Coniuge prodigo? Un’ipotesi di amministrazione di sostegno In nota a ordinanza Cass. Civ., Sez. I, 07/03/2018, 5492


La prodigalità è un comportamento abituale caratterizzato da larghezza nello spendere, nel regalare o nel rischiare eccessivamente rispetto alle proprie condizioni socioeconomiche ed al valore oggettivamente attribuibile al denaro.

Ai sensi dell’art. 415 c.c., indipendentemente da una sua derivazione da specifica malattia o comunque infermità, e, quindi, anche quando si traduca in atteggiamenti lucidi, espressione di libera scelta di vita, purchè sia ricollegabile a motivi futili, essa configura un’autonoma causa di inabilitazione.

Tuttavia, non è infrequente che in vece della misura dell’inabilitazione si ricorra alla diversa misura dell’amministrazione di sostegno. Ciò è quanto, infatti, avvenuto nel caso deciso dalla Corte di Cassazione con ordinanza Sez. I, 07/03/2018, n. 5492, che qui si segnala, secondo la quale

«costituisce un approdo giurisprudenziale consolidato in sede di legittimità, che si intende confermare, quello secondo il quale può adottarsi la misura di protezione dell’amministrazione di sostegno, nell’interesse del beneficiario (interesse reale e concreto, inerente la persona e/o il suo patrimonio), anche in presenza dei presupposti di interdizione o di inabilitazione e dunque anche quando ricorra una condizione di prodigalità, come nel caso in esame (Cass. n. 18171 del 26/07/2013, n. 20664 del 31/08/2017)» (ordinanza Cass. Civ., Sez. I, 07/03/2018, n. 5492).

L’impostazione non è nuova, anzi, per usare l’espressione della Corte, si tratta di un «approdo giurisprudenziale consolidato» tanto che, infatti, con una precedente pronuncia si era affermato che l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa; pertanto

«appartiene all’apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell’impedimento» (così Cass. civ., Sez. I, 26/07/2013, n. 18171).

Inoltre, sempre a proposito di prodigalità si è chiarito che:

«Posto che: a) l’inabilitazione per prodigalità può essere pronunciata solo allorché la dispersione del proprio patrimonio da parte dell’inabilitando sia ricollegabile a motivi futili, e b) il giudice al riguardo dispone di ampi poteri officiasi, sicché non è limitato dalle allegazioni e dalle difese delle parti, al punto che, in grado di appello, può estendere il suo accertamento anche a fatti non allegati o acquisiti nel giudizio di primo grado, è correttamente motivata, e non sindacabile in Cassazione, la pronuncia di merito che abbia escluso la ricorrenza della richiamata fattispecie, avendo accertato che l’inabilitando, a fronte del naufragio della sua famiglia e dell’allontanamento delle figlie, ha ridistribuito parte dei propri averi alle persone rimastegli vicine in una logica premiale e riconoscitiva» (così Cass. Civ., Sez. I, 13/01/2017, n. 786).

Documenti & materiali

Scarica l’ordinanza Cass. Civ., Sez. I, 07/03/2018, n. 5492

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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