Compensazione delle spese legali (art. 92/2 cpc): è incostituzionale, ma nel senso che …. In nota a sentenza Corte Costituzionale 19/04/2018, n. 77

By | 24/04/2018

In questi giorni, con la sentenza 19/04/2018 n. 77 la Corte Costituzionale ha dichiarato:

«l’illegittimità costituzionale dell’art. 92, secondo comma, del codice di procedura civile, nel testo modificato dall’art. 13, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile), convertito, con modificazioni, nella legge 10 novembre 2014, n. 162, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni».

In sostanza, dunque, la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il comma 2 dell’art. 92 cpc, ma l’effetto è quello di ampliare ulteriormente i casi in cui il giudice può procedere alla compensazione delle spese legali di giudizio.

Infatti, all’esito della suddetta pronuncia n. 77/2018, il giudice potrà disporre la compensazione delle spese legali, non solo nell’ipotesi di soccombenza reciproca, non solo nell’ipotesi di assoluta novità della questione o di mutamento della giurisprudenza, ma anche in tutte quelle ipotesi in cui «sussistano altre analoghe ed eccezionali ragioni». La Corte Costituzionale, dopo aver ricordato che la regolamentazione delle spese processuali nel giudizio civile risponde alla regola generale victus victori fissata dall’art. 91, primo comma, cod. proc. civ. nella parte in cui prevede che «il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa», per cui, la soccombenza si accompagna, di norma, alla condanna al pagamento delle spese di lite; e dopo aver considerato che l’alea del processo grava sulla parte soccombente perché è quella che ha dato causa alla lite non riconoscendo, o contrastando, il diritto della parte vittoriosa ovvero azionando una pretesa rivelatasi insussistente, ritiene

«giusto, secondo un principio di responsabilità, che chi è risultato essere nel torto si faccia carico, di norma, anche delle spese di lite, delle quali invece debba essere ristorata la parte vittoriosa. Questa Corte ha in proposito affermato che “il costo del processo deve essere sopportato da chi ha reso necessaria l’attività del giudice ed ha occasionato le spese del suo svolgimento” (sentenza n. 135 del 1987)».

E, dopo aver ricordato i vari interventi modificativi da parte del legislatore della norma in questione art. 92/2 cpc (da ultimo con l’art. 13 D.L. 12/09/2014, n. 132, conv. in L. 10/11/2014, n. 162) ha concluso che

«contrasta con il principio di ragionevolezza e con quello di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.) aver il legislatore del 2014 tenuto fuori dalle fattispecie nominate, che facoltizzano il giudice a compensare le spese di lite in caso di soccombenza totale, le analoghe ipotesi di sopravvenienze relative a questioni dirimenti e a quelle di assoluta incertezza, che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità di quelle tipiche espressamente previste dalla disposizione censurata. La rigidità di tale tassatività ridonda anche in violazione del canone del giusto processo (art. 111, primo comma, Cost.) e del diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24, primo comma, Cost.) perché la prospettiva della condanna al pagamento delle spese di lite anche in qualsiasi situazione del tutto imprevista ed imprevedibile per la parte che agisce o resiste in giudizio può costituire una remora ingiustificata a far valere i propri diritti».

Rimane fermo comunque l’obbligo, per il giudice, di motivare l’eventuale compensazione delle spese di lite, obbligo che discende dalla generale prescrizione dell’art. 111, sesto comma, Cost.

Non ci si può esimere dal commentare che, pur muovendo, la Corte Costituzionale, da ragioni circa l’effetto deprimente, circa la naturale alimentazione di «remora ingiustificata a far valere i propri diritti», discendente dall’attuale sistema per cui essa giunge alla pronuncia di incostituzionalità della norma stessa, tuttavia, l’ampliamento del perimetro della compensazione delle spese di lite, potrebbe generare, a propria volta, proprio quello stesso effetto.

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