo familiare per gli anni 2013-2014 quello risultante dalla sommatoria dei redditi propri e dei redditi del familiare convivente (padre).
Secondo la Cassazione, ai fini della determinazione del reddito familiare complessivo deve tenersi conto anche del reddito dei familiari conviventi, ma solo con riguardo alla frazione di reddito corrispondente ai periodi di effettiva convivenza.
Nel caso di specie, la somma di tali redditi era di gran lunga inferiore al limite di legge e consentiva il riconoscimento del gratuito patrocinio ed il Tribunale, nel disporre la revoca, non ha tenuto conto della limitazione temporale della convivenza del richiedente, prima presso il domicilio del padre e, successivamente, presso quello della madre.
Già in passato la Cassazione (Cassazione Penale, Sez. IV 24/04/ 2014 n. 29302), seppure con altre motivazioni, aveva inteso in senso meno rigido la formulazione della norma di cui all’art. 76, D.P.R. 30/05/2002, n. 115, escludendo dalla determinazione reddito complessivo dell’istante, il reddito di un convivente.
In quello specifico caso, la Cassazione aveva affermato che
«non è sufficiente la mera situazione di fisica convivenza, o di mera coabitazione, per includere tout court i redditi del soggetto coabitante o convivente nel coacervo reddituale del soggetto istante»,
ma occorre stabilire se al rapporto di convivenza si accompagni anche una concreta attività di contribuzione.
Documenti&Materiali
Scarica il testo della sentenza Cassazione Penale, Sezione IV, 21/09/2017, n. 43527