Danno non patrimoniale: Cass. Civ. 1361/2014 aspettando le Sezioni Unite

By | 10/02/2014

In un post dello scorso 19/11/2013, si era esaminato lo stato dell’arte in tema di danno non patrimoniale dopo la svolta di cui alle sentenze seriali di San Martino 2008 (Cass. Civ., SS.UU., 11/11/2008 n. 26972/3/4/5).

Successivamente a tali arresti, infatti, sono intervenute diverse pronunce della terza Sezione della Corte (Cass. Civ., Sez. III, 20/11/2012, n. 20292, Cass. Civ., Sez. III, 19/02/2013, n. 4033, Cass. Civ., Sez. III, 03/10/2013, n. 22585, Cass. Civ., Sez. III, 11/10/2013, n. 23147) di segno dissonante rispetto all’approccio adottato dalle Sezioni Unite, pronunce che sfociano oggi nella recente sentenza Cass.Civ, Sez. IIII, 23/01/2014, n. 1361 qui in commento.

Una decisione ponderosa ed articolata, dedicata all’argomento del danno non patrimoniale (ed a quello, altrettanto rilevante, del danno terminale, che, tuttavia, non è oggetto del presente intervento), di cui, dopo aver ricordato alcuni snodi fondamentali che l’hanno preceduta, si sintetizzeranno i principali passaggi.

Come eravamo prima del 2008

E’ evidentemente impossibile in questa sede anche solo tentare di ripercorrere la storia del danno non patrimoniale.

In estrema sintesi, tuttavia, può dirsi che tale categoria, intorno all’anno 2006, sembrava aver trovato un minimo di equilibrio, dopo decenni di continui rivolgimenti. Con alcuni arresti del 2003 e del 2006 (Cass. Civ., Sez. III, 31/05/2003 nn. 8827 e 8828, C. Cost., 11/07/2003 n. 233, Cass. Civ. SS.UU. 24/03/2006 n. 6572), infatti, la giurisprudenza aveva delineato un sistema all’interno del quale il danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell’art. 2059 c.c. si ripartiva in tre sottocategorie: danno morale soggettivo, danno biologico (statico e dinamico/relazionale) e danno esistenziale.

Si prenda, per tutte, ad esempio, C. Cost., 11/07/2003, n. 233, secondo cui nell’alveo dell’art. 2059 c.c. va ricompreso

«ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona: e dunque sia il danno morale soggettivo, inteso come transeunte turbamento dello stato d’animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Cost.); sia infine il danno (spesso definito in dottrina ed in giurisprudenza come esistenziale) derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona».

Cosa è successo nel 2008

Senonché, nell’anno 2008 le Sezioni Unite della Suprema Corte ebbero a riconsiderare profondamente la materia con le sentenze seriali sopra citate (Cass. Civ., SS.UU., 11/11/2008 n. 26972/3/4/5).

In luogo della tripartizione categoriale sopra descritta, fu, infatti, affermata l’esistenza di una ed una sola categoria di danno non patrimoniale tout court, senza suddivisioni al suo interno tra voci diversamente ‘etichettate’, ma, ad avviso delle Sezioni Unite, identiche nella sostanza.

Ciò, nel dichiarato intento di pervenire al risarcimento di tutto il danno patito dalla vittima (principio del risarcimento integrale del danno, più volte ribadito dalle Sezioni Unite), ma del solo danno patito dalla vittima, senza le duplicazioni risarcitorie che, nella visione delle Sezioni Unite, sarebbero derivate dalla tripartizione categoriale precedentemente adottata.

Nel quadro delle decisioni seriali del 2008, tuttavia, restava (e resta) poco chiaro quale fosse il modo attraverso cui concretamente giungere alla liquidazione equilibrata ed integrale del danno non patrimoniale in assenza dei tradizionali criteri di riferimento propri del pregresso sistema “tripartito”.

Dopo il 2008: La terza Sezione riapre il fronte

Insomma, i problemi erano ben lontani dall’essere risolti. Ed infatti alle Sezioni Unite del 2008 seguì un lungo periodo di disorientamento, durante il quale la giurisprudenza oscillò tra posizioni che limitavano il ristoro del danno non patrimoniale al solo danno biologico strictu sensu inteso (v., ad es., Trib Palermo,12/03/2009Trib. Bari, Sez. III, 23/11/2010, n. 35143514) e posizioni che, invece, perseveravano nel liquidare anche le altre voci di tipo morale/esistenziale (v. ad es., Trib. Montepulciano, 20/02/2009_2009 e Trib. Bari, 27/03/2009, n. 29).

Il tutto, infine, ritornò dinanzi alla Corte di Cassazione, che, con diverse pronunce della sezione terza rese negli anni 2012 e 2013, si discostò non poco dall’insegnamento delle Sezioni Unite dell’11/11/2008 sopra esaminato.

