Revocatoria di fondo patrimoniale e trust familiare: un’interessante pronuncia di legittimità Cass. Civ., Sez. III, 03/08/2017, n. 19376


La Suprema Corte con l’interessante pronuncia in rassegna (Cass. Civ., Sez. III, 03/08/2017, n. 19376), fa il punto sul rapporto tra azione revocatoria ordinaria, fondo patrimoniale e trust di natura familiare e, in particolare, sulla legittimazione processuale passiva rispetto a tale azione.

Il caso

I coniugi Tizio e Caia, con due distinti atti dispostivi, costituiscono i propri beni immobili, prima, in fondo patrimoniale e, quindi, in trust (ove la qualità di trustee viene assunta dalla moglie) a beneficio delle figlie minori della coppia.

L’istituto di credito bancario in favore dei quali i due coniugi si erano costituiti fidejussori di una terza società, appresa la circostanza, si aziona nei loro confronti per ottenere la revocatoria degli atti di cui sopra ex art. 2901 C.C.

Il Tribunale adito e, successivamente, la Corte d’Appello invocata dai coniugi soccombenti in prime cure, accolgono la domanda di revoca sia sotto il profilo sostanziale, scrutinando la natura gratuita dei due atti di conferimento di cui sopra, nonché la consapevolezza del debitore del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie, sia sotto quello processuale, rigettando l’eccezione di mancata integrazione del contraddittorio per difetto di evocazione in giudizio delle figlie dei due coniugi, pure sollevata da questi ultimi.

La decisione della Corte

Di qui il ricorso per cassazione di Tizio e Caia che, in sintesi, sottopongono alla Suprema Corte, da un lato, la questione processuale della legittimazione passiva dei beneficiari di fondo patrimoniale e/o trust e, dall’altro, la questione sostanziale della natura degli atti dispositivi di cui sopra.

I beneficiari di fondo patrimoniale e trust familiare non sono litisconsorti necessari

Sotto il primo profilo, la Suprema Corte si riporta alla propria giurisprudenza relativa all’inesistenza di un profilo litisconsortile passivo in capo ai figli minori dei disponenti di fondo patrimoniale nel giudizio promosso per sentire dichiarare l’inefficacia di quest’ultimo.

Ciò in quanto

«la costituzione del fondo patrimoniale determina soltanto un vincolo di destinazione sui beni confluiti nel fondo, affinché, con i loro frutti, sia assicurato il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, ma non incide sulla titolarità dei beni stessi, né implica l’insorgere di una posizione di diritto soggettivo in favore dei singoli componenti del nucleo familiare, neppure con riguardo ai vincoli di disponibilità».

Analoga conclusione trae la Corte per ciò che attiene al trust familiare di specie, rilevando che, in ipotesi, non era emerso in giudizio – accanto al negozio programmatico istitutivo di trust – alcun atto traslativo dei beni ivi conferiti alle figlie minori, essendo viceversa rimasta tanto disponibilità, quanto la gestione dei beni in capo al alla moglie-trustee.

Ne consegue, dunque, secondo la sentenza in commento, che nel caso sottoposto a giudizio «nessun diritto concreto ed attuale viene conferito al soggetto beneficiario dell’atto, il quale non è legittimato a prendere parte al giudizio», apparendo egli invece titolare di un mero interesse alla corretta gestione dei beni costituiti in patrimonio separato, come tale inidoneo a fondare alcun tipo di legitimatio a prendervi parte.

La conclusione sul punto, pertanto, è che nel caso di azione finalizzata a dichiarare l’inefficacia di trust familiare del genere in esame,

«oltre al debitore, unico legittimato passivo è il trustee, in quanto “unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, non quale legale rappresentante, ma come colui che dispone del diritto” (così, di recente, Cass. n. 2043/17; ma cfr., nello stesso senso, Cass. n. 25478/15), nonché soggetto capace di agire ed essere citato in giudizio ai sensi dell’art. 11 della Convenzione adottata a L’Aja il 1 luglio 1985 ratificata con legge 16 ottobre 1989, n. 364».

Natura degli atti dispositivi in questione

Venendo, poi, al distinto tema della natura gratuita od onerosa di fondo patrimoniale, da un lato, e trust, dall’altro, la Corte ribadisce la propria costante giurisprudenza relativa al primo istituto, secondo cui va affermata

«la natura gratuita dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale, non trovando, di regola, contropartita in un’attribuzione in favore dei disponenti, né tale può essere considerata – contrariamente a quanto assumono i ricorrenti – la finalità di adempimento dei doveri verso la famiglia ed i figli ai sensi degli artt. 143 e 147 c.c., essendo lo strumento liberamente scelto dai disponenti (cfr. Cass. n. 6267/2005, n. 2327/06, n. 16760/10, n. 19029/13 ed altre non massimate)».

Tale principio viene pertanto esteso dal Supremo Collegio anche al trust di specie, presentante finalità identiche a quelle del fondo patrimoniale sopra considerato (in ipotesi la costituzione era avvenuta al fine di «tenere i beni conferiti indenni dalle vicende personali e di conseguenza rendere meno agevole la loro apprensione da parte dei creditori»), come tale, dunque, configurante «un atto a titolo gratuito, non trovando contropartita in un’attribuzione in favore dei disponenti».

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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