Convivenza anche senza coabitazione In nota a Cass. Civ., Sez. III, 13/04/2018, n. 9178


In una pronuncia di questi giorni, la Cassazione ha affermato che:

«può esistere una famiglia di fatto o una stabile convivenza, intesa come comunanza di vita e di affetti, in un luogo diverso rispetto a quello in cui uno dei due conviventi lavori o debba, per suoi impegni di cura e assistenza, o per suoi interessi personali o patrimoniali, trascorrere gran parte della settimana o del mese, senza che per questo venga meno la famiglia» (Cass. Civ., Sez. III, 13/04/2018, n. 9178 ) .

E, con la medesima pronuncia  Sez. III, 9178/2018 ha anche aggiunto che:

«non ha più alcun senso appiattire la nozione di convivenza sulla esistenza di una coabitazione costante tra i partners, lasciando fuori dai margini della tutela ogni altra relazione, che pur sia stabile sia affettivamente sia sotto il profilo della reciproca assunzione di un impegno di assistenza e di collaborazione all’adempimento degli obblighi economici, ma sia dotata di un assetto organizzativo della vita familiare diverso da quello tradizionale».

In sostanza, quindi, la Suprema Corte ha dichiarato che tra due persone, vi può essere convivenza anche se non vi è coabitazione. Ciò argomentando in ordine al fatto che nel mutato assetto della società, nella vita ‘moderna’, i ritmi, gli impegni, le abitudini, possono portare la coppia anche a vivere a distanza, senza per questo, però, far venire meno la solidità del legame affettivo, che è l’unico elemento che conta anche ai fini giuridici.

Il tutto si può sintetizzare nel principio, sempre espresso dalla Corte, secondo cui «il dato della coabitazione, all’interno dell’elemento oggettivo della convivenza è quindi attualmente un dato recessivo».

Questa importante decisione è stata pronuciata in materia di risarcimento del danno da illecito e riguarda la sussistenza o meno del diritto al risarcimento in capo ad un soggetto a fronte del decesso del proprio convivente a causa di un infortunio.

In questo ambito, essa non è del tutto nuova giacchè vi sono state altre pronunce orientate in questo senso (per tutte si veda Cass. Civ., Sez. III, 21/03/2013, n. 7128), tuttavia si caratterizza, rispetto alle precedenti, per la decisa chiarezza ed apertura alla novità del concetto.

Peraltro, in questo senso la decisione assunta dalla Corte (favorevole per la sussistenza del diritto risarcitorio) è pienamente coerente con la normativa vigente: ci si riferisce in particolare alla L. 20/05/2016, n. 76 (la nota legge che regola le unioni civili e le convivenze) secondo la quale «si intendono per «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinita’ o adozione, da matrimonio o da un’unione civile» (art. 1/36 L. 76/2016).

Tuttavia ci si chiede se il medesimo interessante concetto possa valere anche in altri settori, come, ad esempio, quello della famiglia, o meglio quello della ‘disgregazione della famiglia’, ossia nel caso di separazione o divorzio della coppia.

Infatti, come noto, in queste situazioni, la successiva instaurazione di un rapporto di convivenza con un terzo soggetto da parte di uno dei coniugi separati/divorziati, può provocare effetti anche molto gravi, quali, ad esempio la revoca dell’assegno di mantenimento del coniuge (art. 5 L. 01/12/1970, n. 898), oppure, la revoca dell’assegnazione della casa familiare (art. 337 sexies cc).

Purtroppo, al momento non risulta che la Suprema Corte, quando si è pronunciata sul tema, abbia ampliato (o forse bisognerebbe dire ‘modernizzato’) il concetto di convivenza nel modo sopra visto. Infatti, anche di recente la stessa ha affermato che:

«la scelta dell’ex coniuge di costituire una convivenza “more uxorio” stabile e duratura, ben diversa da una mera coabitazione tra soggetti estranei, fa venir meno il diritto all’assegno. Ciò del tutto indipendentemente dalla posizione economica di ciascun convivente» (così Cass. Civ., Sez. VI, 05/02/2018, n. 2732),

oppure, ancora,

«il rapporto di convivenza, ove non si traduca in una vera e propria famiglia di fatto, basata su un progetto e modello di vita comuni e caratterizzata da stabilità e continuità, non fa venir meno il diritto all’assegno di divorzio. L’onere della prova dell’instaurazione, da parte del coniuge beneficiario, di un nuovo rapporto familiare che assuma i suddetti connotati, come fatto estintivo del diritto all’assegno, grava sul coniuge onerato» (Cass. Civ., Sez. VI, 23/10/2017, n. 25074);

tuttavia, la sentenza  9178/2018  che qui si è segnalata potrebbe fare da ‘apripista’.

Documenti & materiali

Scarica la sentenza Cass. Civ., Sez. III, 13/04/2018, n. 9178

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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