Ricorso per cassazione contro la pronuncia di inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis cpc Parlano le Sezioni Unite della Cassazione (S.U., 13/12/2016, n. 25513)


E’ noto come nel giudizio di appello, con il D.L. 22/06/2012, n. 83, conv. in L. 07/08/2012, n. 134, sia stato introdotto l’art. 348-bis C.P.C. secondo il quale:

«fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilita’ o l’improcedibilita’ dell’appello, l’impugnazione e’ dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilita’ di essere accolta».

Si tratta, per dirla con le parole usate dalla Cassazione, di «un giudizio prognostico condotto con tecnica delibativa» mediante il quale si perviene alla definizione reiettiva del gravame ai sensi del combinato disposto degli artt. 348-bis e 348-ter C.P.C.

Quello sopra enunciato è soltanto uno del doppio filtro in appello introdotto dalla ormai non più recente novella: l’altro filtro è, infatti, costituito dal vaglio previsto dall’art. 342 C.P.C. circa la sussistenza dei nuovi requisiti di forma dell’appello.

Sul punto, per un excursus più approfondito, si richiama l’articolo pubblicato su Altalex lo scorso 26/11/2013.

E’ altrettanto noto che, pronunciata la citata ordinanza di inammissibilità da parte della corte territoriale, ai sensi dell’art. 348-ter C.P.C., diviene ricorribile in cassazione la sentenza di primo grado e che i relativi termini impugnatori decorrono dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della medesima ordinanza di inammissibilità.

Testualmente l’art. 348-ter C.P.C. recita:

«quando e’ pronunciata l’inammissibilita’, contro il provvedimento di primo grado puo’ essere proposto, a norma dell’articolo 360, ricorso per cassazione. In tal caso il termine per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilita’. Si applica l’articolo 327, in quanto compatibile».

Questo impianto normativo ha determinato l’insorgere di numerose problemiatiche, anche interpretative, ingenerando divergenze giurisprudenziali.

In particolare, sulla decorrenza del termine per impugnare ed i relativi adempimenti si sono ora pronunciate le Sezioni Unite dettando i relativi principi di diritto che seguono.

Precisamente, con la sentenza 13/12/2016, n. 25513 le Sezioni Unite della Cassazione hanno statuito che:

«nell’ipotesi di ordinanza d’inammissibilità dell’appello emessa ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., per non avere l’impugnazione una ragionevole probabilità di essere accolta, il conseguente ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado nel termine di 60 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza stessa o dalla sua notificazione, se avvenuta prima, è soggetto, ai fini del requisito di procedibilità, ad un duplice onere: quello di deposito della copia autentica della sentenza di primo grado e quello di provare la data di comunicazione o di notifica dell’ordinanza d’inammissibilità».

Precisando che:

«tale secondo onere è assolto dal ricorrente mediante il deposito della copia autentica dell’ordinanza con la relativa comunicazione o notificazione; in difetto il ricorso è improcedibile ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 2, cpc».

Le Sezioni Unite, tuttavia, fanno espressa salvezza dell’ipotesi in cui il dato (estremi della comunicazione dell’ordinanza ex art. 348-bis e 348-ter C.P.C.) emerga dal fascicolo del controricorrente che dovesse contenere copia autentica dell’ordinanza d’inammissibilità notificata oppure dal fascicolo d’ufficio, la cui trasmissione deve essere richiesta dal ricorrente a norma dell’art. 369, 3° co., C.P.C. In questo secondo caso, infatti, la Corte ricorda che è ivi, di regola, presente l’originale dell’ordinazna di inammissibilità, nonchè gli estremi della sua comunicazione.

In entrambe le ridette ipotesi, infatti, sovviene il potere officioso della Corte di verificare la tempestività dell’impugnazione, non potendo in tal caso sanzionarsi usque ad extremus la condotta omissiva della parte ricorrente i cui effetti siano stati altrimenti risolti senza danno o ritardo per la procedura.

Poichè, comunque, in mancanza della ricorrenza di tali ipotesi salvifiche, la sanzione prevista è quindi l’improcedibilità del ricorso per cassazione, sarà opportuno fare attenzione agli adempimenti prescritti.

Documenti & materiali

Scarica la sentenza Corte Cass., S.U., 13/12/2016, n. 25513

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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