Specificità della contestazione disciplinare: insindacabile in Cassazione Nota a Cass. Civ. e, Sez. Lav., 15/09/2017, n. 21506


«Il giudizio sul requisito della specificità della contestazione disciplinare costituisce oggetto di un’indagine di fatto, incensurabile in sede di legittimità, salva la verifica di logicità e congruità delle ragioni esposte dal Giudice di merito».

E’ la massima della sentenza della Cassazione Civile, Sez. Lav., 15/09/2017, n. 21506, che ha respinto l ricorso presentato da un lavoratore avverso la sentenza della Corte territoriale che aveva, a sua volta, confermato la sentenza di primo grado nel rigettare la domanda di illegittimità del licenziamento per giusta causa intimatogli a causa delle contestate minacce ed ingiurie rivolte al datore di lavoro.

Con il centrale motivo di censura, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 Statuto dei lavoraotori, per avere la Corte d’appello ritenuto specifica la contestazione disciplinare, nonostante la stessa si fosse limitata ad un rilievo di natura meramente formale della condotta addebitata al dipendente e, comunque, inidonea a chiarire l’effettiva portata lesiva del vincolo fiduciario che deve necessariamente sussistere tra lavoratore e datore.

La Corte ha rilevato come la decisione di primo grado, nella parte in cui il giudice di prime cure ha escluso la genericità della contestazione disciplinare, non risulta avere formato oggetto di motivo di gravame, così come non risulta essere stata materia di discussione, nè in primo grado nè in grado di appello, la (concettualmente diversa) questione, pur sollevata entro lo stesso motivo di gravame, della relazione di identità che deve esistere tra i fatti posti a sostegno del licenziamento e quelli indicati nella lettera di addebito.

D’altra parte, secondo la Cassazione deve essere ribadito l’orientamento, secondo il quale

«l’accertamento relativo al requisito della specificità della contestazione costituisce oggetto di un’indagine di fatto, incensurabile in sede di legittimità, salva la verifica di logicità e congruità delle ragioni esposte dal giudice di merito (Cass. n. 7546/2006)»,

verifica, quest’ultima, peraltro non sollecitata dal ricorrente mediante la deduzione del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 C.P.C., avendo quest’ultimo formulato, nei confronti della sentenza impugnata, una censura di violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto con riferimento all’art. 7 Statuto dei lavoratori.

In tale indagine – prosegue la Corte di Cassazione – la Corte di merito si è attenuta al risalente e consolidato principio di diritto, per il quale

«il giudizio di proporzionalità tra fatto addebitato al lavoratore e licenziamento disciplinare non va effettuato in astratto, bensì con specifico riferimento a tutte le circostanze del caso concreto, all’entità della mancanza (considerata non solo da un punto di vista oggettivo, ma anche nella sua portata soggettiva e in relazione al contesto in cui essa è stata posta in essere), ai moventi, all’intensità dell’elemento intenzionale e al grado di quello colposo; tale giudizio, risolvendosi in un accertamento di fatto, è incensurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata e logica motivazione(cfr. Cass. n. 4881/1998 e successive numerose conformi)».

Di qui il rigetto del gravame.

Documenti&Materiali

Scarica il testo della sentenza Cass. Civ. e, Sez. Lav., 15/09/2017, n. 21506

Print Friendly, PDF & Email

Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.