…. e se il giudice dimentica di pronunciarsi sulle spese di giudizio? In nota a Cass. Civ., Sezioni Unite, 21/06/2018, n. 16415


Quante volte accade che il giudice, nell’emettere la propria decisione, dimentichi di pronunciarsi sulle spese di giudizio? Troppe.

Ai sensi e per gli effetti degli artt. 91 e ss c.p.c., la pronuncia sulle spese è – per così dire – una pronuncia obbligata del giudice, nel senso che, egli andando a decidere la controversia, è tenuto anche a decidere delle spese di giudizio, stabilendo, in particolare, a carico di chi esse devono essere poste (a carico del soccombente, a carico di entrambe le parti cioè compensate, interamente o parzialmente, etc.).

Il problema che si pone è se a fronte della mancata liquidazione delle spese in dispositivo, debba farsi ricorso alla procedura di correzione degli errori materiali di cui all’art. 287 c.p.c. o esperire gli ordinari mezzi di impugnazione.

Stante la sussistenza di contrasto giurisprudenciale, la questione è stata sottoposta alle Sezioni Unite civili.

Con la sentenza Cass. Civ., Sezioni Unite, 21/06/2018, n.  16415 che qui si segnala, le Sezioni Civili, osservano che effettivamente nella giurisprudenza di legittimità si è determinato un contrasto, che permane ancora oggi, fra sentenze che, con argomentazioni contrapposte, affermano la necessità di esperire gli ordinari mezzi di impugnazione in ipotesi di omessa o incompleta liquidazione delle spese processuali in dispositivo, e sentenze che ammettono il ricorso alla procedura di correzione degli errori materiali ex artt. 287 e ss. c.p.c..

Secondo le Sezioni Unite,

«nelle ultime decisioni assunte si individua il punto nodale della questione, vale a dire se la procedura di liquidazione delle spese processuali richiede al giudice una mera operazione tecnico-esecutiva, da svolgersi sulla base di presupposti e parametri oggettivi, o se invece, lungi dal caratterizzarsi come meramente vincolata e materiale, sia invece una espressione della potestas iudicandi,dato che in base alla normativa vigente (D.M. 10 marzo 2015, n. 55, art. 4) il giudice liquida il compenso al difensore mediante il riconoscimento di un importo per ogni fase del giudizio, tenendo conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che possono essere aumentati o diminuiti in base ai parametri generali indicati dalla norma stessa. Inoltre,il sistema attuale di liquidazione delle spese effettivamente presenta margini di discrezionalità più ampi di quello previgente, nel quale il compenso del difensore era composto di diritti ed onorari, questi ultimi soltanto soggetti a determinazione discrezionale entro importi minimi e massimi».

In sostanza secondo le S.U. 16415/2018:

«può dunque affermarsi che la liquidazione delle spese processuali senza dubbio ha natura accessoria nell’economia della decisione, non incidendo sul contenuto sostanziale della stessa, in quanto totalmente estranea al merito del giudizio ed alla pronunzia principale, se non per il rilievo della soccombenza. Essa è necessaria ed obbligatoria, in quanto prevista per legge, dato che l’art. 91 c.p.c., comma 1, prevede che il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese in favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare; tanto che la condanna al pagamento delle spese processuali deve essere emessa d’ufficio dal giudice, anche in mancanza di un’esplicita richiesta della parte vittoriosa. Al fine di evitare ulteriori dubbi,giova precisare che la parte motiva della sentenza deve contenere la statuizione che pone le spese a carico del soccombente, perchè solo in tal caso la divergenza fra la motivazione, che regola il carico delle spese fra le parti, ed il dispositivo, in cui è stata omessa la liquidazione delle stesse, rientra nella statuizione principale, e la divergenza non dà luogo a contrasto insanabile fra motivazione e dispositivo, che escluderebbe la procedura di correzione di errore materiale. L’attività di liquidazione delle spese processuali, in definitiva, finisce per consistere in uno svolgimento di un’operazione tecnico esecutiva da realizzare sulla scorta di presupposti e parametri oggettivi fissati dalla legge,e nei limiti quantitativi in essa previsti; quindi la liquidazione vera e propria è un’attività di carattere materiale volto a completare la statuizione».

… e quindi in conclusione considera che:

«…. di conseguenza, una volta che nella motivazione della sentenza il giudice abbia provveduto col porre le spese a carico del soccombente, l’omissione degli importi contenuta nel dispositivo della sentenza deve essere integrata con il procedimento di correzione degli errori materiali».

In conclusione, il principio di diritto cui giungono le Sezioni Unite con la sentenza 16415/2018 è il seguente:

«a fronte della mancata liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza, anche emessa ex art. 429 c.p.c., sebbene in parte motiva il giudice abbia espresso la propria volontà di porle a carico della parte soccombente, la parte interessata deve fare ricorso alla procedura di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e ss. c.p.c. per ottenerne la quantificazione».

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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