Decreto lavoro convertito in legge: il contratto a termine


Il decreto lavoro (o Decreto Poletti) è oggi legge. L’esame del D.L. 34/2014 recante ‘Disposizioni in materia di lavoro a termine, apprendistato, servizi per il lavoro, verifica della regolarità contributiva e contratti di solidarietà‘, alla Camera e al Senato, ha portato alla sua approvazione con modifiche ed alla sua conseguente conversione in legge.

Nei due precedenti posts del 24/03/2014 e del 31/03/2014 rispettivamente intitolati ‘Jobs act: decreto lavoro pubblicato in gazzetta‘ e ‘Jobs act/2:ulteriori novità‘ avevamo analizzato le sostanziali novità inserite nel decreto lavoro e, più in generale, nel Jobs act.

Il decreto lavoro, infatti, costituisce il primo passo per l’attuazione del più ampio progetto di riforma denominato Piano lavoro o cd. Jobs act nel quale si inserisce e che prevede l’attribuzione di precise deleghe al Governo finalizzate ad intervenire sul mercato del lavoro per favorire il rilancio dell’occupazione, nonché ad intervenire sulla gestione degli ammortizzatori sociali, sul sistema delle tutele, sui servizi per il lavoro e sulle politiche attive.

Il contratto a termine

Nell’attesa di conoscere il testo definitivo pubblicato in Gazzetta all’esito dell’approvazione definitiva alla Camera del testo del decreto con modifiche, analizziamo in prima battuta le modifiche adottate in sede parlamentare al contratto di lavoro a tempo determinato cd. acausale.

Dove eravamo rimasti (dalla Riforma Fornero al testo originario del D.L. Lavoro)

Nel precedente articolo del 24/03/2014 vi avevamo illustrato il prima (dalla Legge Fornero al Decreto Giovannini-Letta) ed il dopo (nel testo originario del Decreto Lavoro) delle modifiche apportate all’impianto originario del contratto a termine di cui al d.lgs. 368/2001.

Per riassumere, in sintesi, i passaggi degli interventi normativi che si sono succeduti, si ricorderà che la Riforma Fornero, poi successivamente modificata dal Decreto Giovannini-Letta aveva già previsto alcune ipotesi di acausalità nei contratti a termine (anche di somministrazione), consentendone la stipula senza l’indicazione nel contratto delle «specifiche ragioni tecniche, organizzative, produttive e sostitutive» richieste dalla previgente normativa.

Tali ipotesi erano, tuttavia, limitate al ‘primo contratto’ instaurato tra il lavoratore ed il datore di lavoro e per una durata massima complessiva di 12 mesi (comprensiva di eventuali proroghe). Le limitazioni in questione potevano però essere superate dalla contrattazione collettiva ed alle parti sociali, a cui il legislatore conferiva il potere di prevedere ulteriori ipotesi di acausalità dei contratti a termine.

La Riforma Fornero fissava, inoltre, un periodo di interruzione di durata tra un contratto a temine ed il successivo (cd. stop and go) in 60 o 90 giorni (a seconda che il primo contratto avesse una durata fino o superiore a 6 mesi), intervallo che era stato ridotto a 10 o 20 giorni a seguito delle modifiche apportate dal Decreto Giovannini-Letta.

Erano, infine, esclusi dalla disciplina limitativa sopra vista, i lavoratori stagionali e quelli in mobilità a seguito di una procedura di licenziamento collettivo.

Il testo originario del Decreto Lavoro (D.L. 34/2014), in vigore dal 24/03 scorso, aveva eliminato l’obbligo di inserire la causale nel contratto a tempo determinato ed aveva inoltre previsto:

(i) l’innalzamento da 12 a 36 mesi (comprensivi delle proroghe) della durata del rapporto a tempo determinato;

(ii) il limite del 20% dell’organico complessivo per la stipula di rapporti di lavoro a termine costituiti da ciascun datore di lavoro, eccezion fatta per le imprese che occupino più di 5 dipendenti;

(iii) la possibilità di proroga fino ad un massimo di 8 volte entro il limite di durata massima di durata contrattuale del rapporto (36 mesi), purché si riferisse alla medesima attività lavorativa per la quale il contratto a tempo determinato è stato stipulato.

Il Decreto Lavoro faceva comunque salva l’autonomia contrattuale collettiva nazionale, a cui era affidata l’individuazione di altri e più ampi limiti quantitativi di utilizzo di tale tipologia contrattuale ed esentava, comunque, da limitazioni quantitative i contratti conclusi nella fase di avvio di nuove attività per periodi stabiliti dalla contrattazione e/o per ragioni di carattere sostitutivo o di stagionalità, per specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi e con lavoratori di età superiore ai 55 anni.

Le modifiche apportate alla Camera e al Senato in sede di conversione alla prima stesura del D.L. Lavoro

Dall’analisi delle modifiche e dalle dichiarazioni del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, emerge che l’impianto originario del decreto è stato mantenuto.

