L’iscrizione all’AIRE non è sufficiente per escludere la residenza fiscale in Italia CTR Piemonte n. 574 del 06/04/2017


L’iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) non è elemento probatorio tale da escludere la residenza fiscale in Italia. La cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e la conseguente iscrizione all’AIRE, infatti, non costituiscono un requisito sufficiente per determinare la residenza al di fuori del territorio dello Stato, allorché il soggetto abbia ancora nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come «sede principale degli affari ed interessi economici, non risultando determinante, a tal fine, il carattere soggettivo ed elettivo della scelta dell’interessato, ma dovendosi contemperare la volontà individuale con le esigenze di tutela dell’affidamento dei terzi, per cui il centro principale degli interessi del soggetto va individuato dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi».

Così è quanto ha recentemente statuito la Commissione Tributaria Regionale per il Piemonte con la sentenza n. 574 del 06/04/2017.

Il caso

L’Agenzia delle Entrate riprendeva a tassazione i redditi percepiti da un contribuente formalmente residente all’estero contestando, per l’appunto l’effettività della residenza estera da questi opposta. Il contribuente impugnava dunque l’avviso di accertamento conseguentemente notificatogli e la Commissione Tributaria Provinciale di Alessandria accoglieva il ricorso aderendo alle censure sollevate al suddetto avviso. Avverso tale sentenza propone, allora, appello l’Ufficio avanti la Commissione Tributaria Regionale per il Piemonte.

La decisione della CTR

Con la sentenza in questione la CTR piemontese ha accolto le censure rivolte dall’Agenzia delle Entrate verso la sentenza di primo grado in merito alla effettività della residenza estera.

Rammenta la CTR che ai fini dell’articolo 2, comma 2 del Tuir, «si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile»

Tuttavia, si legge in sentenza, «secondo il consolidato orientamento di prassi e giurisprudenza, l’iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) non è elemento probatorio tale da escludere la residenza fiscale in Italia, diversamente dai requisiti soggettivi costituiti dal domicilio o dalla residenza della persona fisica».

Da tale assunto, ne deriva, che

«la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e la conseguente iscrizione all’AIRE non costituiscono un requisito sufficiente per determinare la residenza al di fuori del territorio dello Stato, allorché il soggetto abbia ancora nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come “sede principale degli affari ed interessi economici, non risultando determinante, a tal fine, il carattere soggettivo ed elettivo della scelta dell’interessato, ma dovendosi contemperare la volontà individuale con le esigenze di tutela dell’affidamento dei terzi, per cui il centro principale degli interessi del soggetto va individuato dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi” (Cassazione Civile, Sentenza n. 5385/2012). A tal fine, ciò che conta non è la presenza continuativa in un luogo, quanto la volontà di rimanervi e ritornarvi appena possibile (Cassazione Civile, Sentenza n. 961/2015)».

In sostanza il giudice di secondo grado, richiamandosi ai precedenti in materia espressi tanto dalla Suprema Corte, quanto dalla giurisprudenza comunitaria, ha ritenuto che al fine di individuare la residenza fiscale di un individuo occorre superare il dato formale a dare piuttosto rilevanza al «luogo ove sono prioritamente localizzati gli interessi economici ed effettivi della persona».

Nella fattispecie sottoposta al suo sindacato la CTR ha accertato che il contribuente, pur formalmente residente in Belgio da più di vent’anni e coniugato con una cittadina belga, aveva mantenuto il centro dei suoi interessi economici in Italia. Come dimostrato dall’Agenzia, in riferimento all’anno di imposta contestato, lo stesso contribuente risultava essere il legale rappresentante e/o socio di 7 società italiane, essere intervenuto in nr. 7 atti notarili stipulati in Italia, aver partecipato a quattro riunioni assembleari etc. Indicatori, questi ultimi, del fatto che il soggetto interessato avesse inteso mantenere il centro dei propri affari in Italia. Di converso è mancata la prova, da  parte del contribuente, di quale fosse l’occupazione professionale da egli svolta all’estero, la quale occupazione, peraltro, risultava essere fonte di redditi irrisori.

Conclusioni

In virtù degli orientamenti ritenuti prevalenti in materia di residenza fiscale tanto in ambito nazionale quanto comunitario, la CTR ha accolto l’appello proposto dall’Ufficio con conseguente condanna del contribuente alle spese del grado.

Documenti & Materiali

Scarica CTR Piemonte, sent. n.574 del 06/04/2017

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Author: Avv. Claudia Gianotti

Avvocato, nata a Pesaro il 08 settembre 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2011. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione fiscale di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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