La busta paga fa piena prova se chiara e non contraddittoria Cass. Civ., Lav., 30/01/2017, n. 2239


«La busta paga ha valore di piena prova circa le indicazioni in essa contenute solo quando sia chiara e non contraddittoria; diversamente, ove in essa risulti la indicazione di altri fatti tendenti ad estinguere gli effetti dei credito del lavoratore riconosciuto nel documento (nella specie la indicazione di un controcredito del datore di lavoro per risarcimento del danno), essa è una fonte di prova soggetta alla libera valutazione del giudice, che dovrà estendersi al complesso dei fatti esposti nel documento» (Massima ufficiale di Cass. Civ. Lavoro, 30/01/2017, n. 2239).

Nella sentenza che si segnala, la Cassazione si è pronunciata sulla efficacia di piena prova di quanto contenuto nella busta paga (nel caso di specie, la busta paga conteneva anche l’indicazione di un controcredito del datore di lavoro a titolo di risarcimento del danno).

Il datore di lavoro aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo notificatogli da un ex dipendente contenente l’ingiunzione di pagamento di una somma a titolo di TFR non corrisposto.

La busta paga era stata posta a base dell’emissione del ridetto decreto quale prova delle relative competenze, ancorché risultasse pari a zero, in ragione del fatto che il TFR era stato completamente assorbito dalla somma vantata dal datore di lavoro in ragione dei danni pretesi a causa dell’attività di concorrenza svolta dal lavoratore, condotta che era sfociata nel licenziamento del dipendente per giusta causa.

I precedenti giudizi di primo e secondo grado si erano conclusi con il rigetto dell’opposizione promossa dal datore di lavoro, il quale da ultimo si era visto costretto ad adire la Corte di Cassazione.

Nella motivazione dell’annotata pronuncia, la Cassazione accoglie, tra le altre, la censura sollevata dal datore di lavoro ed, in particolare, per quanto qui di interesse, in relazione all’efficacia probatoria della busta paga, la stessa richiama il noto “principio di inscindibilità della confessione”.

Cioè a dire, se è riconosciuto valore di confessione stragiudiziale dell’importo indicato in busta paga a debito del datore di lavoro, di converso eguale valore deve essere attribuito anche all’importo ivi indicato quale controcredito del datore medesimo (risultando, infatti, la busta pari a zero), proprio perchè in base all’invocato principio non è consentito il frazionamento della prova del credito.

Da tali premesse consegue logicamente che l’attribuzione ai prospetti paga della natura di confessione stagiudiziale con conseguente riconoscimento di piena efficacia di prova legale ai sensi del combinato disposto degli artt. 2734 e 2735 C.C., – prosegue la Cassazione

«è circoscritta ai soli casi in cui la dichiarazione, quale riconoscimento puro e semplice della verità dei fatti sfavorevoli alla parte dichiarante, assume carattere di univocità ed incontrovertibilità, vincolante per il giudice»

e, che, dunque,

«la busta paga ha valore di piena prova circa le indicazioni in essa contenute solo quando sia chiara e non contraddittoria».

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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