La Suprema Corte conferma e chiarisce il proprio orientamento sull’assegno divorzile


Con la sentenza Sez. I, 23/01/2019, n. 1882 la Corte di Cassazione torna a parlare di assegno divorzile e lo fa ribadendo e forse chiarendo quanto già statuito con la – ormai storica – sentenza 11/05/2017, n. 11504.

Con la sentenza 1882/2019 la Suprema Corte dapprima ricorda l’evoluzione giurisprudenziale inaugurata con la sentenza delle SU n. 11490/1990 e conclusa con la sentenza 11504/2017.

Con la prima pronuncia la Suprema Corte affermava il carattere esclusivamente assistenziale dell’assegno divorzile il cui presupposto era stato individuato nell’inadeguatezza dei mezzi a disposizione del coniuge istante a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, e da liquidarsi in base alla valutazione ponderata dei criteri enunciati dalla legge (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi, durata del matrimonio), con riguardo al momento della pronuncia di divorzio.

Come noto, tale orientamento, rimasto fermo per un trentennio, è stato modificato con la sentenza 11504/2017, la quale muovendo anch’essa dalla premessa sistematica relativa alla distinzione tra criterio attributivo e determinativo, ha affermato che il parametro dell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante deve essere valutato al lume del principio dell’autoresponsabilità economica di ciascun coniuge ormai single, ed, all’esito dell’accertamento della condizione di non autosufficienza economica, da determinare in base ai criteri indicati nella prima parte della norma.

Dopo la nota sentenza 11504/2017, come noto, sono intervenute anche le S.U. con la sentenza 11/07/2018, n. 18287, che, nell’ambito di una riconsiderazione dell’intera materia, hanno ritenuto che l’accertamento relativo all’inadeguatezza dei mezzi o all’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive del coniuge richiedente sia da riconnettere alle caratteristiche ed alla ripartizione dei ruoli durante lo svolgimento della vita matrimoniale e da ricondurre a determinazioni comuni, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età di detta parte, affermando i seguenti principi di diritto:

«a) all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate;
b) la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi;
c) il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà
essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto».

Ciò ricordato e chiarito, con la cit. sentenza Sez. I, 23/01/2019, n. 1882, la Corte di Cassazione, chiamata a sindacare la decisone dei giudici di merito (decisione del Tribunale di Asti, confermata dalla corte territoriale), afferma che:

«la corte del merito si è in concreto attenuta a tali nuovi criteri, laddove ha considerato la sussistenza sia del presupposto assistenziale (mancanza di attività lavorativa) che del criterio perequativo, essendo stato valutato l’apporto della moglie al menage familiare specie riconnesso alla cura del figlio autistico delle parti, di talchè il riferimento al (presunto) tenore di vita goduto in costanza di convivenza si risolve in un formale rispetto del pregresso consolidato orientamento in materia, che non ha, in concreto, avuto valenza decisiva sulla determinazione del quantum. Non può sottacersi, peraltro, che la censura è volta, nella sua sostanza, alla richiesta di una rivisitazione del reddito percepito dallo stesso ricorrente, come dalle prodotte dichiarazioni fiscali, ed all’incidenza dell’onere di mantenimento di un altro figlio, il che attiene al giudizio di fatto ed è inammissibile in questa sede di legittimità».

Documenti & materiali

Scarica la sentenza Cass. civ., Sez. I, 23/01/2019, n. 1882
Scarica la sentenza Cass. civ., S.U., 11/07/2018, n. 18287
Scarica la sentenza Cass. civ., Sez. I, 11/05/2017, n. 11504

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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