Demansionamento: verifica della modifica quantitativa e qualitativa. La parola alla Cassazione Nota a Cass. Civ., Sez. Lav., ordinanza 09/09/2019, n. 22488


Nella pronuncia che vi abbiamo segnalato il 10/10/2019 (Cass. Civ., Sez. Lav., ordinanza 09/09/2019, n. 22488,  la Cassazione ribadisce alcuni principi fondamentali in tema di demansionamento relativamente alla verifica della modifica quantitativa e/o qualitativa delle mansioni al fine della sussistenza o meno della dequalificazione professionale, nonché alla relativa prova.

Analizzando proprio tale secondo profilo, gli ermellini chiariscono che non ogni modifica quantitativa delle mansioni si traduce automaticamente in una dequalificazione professionale.

Invero, nella fattispecie la Corte territoriale aveva escluso la sussistenza del demansionamento di un caposquadra divenuto semplice operaio – privato dei compiti di coordinamento propri di tali ruoli – essendo emerso che da ciò non era conseguito uno svuotamento qualitativo delle mansioni attribuitegli, tenuto conto anche delle circostanze del caso, ivi incluse le intervenute modifiche organizzative rispetto a tale ruolo (affidato ad una selezione interna del personale con mansioni accorpate).

In altre parole, dall’istruttoria si era accertato che il venir meno dei compiti di coordinamento non aveva precluso un adeguato sfruttamento del bagaglio professionale del lavoratore ricorrente e si era verificato, altresì, che i compiti di coordinamento non erano preminenti e caratterizzanti rispetto alle altre attività tipiche del profilo di inquadramento.

Con ciò la Corte territoriale aveva rigettato ogni domanda risarcitoria del ricorrente, il quale si era infine rivolto alla Corte di Cassazione.

Il centrale motivo di ricorso, su cui è imperniata la motivazione della sentenza qui in commento, riguarda la denunziata violazione degli artt. 2103 e 2697 cod.civ. e dell’art. 132 n. 4 C.P.C. in relazione all’art. 360, 1° co., nn. 3,4 e 5 C.P.C. mettendo in luce che la demínutio qualitativa, piuttosto che quantitativa, era idonea ad integrare il demansionamento allegato e che il ragionamento della Corte di merito era illogico in quanto nessun rilievo poteva essere attribuito alla circostanza che il lavoratore aveva aderito alla selezione indetta.

La Cassazione motiva l’infondatezza del gravame chiarendo che

«deve essere ribadito che nel caso in cui venga denunziata la violazione dell’art. 2103 cod. civ. allegando di aver sofferto una dequalificazione professionale, il giudice deve stabilire se le mansioni dallo stesso svolte finiscano per impedire la piena utilizzazione e l’ulteriore arricchimento della professionalità acquisita nella fase pregressa del rapporto, tenendo conto che non ogni modifica quantitativa delle mansioni, con riduzione delle stesse, si traduce automaticamente in una dequalificazione professionale, che invece implica una sottrazione di mansioni tale – per la sua natura e portata, per la sua incidenza sui poteri del lavoratore e sulla sua collocazione nell’ambito aziendale – da comportare un abbassamento del globale livello delle prestazioni del lavoratore con sottilizzazione delle capacità dallo stesso acquisite ed un conseguenziale impoverimento della sua professionalità (cfr. Cass. 04/08/2000 n. 10284, 29/10/2004 n. 20989 27/02/2008 n. 5112)» .

e conclude per il rigetto del ricorso per cassazione, essendosi la Corte d’appello attenuta a tali principi, non essendo emersa in concreto

«una differenza “qualitativa” ma solo “quantitativa” delle mansioni in precedenza svolte, ponendo l’accento sulla assoluta marginalità dell’attività di coordinamento, del tutto eventuale e riferita ad una struttura estremamente semplice a cui apparteneva un solo operaio che non era comunque a lui gerarchicamente sottordinato» .

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Author: Avv. Francesca Serretti Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 24 febbraio 1982. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 2010. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione lavoro di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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