Il fondo patrimoniale e l’annotazione sull’atto di matrimonio quale necessaria prova in giudizio In nota alla sentenza Cass. Civ., Sez. III, 12/10/2017, n. 23955


Il fondo patrimoniale è regolatodall’art. 167 cc il quale stabilisce che:

«possono essere costituiti in patrimonio familiare determinati beni immobili o titoli di credito. La costituzione del patrimonio familiare importa la inalienabilita’ dei beni e la destinazione dei frutti a vantaggio della famiglia. La costituzione puo’ essere fatta, anche durante il matrimonio, da uno o da entrambi i coniugi per atto pubblico, ovvero da un terzo per atto pubblico o per testamento».

E a proposito delle convenzioni matrimoniali l’art. 162 cc stabilisce che:

«le convenzioni matrimoniali devono essere stipulate per atto pubblico sotto pena di nullita’. Non possono essere mutate dopo la celebrazione del matrimonio. Possono essere stipulate dopo la celebrazione del matrimonio nei casi previsti dalla legge, purche’ non alterino le convenzioni matrimoniali gia’ stabilite».

Ciò ricordato, sulla base di queste norme, nel corso di un giudizio di merito si è sostenuto che l’art. 162 c.c., comma 4, impone, quale condizione di opponibilità ai terzi del fondo patrimoniale, l’annotazione dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale in calce all’atto di matrimonio, ma non anche la sua produzione in giudizio.

Ma la Suprema Corte non la pensa così.

Infatti, con la sentenza 12/10/2017, n. 23955 la III Sezione ha chiarito che:

«infatti, se è vero che la condizione sostanziale di opponibilità ai terzi dell’avvenuta costituzione del fondo patrimoniale è data dalla annotazione dell’atto costitutivo in calce all’atto di matrimonio, è pur vero che in giudizio occorre fornire la prova dell’adempimento di tale onere. L’esibizione in giudizio dell’atto di matrimonio recante l’annotazione, pertanto, non è condizione sostanziale di opponibilità dell’atto ai terzi richiesta dall’art. 162 c.c., ma costituisce necessario adempimento dell’onere processuale della prova in giudizio».

Sulla base del sopra riportato principio, la Cassazione considera che, nel caso di specie, correttamente, i giudici di merito avevano ritenuto che l’omessa produzione in giudizio dell’atto dovesse comportare il rigetto dell’opposizione all’azione del creditore.

La censura riguarda la parte della sentenza della corte d’appello in cui è stato rilevato che agli esecutati non sarebbe bastato soltanto dimostrare l’opponibilità del fondo patrimoniale ai terzi, ma anche che il debito era stato contratto per scopi estranei agli interessi della famiglia.

Trattandosi di una autonoma ratio decidendi, il motivo ad essa relativo è assorbito dal rigetto di quello concernente la motivazione principale del provvedimento impugnato, la quale da sola è sufficiente a reggere la decisione finale.

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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