Il figlio inabile ha diritto alla pensione di reversibilità del padre Cass. Civ., Sez. Lav., ordinanza 15/01/2019, n. 651


Con una recentissima ordinanza della Sezione Lavoro, 15/01/2019, n. 651, la Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine al diritto di una persona disabile ad ottenere la pensione di reversibilità del padre di cui sia rimasto orfano.

Tale diritto era stato negato sia in primo che in secondo grado, in quanto – a dire dei giudicanti – non era risultato sussistente il requisito dell’inabilità lavorativa assoluta al momento del decesso del padre.

Il punto centrale della vicenda riguarda, infatti, la valutazione in ordine alle capacità residue del figlio a svolgere o meno una occupazione lavorativa, occupazione a cui sia correlata una

«fonte di guadagno non meramente simbolica»

Il ricorrente, in sede di ricorso per Cassazione, con il motivo oggetto di accoglimento (il secondo), lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo e la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 2, della lL. 12/06/1984 n. 222 nonché dell’art. 4 del D.Lgs. 23/11/1988 n. 509 (in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.) avendo omesso, prima il consulente tecnico d’ufficio e, poi, la Corte territoriale l’accertamento del requisito della inabilità verificando, in caso di mancato raggiungimento di una riduzione del 100% dell’astratta possibilità di lavoro, la residua capacità lavorativa tenendo conto del tipo di infermità e delle generali attitudini del soggetto.

Nel ritenere fondato il secondo motivo di censura, la Corte ritiene sussistente la violazione di legge alla luce dei principi affermati da questa Corte secondo cui

«L’accertamento del requisito della “inabilità” (di cui all’art. 8 della legge 12 giugno 1984 n. 222) richiesto ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione di riversibilità ai figli superstiti del lavoratore o del pensionato, deve essere operato secondo un criterio concreto, ossia avendo riguardo al possibile impiego delle eventuali energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle generali attitudini del soggetto, in modo da verificare, anche nel caso del mancato raggiungimento di una riduzione del cento per cento della astratta capacità di lavoro, la permanenza di una capacità dello stesso di svolgere attività idonee nel quadro dell’art. 36 Cost. e tali da procurare una fonte di guadagno non simbolico (Cass. n. 26181, 19 dicembre 2016; Cass. n. 21425 del 17/10/2011; Cass. n. 12765 del 09/07/2004; Cass. n. 7058 del 23/05/2001).

Alla luce di tale orientamento, la Cassazione ha, dunque, cassato la sentenza con rinvio al giudice d’appello, affinchè, in virtù dei principi sopra enunciati, compia una verifica, in concreto, sulla permanenza o meno di una capacità del soggetto di svolgere un’attività tale da procurargli una fonte di guadagno che non fosse meramente simbolica.

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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