Il valore delle dichiarazioni dei redditi nei giudizi di separazione/divorzio


«Le dichiarazioni dei redditi dell’obbligato hanno una funzione tipicamente fiscale, sicchè nelle controversie relative a rapporti estranei al sistema tributario (nella specie, concernenti l’attribuzione o la quantificazione dell’assegno di mantenimento) non hanno valore vincolante per il giudice, il quale, nella sua valutazione discrezionale, può fondare il suo convincimento su altre risultanze probatorie».

Questo è il principio affermato dalla Corte di Cassazione anche di recente con la sentenza Sez. I, 15/01/2018, n. 769 che qui si segnala, circa il valore delle dichiarazioni dei redditi nei giudizi di separazione o di divorzio in seno al quale si discute di assegno di mantenimento.

Si tratta per vero di un principio già affermato anche in passato dalla Suprema Corte (si veda ad esempio anche Cass. 13592/2006; Cass. 17199/2013; Cass. 18196/2015) ma è sempre confortante trovarlo ribadito.

Nella fattispecie trattata dalla citata sentenza Cass. Civ., Sez. I, 15/01/2018, n. 769 il caso era quello di un idraulico che, sul presupposto di essere disoccupato e di essere mantenuto dalla attuale compagna, aveva impugnato la sentenza che lo condannava al pagamento sia dell’assegno di mantenimento verso i figli che di quello verso la moglie.

Precisamente in quel caso, la Corte, dopo aver ricordato che

«l‘art. 156 c.c., comma 2, stabilisce che il giudice debba determinare la misura dell’assegno tenendo conto non solo dei redditi delle parti ma anche di altre circostanze non indicate specificatamente, nè determinabili “a priori”, ma da individuarsi in tutti quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito ed idonei ad incidere sulle condizioni economiche delle parti, la cui valutazione, peraltro, non richiede necessariamente l’accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi»

ha confermato la decisione della Corte d’appello rigettando il gravame proposto dal marito perchè ha ritenuto sostanzialmente non credibili le dichiarazioni fiscali ed in genere le condizioni economiche dichiarate dallo stesso.

Appare interessante, poi, porre attenzione alla particolare considerazione che svolge la Corte in ordine all’uso del fatto notorio da parte del giudice in questo tipo di giudizi atteso che, in quel caso, la Corte d’appello, in ordine alla situazione economica reddituale del ricorrente che adduceva di avere chiuso l’attività di idraulico, di essere disoccupato ed alla ricerca di nuova occupazione, e di vivere grazie al contributo dell’attuale convivente, aveva affermato che erano “poco credibili” sia le deduzioni del ricorrente in ordine allo stato di disoccupazione, avendo lo stesso “una professionalità sempre richiesta, quale quella dell’idraulico, settore che non conosce crisi“, [..] e poi la Corte di appello aveva concluso nel senso di ritenere che il ricorrente svolgesse “attività di lavoro magari in nero” o disponesse di “accantonamenti“, trattandosi comunque di “soggetto in salute, giovane, con capacità lavorativa specifica e che può adattarsi a reperire altro lavoro“.

Ebbene, sul punto con la sentenza Cass. Civ., Sez. I, 15/01/2018, n. 769 la Corte ha chiarito che:

«il ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatto notorio) attiene all’esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito (Cass. 4051/2007; Cass. 11729/2009) ma, comportando una deroga al principio dispositivo ed al contraddittorio, in quanto introduce nel processo civile prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati nè controllati, va inteso come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con grado di certezza; di conseguenza, non si possono reputare rientranti nella nozione di fatti di comune esperienza, intesa quale esperienza di un individuo medio in un dato tempo e in un dato luogo, quegli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari, o anche solo la pratica di determinate situazioni, nè quelle nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, poichè questa, in quanto non universale, non rientra nella categoria del notorio (così, Cass. 14063/2014; Cass. 6299/2014; Cass. n. 2808/2013). Vanno, pertanto, esclusi da tale nozione un evento o una situazione soltanto probabile (Cass. n. 16881 del 05/07/2013) ovvero “le opinioni sociologiche meramente soggettive e regole di parziale valutazione della realtà” ».

Tuttavia, in quel caso, la Suprema Corte pur chiarito il concetto di fatto notorio, conclude per la conferma della decisione del giudice d’appello ritenendo che nella specie abbia operato una valutazione comparativa dei redditi dei due coniugi e del tenore di vita coniugale goduto in costanza di matrimonio, limitandosi a ritenere, all’esito di tale vaglio, non credibile l’attuale situazione di disoccupazione del coniuge obbligato al mantenimento dell’altro coniuge e dei figli, tenuto conto delle condizioni personali (età, salute) e della professionalità specifica (idraulico), il che, secondo la Corte di legittimità, non tradisce l’utilizzo di criteri di notorietà giuridicamente inesatti o di mere congetture.

Documenti & materiali

scarica la sentenza Cass. Civ., Sez. I, 15/01/2018, n. 769

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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