Giudizio di separazione o divorzio: gli effetti della morte del coniuge obbligato In nota a sent. Cass. Civ., Sez. I, 20/02/2018, n. 4092


Cosa accade se nel corso di un giudizio di separazione o di divorzio il coniuge obbligato al mantenimento, muore?

In applicazione dei principi generali, sotto un profilo puramente processuale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 300 cpc, se ne dovrebbe concludere per l’interruzione del giudizio con la conseguente possibilità della sua riassunzione o prosecuzione.

Ma in questi casi, invece, la questione non è proprio così semplice come potrebbe sembrare. Infatti, è stata necessaria la decisione della Suprema Corte (sent. 20/02/2018, n. 4092) che qui si segnala, per risolvere un contrasto giurisprudenziale esistente sul punto.

Il caso da cui muove la pronuncia è quello di un divorzio in cui si discute dell’assegno divorzile riconosciuto in primo grado alla ex coniuge, € 75.000,00 annui (e negato ai figli ritenuti ormai autosufficienti). La decisione di primo grado viene gravata al contempo da quest’ultima, che chiede una somma maggiore, e in via incidentale anche dal coniuge obbligato, che invece ne chiede la riduzione.

Di seguito, proprio nel corso del giudizio di cassazione con cui si impugna la decisione della Corte d’appello che rigetta sia l’appello principale che quello incidentale,  sopravviene il decesso del coniuge obbligato.

Questa ultima circostanza ha comportato per la Suprema Corte l’esame della questione controversa, oggetto di contrasto nella giurisprudenza, e che riguarda le sorti del giudizio di separazione o divorzio quando intervenga, nel corso del loro svolgimento, la morte di una parte e se, dunque, un evento simile determini la cessazione della materia del contendere.

La Corte stessa, infatti, dà atto dell’esistenza di

«una prima linea giurisprudenziale (Cass. Civ. 1 sez. civ. n. 17041 del 3 agosto 2007; n. 9238 del 23 ottobre 1996), che pure riconosce come il diritto al mantenimento abbia una natura patrimoniale speciale poichè, come previsto dall’art. 447 c.c., è indisponibile e incedibile e ha un carattere strettamente personale, ritiene, tuttavia, che la morte del soggetto obbligato, avvenuta nelle more del giudizio, non determina la cessazione della materia del contendere, permanendo l’interesse della parte richiedente l’assegno al credito avente ad oggetto le rate scadute anteriormente alla data del decesso, credito che risulterebbe trasmissibile nei confronti degli eredi».

Pertanto il requisito della intrasmissibilità dell’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile non troverebbe applicazione, una volta proposta la domanda giudiziale, per il periodo successivo all’inizio del procedimento e fino alla data del decesso dell’ex coniuge obbligato, periodo nel quale permarrebbe l’interesse della parte richiedente l’assegno alla definitiva regolamentazione del suo diritto.

Oltre a detto orientamento, però, la Corte dà conto anche della formazione di un più recente indirizzo giurisprudenziale di segno opposto. E precisamente:

«secondo tale indirizzo va rilevato che l’art. 149 c.c. prevede che il matrimonio si scioglie in conseguenza della morte di uno dei coniugi e che tale evento non solo deve considerarsi preclusivo della dichiarazione di separazione e di divorzio ma ha anche l’effetto di travolgere ogni pronuncia accessoria alla separazione e al divorzio emessa in precedenza e non ancora passata in giudicato (Cass. Civ. 1 sez. n. 18130 del 26 luglio 2013, n. 9689 del 27 aprile 2006; n. 27556 del 20 novembre 2008; cfr. anche Cass. civ. sez. 1 n. 661 del 29 gennaio 1980; n. 1757 del 18 marzo 1982, n. 740 del 3 febbraio 1990, n. 2944 del 4 aprile 1997)».

Il punto è che l’art. 4, comma 12, della L. 01/12/1970, n. 898 prevede che, nel caso in cui il tribunale emetta sentenza non definitiva relativa alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, il giudizio possa continuare per la decisione relativa all’an e al quantum dell’assegno.

Nel caso di specie, il Tribunale si era già pronunciato sullo status dichiarando lo scioglimento del matrimonio e tale pronuncia era ormai passata in giudicato. Pertanto, la questione controversa che si poneva era quella con specifico riferimento alla possibilità di applicare, per estensione, al giudizio relativo alla determinazione dell’assegno lo stesso principio riferibile al giudizio di separazione e divorzio in tema di dichiarazione sullo status e dunque dichiarare cessata la materia del contendere sulle domande accessorie al divorzio nonostante la sentenza dichiarativa del divorzio fosse passata in giudicato prima della morte del coniuge nei cui confronti era stato richiesto l’assegno.

E con la sentenza 4092/2018 che qui si segnala, la Corte così considera:

«il Collegio, pur valutando le ragioni sottese al primo indirizzo giurisprudenziale menzionato, ritiene di aderire all’indirizzo contrario e prevalente, cui intende dare continuità, perchè esso appare più coerente al presupposto indiscusso secondo cui la morte del coniuge, in pendenza di giudizio di separazione o divorzio, anche nella fase di legittimità davanti a questa Corte, fa cessare il rapporto coniugale e la stessa materia del contendere sia sul giudizio relativo allo status che su quello relativo alle domande accessorie».

E sul punto la Corte argomenta che:

«se è vero che la pronuncia del divorzio, con sentenza non definitiva, non è più tangibile, per effetto del suo passaggio in giudicato, la pendenza del giudizio sulle domande accessorie al momento della morte non può costituire una causa di scissione del carattere unitario proprio del giudizio di divorzio. […]  Tali ragioni se non possono costituire il presupposto per una dilazione ingiustificata sulla pronuncia relativa allo status non possono altresì costituire una fonte di deroga al principio per cui l’obbligo di contribuire al mantenimento dell’ex coniuge è personalissimo e non trasmissibile proprio perchè si tratta di una posizione debitoria inscindibilmente legata a uno status personale e che conserva questa connotazione personalissima perchè può essere accertata solo in relazione all’esistenza della persona cui lo status personale si riferisce».

Ciò comporta, secondo la Corte, che, per un verso, deve ritenersi improseguibile, nei confronti degli eredi del coniuge, l’azione intrapresa per il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile, e, per altro verso, comporta che gli eredi del coniuge obbligato non possono subentrare nella sua posizione processuale al fine di far accertare la insussistenza del suo obbligo di contribuire al mantenimento e di ottenere la restituzione delle somme versate sulla base di provvedimenti interinali o non definitivi.

Documenti & materiali

Scarica la sentenza Cass. Civ., Sez. I, 20/02/2018, n. 4092

Print Friendly, PDF & Email

Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.