Ed infatti, nell’anno 2012, la sezione sgombrò anzitutto

«Il campo da ogni possibile equivoco quanto alla autonomia del danno morale rispetto non soltanto a quello biologico (…), ma anche a quello “dinamico relazionale”» (Cass. Civ., Sez. III, 20/11/2012, n. 20292)

ed, indi, nel 2013, riaffermò apertamente che

«il danno biologico (cioè la lesione della salute), quello morale (cioè la sofferenza interiore) e quello dinamico-relazionale (altrimenti definibile esistenziale, e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane, risarcibile nel caso in cui l’illecito abbia violato diritti fondamentali della persona) costituiscono pregiudizi non patrimoniali ontologicamente diversi e tutti risarcibili» (Cass. Civ., Sez. III, 19/02/2013, n. 4033; nello stesso senso v. pure Cass. Civ., Sez. III, 11/10/2013, n. 23147).

 I giorni nostri: Cass. Civ., Sez. III, 23/01/2014, n. 1361

Siamo ai giorni nostri, allorquando la terza sezione della Corte, investita nuovamente della questione in esame, è intervenuta con la voluminosa sentenza Cass.Civ, Sez. IIII, 23/01/2014, n. 1361 ribadendo l’indirizzo appena riassunto, ancorché con una serie di chiaroscuri, inevitabili in un giudicato così ampio.

Il contenuto della decisione è, infatti, molto articolato e, per quanto specificatamente attiene l’argomento del danno non patrimoniale qui in esame, contiene alcuni passaggi alquanto significativi che sembra utile sintetizzare.

Il danno non patrimoniale è un categoria composita: danno morale/biologico/esistenziale

La sentenza 1361/2014 in commento ribadisce, anzitutto, esplicitamente l’esistenza, all’interno della figura del danno non patrimoniale, delle distinte voci del danno morale, biologico ed esistenziale:

«la categoria generale del danno non patrimoniale, che attiene alla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da valore di scambio, è di natura composita e (così come il danno patrimoniale si scandisce in danno emergente e lucro cessante) si articola in una pluralità di aspetti (o voci), con funzione meramente descrittiva, quali il danno morale, il danno biologico e il danno da perdita del rapporto parentale o cd. esistenziale».

Il danno morale è figura pienamente autonoma e possiede duplice valenza

Viene, inoltre, ridefinito il concetto di danno morale (la cui autonoma sussistenza appare, a questo punto, indiscutibile) inteso in un duplice senso, e cioè:

  • sia «a) come patema d’animo o sofferenza interiore o perturbamento psichico»;
  • sia «b) come lesione alla dignità o integrità morale, quale massima espressione della dignità umana».

Il danno non patrimoniale è per natura soggetto a liquidazione equitativa

Ancora, secondo la sentenza in commento, le particolari caratteristiche del danno non patrimoniale (tali che «il ristoro pecuniario non può mai corrispondere alla relativa esatta commisurazione») ne impongono la valutazione equitativa, con la precisazione che quest’ultima, tuttavia, attiene alla sola «quantificazione e non già all’individuazione del danno»: l’an della pretesa, dunque, dovrà sempre essere provato secondo le regole ordinarie.

La liquidazione del danno non patrimoniale deve essere effettiva, personalizzata ed adeguatamente motivata

Infine, la liquidazione del danno deve consentire la personalizzazione del ristoro ed il risarcimento integrale del danno.

Deve trattarsi, dunque, di una «liquidazione equa, e cioè congrua, adeguata e proporzionata» la quale:

  • «a) non deve essere puramente simbolica o irrisoria»;
  • «b) deve concernere tutti gli aspetti (o voci) di cui la generale ma composita categoria del danno non patrimoniale si compendia».

Spetterà al giudice motivare adeguatamente la liquidazione di tutte le voci di danno, specificando i rapporti tra esse al fine di consentire la verifica dell’effettiva personalizzazione/integralità del ristoro e l’assenza di duplicazioni risarcitorie.

Perché non rimettere di nuovo la questione alle Sezioni Unite?

La decisione in esame si distingue per ampiezza di argomentazioni e per la novità di alcuni argomenti utilizzati, ma, fondamentalmente riafferma la tradizionale tripartizione categoriale del danno non patrimoniale in danno morale, biologico ed esistenziale.

Il che, ad di là dei tentativi del detto giudicato di manifestare continuità tra tale indirizzo e quello fatto proprio dalle Sezioni Unite nel 2008, pone un problema di effettivo contrasto giurisprudenziale, quantomeno sul tema specifico.

