Sezioni Unite (penale): finalmente si fa chiarezza sulla remissione tacita della querela davanti al GdP (e non solo) In nota a sentenza Cass. Pen., S.U., 21/07/2016, n. 31668


Quello della remissione tacita della querela è un tema dibattuto da tempo e, finalmente, con la sentenza 21/07/2016, n. 31668, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione intervengono per risolvere il conflitto giurisprudenziale esistente, esprimendo il seguente principio di diritto:

«integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale del querelante previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l’eventuale sua assenza sara’ interpretata come fatto incompatibile con la volonta’ di persistere nella querela».

Ma la particolarità e l’importanza di questa pronuncia è che essa non si riferisce solo ai procedimenti davanti al Giudice di Pace ma anche agli altri che si celebrano avanti gli altri giudici, cioè tutti.

Procedimento penale avanti il Giudice di Pace

Come noto, il procedimento davanti al giudice di pace (D.LGS 28/08/2000, n. 274) puo’ essere instaurato con citazione a giudizio emessa dal pubblico ministero (art. 20) ovvero, per i soli reati perseguibili a querela, con ricorso immediato al giudice della persona offesa (art. 21).

In quest’ultimo caso (ricorso immediato), e solo in questo, l’art. 30 D.LGS 274/2000 prevede espressamente che la mancata comparizione della persona offesa ricorrente, non dipendente da caso fortuito o forza maggiore, determini la improcedibilita’ del ricorso (mentre, per la eventualita’ che vi siano altre persone offese oltre il ricorrente, e’ previsto che la mancata comparizione di esse equivale a rinuncia al diritto di querela o alla remissione della querela, se gia’ presentata) (art. 29, comma 3).

Ciò premesso, dunque, ne consegue, che nel procedimento davanti al giudice di pace, l’effetto di improcedibilita’ dell’azione penale, collegato dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 30, comma 1, alla mancata comparizione del querelante che abbia regolarmente ricevuto il decreto di convocazione in udienza, si produce, per chiara indicazione normativa, solo nel caso in cui si proceda a seguito di ricorso immediato della persona offesa ex art. 21;

Al contrario, nell’ipotesi di processo instaurato con citazione a giudizio emessa dal p.m., ex art. 20, nulla di simile e’ previsto dalla legge, e dalla mancata comparizione della persona offesa, pur se informata del significato che a tale assenza il giudice potrebbe conferire, non puo’ desumersi la tacita volonta’ del querelante di rimettere la querela, trattandosi di un comportamento compatibile con la determinazione di insistere nella originaria istanza punitiva.

Inoltre, il comportamento omissivo del querelante configurerebbe una sorta di remissione tacita processuale, non contemplata dalla legge, posto che l’art. 152 CP, comma 2, prevede la forma tacita soltanto per la remissione extraprocessuale  da individuare in comportamenti del querelante incompatibili con la volonta’ di persistere nella querela.

Ebbene, con la sentenza che qui si segnala, la Suprema Corte supera ogni obiezione affermando che i comportamenti incompatibili con la volontà di persistere nella querela non sono codificati dal codice e, quindi, essi ben possono essere individuati dal giudice.

Precisamente la Suprema Corte afferma che:

«va d’altro canto considerato che la remissione della querela presuppone che un procedimento penale sia gia’ avviato, sicche’ le condotte indicative di una volonta’ di rimettere la querela devono necessariamente essere veicolate verso l’autorita’ giudiziaria, e da questa apprezzate, non importa in quale stato e grado del procedimento.

Manifestazioni formali di una volonta’ di rimettere la querela o fatti “incompatibili con la volonta’ di persistere nella querela” possono dunque pervenire nelle forme piu’ varie all’autorita’ giudiziaria procedente che, al di fuori dei casi di remissione formalmente processuale, potra’ valutare se la condotta o l’atto ricollegabile al querelante possa valere come remissione extraprocessuale espressa o tacita».

E prosegue riassumendo che:

«la remissione processuale va identificata in una formale espressione della volonta’ della parte querelante che interviene nel processo, direttamente o a mezzo di procuratore speciale, ricevuta dall’autorita’ giudiziaria che procede. In ogni altro caso la condotta significativa di una volonta’ di rimettere la querela va valutata come extraprocessuale, dovendosi distinguere il luogo della manifestazione della volonta’-comportamento dal luogo di apprezzamento della efficacia dello stesso, essendo quest’ultimo invariabilmente “processuale”».