Con un comunicato stampa del 15/05/2014, infatti, il Ministro Poletti ha dichiarato che

[..] Il testo che esce dall’esame parlamentare, conferma, sostanzialmente, i contenuti fondamentali e l’obiettivo del decreto: dare una risposta urgente alla necessità di rilanciare l’occupazione, semplificando il ricorso all’apprendistato ed al contratto a tempo determinato […]

Prima di vedere nel dettaglio le modifiche apportate in sede di conversione, non va trascurato un dettaglio fondamentale, ovverosia la finalità dell’intervento normativo: dal documento contenente le modifiche apportate al Senato, infatti, si chiarisce che il decreto-legge

interviene sulla disciplina del contratto a termine nelle more dell’adozione di un testo unico semplificato della disciplina dei rapporti di lavoro con la previsione in via sperimentale del contratto a tempo indeterminato a protezione crescente e salva l’attuale articolazione delle tipologie di contratti di lavoro.

Ecco che emerge quello che sarà il secondo atto del Jobs act: l’introduzione in via sperimentale di un contratto cd. sine die a tutele crescenti – sul cui tema ci concentreremo nei prossimi articoli – che prevede una semplificazione ed una facilitazione dell’antico contratto a tempo indeterminato.

Per ora, analizziamo gli emendamenti approvati in fase di conversione in legge del Decreto Lavoro rispetto alla prima stesura del D.L. 34/2014 e noteremo che per quanto attiene al contratto di lavoro a tempo determinato:

(i) si scende da 8 (com’era previsto nell’originaria stesura del testo) ad un numero massimo di 5 proroghe consentite nell’arco della durata temporale del rapporto a termine cd. acausale ed utilizzabili indipendentemente dal numero dei rinnovi;

(ii) viene utilizzato un criterio più restrittivo per stabilire il tetto all’utilizzo del contratto a termine: anzichè il 20% dell’organico complessivo (com’era previsto nell’originaria stesura del testo) si passa al limite del 20% dei lavoratori a tempo indeterminato alle dipendenze del datore di lavoro al 1° gennaio dell’anno di assunzione;

(iii) in caso di violazione del limite di cui al precedente punto viene introdotta una sanzione pecuniaria amministrativa pari al 20% e al 50% della retribuzione per ciascun mese di durata del rapporto lavorativo se il numero dei dipendenti assunti in violazione del limite sia, rispettivamente, inferiore o superiore a uno. Tali introiti andranno ad alimentare il Fondo Sociale per l’occupazione e la formazione.

(iv) ferma restando le esclusioni (già previste nel testo originario del decreto), è stata introdotta un’ulteriore esclusione relativa al settore della ricerca scientifica, ove il contratto a termine potrà avere una durata pari al progetto di ricerca al quale si riferisce;

(v) si prevede una disciplina transitoria per le aziende che superano attualmente il tetto del 20%, le quali potranno adeguarsi entro il 2014, a meno che il contratto collettivo applicabile non fissi un limite percentuale o un termine più favorevoli;

(vi) viene ampliato e rafforzato il diritto di precedenza delle donne in congedo di maternità per le assunzioni da parte del datore di lavoro nei 12 mesi successivi ed in relazione alle medesime mansioni oggetto del contratto a termine. A tale riguardo, si prevede che ai fini del computo del limite minimo di 6 mesi di durata del rapporto a termine per il riconoscimento del diritto di precedenza si considera anche il periodo di astensione obbligatoria e che tale diritto di precedenza vale sia per i contratto a tempo indeterminato che per quelli a tempo determinato. Si precisa infine che il datore di lavoro ha l’obbligo di richiamare espressamente il diritto di precedenza nell’atto scritto con cui viene fissato il termine del contratto (in luogo della comunicazione scritta da consegnare al momento dell’assunzione, come previsto nel primo emendamento approvato alla Camera);

(vii) viene avviato il cd. monitoraggio degli effetti del decreto lavoro: si prevede, infatti, l’obbligo per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di trasmettere alle Camere, entro un anno dall’entrata in vigore delle legge di conversione del decreto lavoro, una relazione dettagliata.

I successivi articoli del nostro blog saranno dedicati alle restanti novità apportate in sede di conversione in legge del decreto lavoro inerenti il contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato, le ulteriori disposizioni in tema di apprendistato, DURC on line, contratti di solidarietà e parità di trattamento in territorio UE dei cittadini in cerca di occupazione.

Documenti & materiali 

Scarica il testo del d.lgs. 368/2001
Scarica il testo della Riforma Fornero
Scarica il testo del Decreto Giovannini-Letta
Scarica il testo del D.L. 34/2014
Leggi il documento pubblicato sul sito della Camera dei Deputati relativo alle modifiche al Senato
Leggi il documento pubblicato sul sito della Camere dei Deputati relativo alle modifiche alla Camera
Leggi il comunicato stampa del ministro Poletti

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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