Se è, infatti, vero che esistono innegabili assonanze tra la sentenza in commento e le decisioni seriali rese l’11/11/2008 dalle Sezioni Unite (ad esempio in tema di integralità e non duplicazione del risarcimento e/o di metodologia selettiva delle posizioni risarcibili), ciò non toglie che sul punto – cruciale – dell’esistenza di distinte figure/voci nell’ambito della categoria del danno non patrimoniale, le conclusioni tratte dalla terza sezione nel 2014 (e, come si è visto sopra, anche negli anni precedenti), sono molto diverse da quelle contenute nel giudicato delle Sezioni Unite 2008 e il tentativo di ridimensionare tale circostanza appare poco convincente.

Così, ad esempio, dove la sentenza 1361/2014 afferma che «deve escludersi che le Sezioni Unite del 2008 abbiano negato la configurabilità e la rilevanza a fini risarcitori (anche) del c.d. danno esistenziale», essa sembra non considerare che l’arresto del 2008 aveva addebitato alla figura del danno esistenziale la responsabilità di aver dato luogo «alle più fantasiose, ed a volte risibili, prospettazioni di pregiudizi», lapidariamente rilevando che «di danno esistenziale (…) non è più dato discorrere».

Insomma contrasto c’è.

E se proprio non si vuole parlare di contrasto, si parli almeno di persistente incertezza concettuale sul punto. Il che porta con sé problematiche operative certo di non secondaria importanza: dal modo di articolare – in modo unitario, piuttosto che tripartito – la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale; a quello di argomentare la relativa decisione; a quello, ancora, di proporre specifici motivi di gravame e via dicendo.

Tutti aspetti, questi ultimi, che, a seconda dell’ottica in cui si affronta la questione, possono trovare risposte non tanto difformi, ma diametralmente opposte tra loro e sfociare, così, in funzione dell’opzione accolta dal singolo giudice, in una pronuncia di rigetto, invece che in una di accoglimento o, sotto un diverso profilo, nella riforma di una sentenza, piuttosto che nella sua conferma in sede di impugnazione.

Ed è proprio un tale rilievo che, nella perdurante incertezza che tuttora affligge gli operatori del settore, rende improcrastinabile un nuovo intervento (che si confida semplice, stringato e risolutivo) delle Sezioni Unite in materia.

Documenti & materiali

Scarica Cass.Civ, Sez. IIII, 23/01/2014, n. 1361
Scarica Cass. Civ., SS.UU., 11/11/2008 n. 26972
Scarica Cass. Civ., Sez. III, 20/11/2012, n. 20292
Scarica Cass. Civ., Sez. III, 19/02/2013, n. 4033
Scarica Cass. Civ., Sez. III, 03/10/2013, n. 22585
Scarica Cass. Civ., Sez. III, 11/10/2013, n. 23147
Scarica C. Cost., 11/07/2003, n. 233

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Author: Avv. Luca Lucenti

Avvocato, nato a Pesaro il 20 ottobre 1961. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1991. Abilitato al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Responsabile di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

4 thoughts on “Danno non patrimoniale: Cass. Civ. 1361/2014 aspettando le Sezioni Unite

  1. Silvestro Calabrese

    Io appartengo a quella categoria che qualcuno definisce degli “esistenzialisti”, forse in ragione della mia estrazione professionale (sono uno psicoterapeuta). La mia lettura delle Sentenze di San Martino è stata sempre orientata nella direzione della non eliminazione del cd. danno esistenziale, in quanto mi è sembrato sempre evidente che ribadissero il fatto che lesioni di diritti di rango costituzionale fossero oggetto di tutela e di ristorno. Mi sono così orientato nelle mie consulenze tecniche, sia di ufficio che di parte. Forse la giurisprudenza dovrebbe pronunciarsi più chiaramente sulla prova del pregiudizio “esistenziale”. Comunque sia, per quello che ho capito leggendo il suo articolo, le SSUU non sono state investite nuovamente rispetto a questo argomento. Rimane per il momento un suo (ed anche mio) auspicio

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    1. admin JD

      Ha ragione. Cass 1361/2014 è intervenuta su due distinti temi: da un lato, la ricostruzione del danno non patrimoniale (sono esistenzialista anche io) e, dall’altro, la riconoscibilità del risarcimento del danno da perdita della vita (danno tanatologico). Nel marzo del 2014, la terza Sezione (5056/2014) è a sua volta intervenuta, rimettendo però alle Sezioni Unite – quantomeno espressamente – solo quest’ultima questione. Dunque, salvo colpi di scena, dovremo aspettare ancora…Grazie per il Suo intervento. Luca Lucenti

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      1. Silvestro Calabrese

        Luca, la fatidica pronuncia è arrivata, tempestiva direi. Sono d’accordo con le SSUU, almeno rispetto a quanto affermano sulla non identificazione del danno terminale jure hereditatis

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