Ciò chiarito le Sezioni Unite così concludono:

«deve dunque ritenersi che la condotta considerata nel presente processo, costituita dal non essere il querelante comparso in udienza a seguito dell’avvertimento che cio’ sarebbe stato considerato volonta’ implicita di rimessione della querela, puo’ bene essere inquadrata nel concetto di fatto di natura extraprocessuale incompatibile con la volonta’ di persistere nella querela, a norma dell’art. 152 c.p., comma 2, terzo periodo».

Insomma la Suprema Corte ritiene che non contrasti con il tenore formale della disciplina e che anzi sia in linea con la sua complessiva ratio la conclusione secondo cui nell’ambito del procedimento davanti al giudice di pace per reati perseguibili a querela, e anche nel caso di procedimento instaurato su citazione del p.m., stante il dovere del giudice di promuovere la conciliazione tra le parti, dalla mancata comparizione della persona offesa che sia stata previamente e specificamente avvertita delle relative conseguenze, possa derivare l’effetto di una tacita volonta’ di remissione di querela.

Ciò, però, deve essere chiaramente inteso nel senso che nel caso in cui il procedimento sia stato instaurato dal P.M. (ex art. 20 D.LGS 274/2000), affinchè la mancata comparizione della persona offesa all’udienza di comparizione possa essere interpretata come tacita volonta’ di remissione della querela, occorre il previo e specifico avvertimento del giudice in tal senso.

Procedimento penale avanti gli altri giudici

Come si diceva nella premessa, l’importanza della pronuncia delle S.U. che qui si segnala, non è solo il fatto che sia risolutiva di un contrasto giurisprudenziale esistente in punto di remissione tacita di querela nei procedimenti avanti il GdP, per mancata comparizione della persona offesa in udienza, ma il fatto che tale remissione tacita venga interpretativamente estesa anche agli altri procedimenti, ossia a quelli che si celebrano avanti il Tribunale (in forma monocratica o collegiale). Purchè, naturalmente, si tratti sempre di reati perseguibili a querela.

Precisamente, infatti, le S.U. affermano che:

«la mancata comparizione della persona offesa in caso di reati perseguibili a querela deve pero’ ricevere una disciplina che va al di la’ dei procedimenti davanti al giudice di pace.

Gia’ l’art. 555 c.p.p., comma 3, con riferimento ai reati a citazione diretta, prevede che nella udienza di comparizione il giudice, “quando il reato e’ perseguibile a querela, verifica se il querelante e’ disposto a rimettere la querela e il querelato ad accettare la remissione”.

Da ultimo, con l’introduzione dell’art. 90 bis c.p.p., ad opera del d.lgs. 15 dicembre 2015, n. 212 (attuativo della direttiva 2012/29/UE in tema di norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato), il legislatore, nel quadro della valorizzazione delle esigenze informative della persona offesa, ha previsto al comma 1, lett. n), che ad essa, sin dal primo contatto con l’autorita’ procedente, sia data informazione in merito “alla possibilita’ che il procedimento sia definito con remissione di querela di cui all’art. 152 c.p., ove possibile, o attraverso la mediazione”.

In tale contesto normativo, teso a rafforzare le esigenze informative delle vittime dei reati, alle quali vanno peraltro specularmente assegnati altrettanti oneri di partecipazione al processo, va certamente considerata come legittima ed anzi auspicabile – una prassi alla stregua della quale il giudice, nel disporre la citazione delle parti, abbia cura di inserire un avvertimento alla persona offesa e al querelato circa la valutazione in termini di remissione della querela della mancata comparizione del querelante e di mancanza di ricusa della remissione della mancata comparizione del querelato».

Conclusioni

Alla luce del nuovo orientamento delle Sezioni Unite sopra riassunto, d’ora in poi, la persona offesa-querelante, dovrà fare molta attenzione alla citazione a comparire in udienza, perchè, se essa conterrà l’avvertimento di cui sopra si è detto, e questa non comparirà in udienza, si vedrà dichiarare tacitamente rimessa la propria querela.

Documenti & materiali

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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