E’ illegittimo e ingiusto il licenziamento se le misure di sicurezza del luogo di lavoro non sono sufficienti In nota a Cass. Civ., Lavoro, 26/05/2017, n. 13373


La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 26/05/2017, n. 13373, ha ritenuto illegittimo il licenziamento per giusta causa inflitto al dipendente laddove

«deve escludersi che l’assegnazione di una password personale per l’accesso al sistema informatico aziendale costituisca un elemento da solo sufficiente a provare, seppure in via presuntiva, la riferibilità all’incolpato della condotta addebitata, laddove non risultano adottate misure di sicurezza sufficienti a escludere l’utilizzazione da parte di terzi dell’utenza del dipendente».

Il caso che ha interessato gli ermellini prende le mosse da un licenziamento per giusta causa di cui i giudici di primo e secondo grado ne avevano accertato l’illegittimità. Il datore di lavoro (una compagnia di assicurazione) ha indi ricorso per la cassazione della sentenza di secondo grado affidandosi a tre motivi di ricorso.

Con il primo e centrale motivo la società ricorrente ha sostenuto che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che l’unico elemento certo da cui desumere che le liquidazioni irregolari fossero da attribuire al dipendente licenziato fosse la personalità della password e che da tale elemento poteva presumersi semmai una responsabilità per una negligente custodia ma non anche la materiale esecuzione delle operazioni.

La Corte di appello ha esattamente preso in considerazione tutte le circostanze di fatto acquisite al giudizio e le ha valutate secondo una sua ricostruzione dei fatti che non trascura affatto le circostanze fattuali allegate nel motivo di ricorso ma le ricostruisce secondo un percorso logico differente.

A dire della Cassazione, il motivo di ricorso è infondato, dal momento che il giudice di appello aveva escluso la sicura riconducibilità delle condotte contestate al dipendente licenziato, avendo verificato l’esistenza di inadeguate misure di sicurezza del sistema operativo utilizzato dalla compagnia di assicurazione all’epoca dei fatti contestati (l’accertamento inoltre era stato effettuato a mezzo di un CTU, tecnico specializzato) e la riferibilità di un consistente numero di liquidazioni irregolari ad un diverso soggetto (la dipendente C.).

Questi elementi complessivamente valutati hanno incrinato il valore probatorio, seppur presuntivo, della utilizzazione della stessa password per più operazioni di liquidazione irregolare.

La Cassazione non ha ritenuto perciò ravvisabile, nella motivazione della sentenza censurata, alcuna carenza nè incongruenze nel percorso motivazionale. Al rigetto del ricorso principale, che ha assorbito quello incidentale dipendente, è seguita anche la condanna alle spese.

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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