Invio di corrispondenza alla controparte. Quali limiti per l’avvocato? Cass. Civ., Sez. Unite, 04/0/2018 n. 17534


Le Sezioni Unite della Cassazione (Cass. Civ., Sez. Unite, 04/0/2018 n. 17534) intervengono sul tema della possibilità o meno per il difensore della parte di inviare corrispondenza direttamente alla controparte.

L’antefatto

Il Coa di Monza sanzionava con l’ammonimento un avvocato ritenendolo responsabile della violazione degli artt. 6 e 27 del Codice deontologico forense applicabile ratione temporis per avere inviato una raccomandata, contenente alcune contestazioni ad un conteggio asseritamente non corrispondente al tariffario forense effettuato dal collega della controparte insieme con l’assegno circolare intestato alla stessa controparte ad estinzione del debito dei propri clienti, non solo direttamente all’avvocato della controparte ma anche “per conoscenza” a quest’ultima.

Il Cnf, poi, nel decidere l’impugnazione proposta dall’avvocato, la respingeva, precisando che:

«a) va ribadito il consolidato principio secondo cui il divieto di inviare direttamente corrispondenza alla controparte assistita da un collega trova fondamento nella tutela della riservatezza del mittente e della credibilità del destinatario (si cita: CNF, 11 marzo 2015, n. 19);

b) non ricorre, nella specie, alcuna delle eccezioni a tale regola tassativamente indicate dal canone I dell’art. 27 cit. ed ora previste dall’art. 41, comma 3, del Codice deontologico forense vigente, in quanto tali eccezioni riguardano comunicazioni dirette a richiedere alla controparte determinati comportamenti sostanziali tra i quali non è certamente compresa la trasmissione dell’assegno circolare allegato alla missiva di cui si tratta (vedi CNF decisione n. 122 del 2007);

c) quanto all’elemento soggettivo, per consolidata giurisprudenza del CNF, per l’integrazione degli illeciti disciplinari non si richiede la consapevolezza dell’illegittimità della condotta (dolo o colpa) ma si ritiene sufficiente la c.d. suitas, ossia la volontà consapevole dell’atto che si compie;

d) deve pertanto ritenersi sussistente la responsabilità disciplinare dell’incolpato, precisandosi che l’art. 6 del previgente Codice deontologico è stato trasfuso nell’art. 9 del nuovo Codice deontologico, la cui applicazione comporta la sanzione dell’avvertimento, come stabilito dal COA di Monza».

La pronuncia a Sezioni Unite

Infine, con ricorso per cassazione incentrato su un unico motivo, l’avvocato censurava la decisione de qua, rilevando che la missiva in oggetto non veniva inviata direttamente alla controparte, ma direttamente al legale della controparte e solo “per conoscenza” a quest’ultima,

«sicchè il comportamento posto in essere non rientra tra quelli sanzionati dall’art. 27 cit., in quanto oltre a perseguire “fini di giustizia” (come recita il preambolo del previgente Codice deontologico) è stato principalmente diretto a tutelare i propri clienti e indirettamente la controparte medesima».

Nell’accogliere il ricorso, le Sezioni Unite precisano che

«L’elencazione delle eccezioni al divieto di inviare direttamente corrispondenza alla controparte non deve considerarsi tassativa ma meramente, esemplificativa potendo rientrarvi anche altre ipotesi, purché si tratti di fattispecie nelle quali il collega della controparte sia stato informato o la corrispondenza sia stata inviata anche a lui e non siano rilevabili elementi che denotano mancanza di lealtà e correttezza nell’operato del mittente o nel contenuto della corrispondenza; pertanto, nelle suddette condizioni, può rientrarvi anche l’invio di una lettera alla controparte nella quale -senza richiedersi alla stessa il compimento di determinati comportamenti – vengono fornite informazioni di fatti significativi nell’ambito dei rapporti intercorsi tra le parti, come l’avvenuto pagamento del debito da parte dei propri clienti; infatti, una simile corrispondenza ha un contenuto di natura sostanziale e risulta diretta ad evitare l’inizio di procedure esecutive od altre iniziative nei confronti dei propri clienti e -quindi – ha una finalità di prevenzione non dissimile da quella di molte delle eccezioni elencate in modo non tassativo dall’art. 27, per cui può essere configurata come funzionale a sollecitare una condotta collaborativa della controparte consistente nella chiusura dei rapporti tra le parti; in assenza di elementi che denotano mancanza di lealtà o correttezza dell’operato del mittente o nel contenuto della corrispondenza, non può farsi applicazione della norma di chiusura di cui all’art. 9 del codice deontologico vigente, facendo riferimento al «movente», della decisione dell’avvocato di inviare la corrispondenza anche alla controparte, se essa è emersa solo per effetto di dichiarazione effettuata dall’incolpato nel corso del procedimento disciplinare, perché tali dichiarazioni sono da considerarsi manifestazioni del diritto di difesa e, quindi, per effetto di una corretta applicazione dell’art. 21 del codice deontologico, non possono farsi rientrare nel «comportamento complessivo dell’incolpato».

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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