La revocatoria ordinaria in materia di separazione dei coniugi


L’azione revocatoria ordinaria (distinta da quella fallimentare) ai sensi dell’art. 2901 cc testualmente dispone:

«Il creditore, anche se il credito e’ soggetto a condizione o a termine, puo’ domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni:
1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;
2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.
Agli effetti della presente norma, le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, sono considerate atti a titolo oneroso, quando sono contestuali al credito garantito.
Non e’ soggetto a revoca l’adempimento di un debito scaduto.
L’inefficacia dell’atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione».

Dunque, concorrendo le condizioni sopra precisate, è possibile chiedere la revocatoria di un atto dispositivo del patrimonio allorchè si ritenga che esso abbia ridotto la garanzia generale ex art. 2740 cc cui è tenuto il debitore verso il creditore.

Il suddetto principio trova applicazione, naturalmente, anche in materia di famiglia ed in particolare in sede di separazione tra i coniugi con specifico riferimento al credito dell’un coniuge verso l’altro a titolo di assegno di mantenimento.

Precisamente, accade – purtroppo spesso – che il coniuge obbligato verso l’altro al pagamento del mantenimento, si sottragga a tale adempimento e/o, prima di ciò o anche indipendentemente da ciò, compia atti dispositivi del proprio patrimonio che in via generale, riducendo la consistenza del patrimonio stesso, possono compromettere o rendere anche solo maggiormente difficoltoso il recupero forzoso del credito stesso.

E in ambito familiare, oltre a ciò, la revocatoria presenta alcune interessanti particolarità.

Le più importanti sono due: la non necessità, per procedere a revocatoria, che sussista l’inadempimento dell’assegno di mantenimento da parte del coniuge obbligato; e la causa di sospensione del termine di prescrizione dovuta al rapporto di coniugio ex art. 2941 cc.

Sotto il primo profilo ossia la non necessità che sussista preventivamente l’inadempimento, anche di recente con la sentenza Cass. Civ., Sez. III, 07/03/2017, n. 5618 la Suprema Corte ha chiarito che:

«il diritto di credito che il coniuge separato vanta nei confronti del coniuge obbligato al mantenimento è, nonostante il carattere periodico dell’obbligazione stessa, tutelabile ai sensi dell’art. 2901 c.c., giacchè l’azione revocatoria, per un verso, non postula – come detto – la (liquidità o) esigibilità del credito (che può essere anche a termine o sottoposto a condizione) e, per altro verso, non richiede affatto, per la sua esperibilità, la ricorrenza del requisito della sussistenza di un inadempimento (attuale, e cioè al momento della disposizione patrimoniale pregiudizievole) del debitore, fondandosi, invece (oltre che sull’esistenza di un credito, nei termini anzidetti, e sul requisito soggettivo della scientia damni o della partecipatio fraudis), sul requisito oggettivo dell’eventus damni e cioè del compimento, ad opera del debitore, di un atto dispositivo del patrimonio che sia tale da rendere più difficile la soddisfazione del credito che si intende tutelare (inoltre, cfr. Cass., 19 agosto 2005, n. 17009, che dà per presupposta la tutelabilità ex art. 2901 c.c., del credito per assegno di mantenimento)».

Dunque, ai fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria ordinaria non occorre che il credito sia liquido o esigibile ma è sufficiente che sia certo (in sede di separazione, cioè, risultante dall’ordinanza presidenziale ex art. 708 cpc emessa a conclusione della fase presidenziale [o dai provvedimenti modificativi di essa], oppure dalla sentenza emessa a conclusione del giudizio di separazione [o dai provvedimenti modificativi di essa]); ed inoltre non è neppure necessario che sussista l’inadempimento dell’obbligato perchè si ritiene esistere il requisito oggettivo dell’eventus damni nel fatto stesso che con quell’atto dispositivo l’obbligato abbia reso più difficoltosa per il titolare dell’assegno, la soddisfazione del credito.

A ciò si deve aggiungere, come si diceva, la particolarità della causa di sospensione del termine di prescrizione.
Ai sensi dell’art.  2903 cc il termine di prescrizione dell’azione revocatoria è di cinque anni «dalla data dell’atto». La Suprema Corte per orientamento consolidato fa decorrere questo termine dalla trascrizione dell’atto. Precisamente afferma:

«il Collegio intende ribadire l’orientamento di questa Corte, frutto di più recente consolidamento (cfr. Cass., 27 maggio 2014, n. 11815 e Cass., 24 marzo 2016, n. 5889, che confermano il principio già enunciato da Cass., 19 gennaio 2007, n. 1210, rispetto al quale si poneva in contrasto il precedente, dello stesso anno, richiamato in ricorso), secondo cui “la disposizione dell’art. 2903 c.c., laddove stabilisce che l’azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell’atto, deve essere interpretata, attraverso il coordinamento con la regola contenuta nell’art. 2935 c.c., nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell’atto è stata data pubblicità ai terzi, in quanto solo da questo momento il diritto può esser fatto valere e l’inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo”» (così ad esempio sentenza Cass. Civ., Sez. III, 07/03/2017, n. 5618) .

A questo proposito è anche interessante evidenziare che a proposito dell’eccezione di interruzione della prescrizione la Cassazione ritiene che essa sia anche rilevabile d’ufficio poichè afferma che:

«l’interruzione della prescrizione si configura come eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d’ufficio dal giudice».

Ma oltre a ciò è bene ricordare, per l’appunto, che una causa interruttiva o meglio, sospensiva del termine quinquennale della prescrizione è quella prevista dall’art. 2941 cc secondo il quale:

«la prescrizione rimane sospesa: 1) tra i coniugi….» .

Tale concetto, inoltre, da una parte della giurisprudenza viene interpretato nel senso che la causa di sospensione della prescrizione opera non solo tra i coniugi durante il matrimonio, ma opera anche tra coniugi separati. Precisamente con sentenza Sez. III, 01/04/2014, n. 7533 la Cassazione ha affermato che:

«la regola della sospensione del decorso della prescrizione dei diritti tra i coniugi, prevista dall’art. 2941, primo comma, n. 1, cod. civ., deve ritenersi operante sia nel caso che essi abbiano comunanza di vita, sia ove si trovino in stato di separazione personale, implicando questa solo un’attenuazione del vincolo».

Il che consente scenari interessanti.

Documenti & materiali

Scarica la sentenza Cass. Civ., Sez. III, 07/03/2017, n. 5618;
Scarica la sentenza  Sez. III, 01/04/2014, n. 7533

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