Dopo la separazione … ti licenzio In nota a sentenza Cass. civ., Sez. VI, 17/08/2018, n. 18894


In un caso verificatosi in quel di Bologna, dopo la separazione dei coniugi, accade che la società della moglie licenzia il marito. Questi, quindi, rimanendo senza lavoro, chiede al giudice il riconoscimento a carico della moglie, di un assegno per il proprio mantenimento, ma perde la causa.

Il giudice di primo grado respinge la domanda e, successivamente, impugnata la sentenza, la corte territoriale, rigetta il gravame del marito in quanto ritiene che egli non avesse dimostrato il proprio stato di disoccupazione involontaria ed il peggioramento del proprio tenore di vita a seguito della separazione. La corte, anzi, ritiene, al contrario, che il suo tenore di vita contrasti con le difficoltà economiche allegale; che egli avesse attitudini e capacità lavorative che presumibilmente gli consentivano di ricollocarsi nel mercato del lavoro, a seguito del licenziamento da parte della società amministrata dalla moglie nella quale prima lavorava, anche tenuto conto delle rilevanti somme (Euro 500000) da lui percepite successivamente alla separazione, in relazione al pregresso lavoro e alla vendita di un immobile cointestato con la moglie.

Il marito non si dà per vinto ed impugna anche questa decisione avanti la Cassazione ma con la sentenza Cass. civ., Sez. VI, 17/07/2018, n. 18894, la Suprema Corte respinge il ricorso ritenendolo inammissibile, perchè, a suo giudizio, si risolvei, da un lato, nella critica dell’accertamento del fatto compiuto dal giudice di merito che è insindacabile in sede di legittimità in presenza di motivazione idonea a rivelare la ratio decidenti e, dall’altro, nella critica della sufficienza del ragionamento logico posto dal medesimo giudice a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile, a norma del novellato art. 360 n. 5 c.p.c.

L’aspetto interessante di questo caso sembra essere il fatto che esso sia aggiunge a quella serie di decisioni, il cui elenco ormai si sta allungando parecchio, secondo le quali il coniuge separato – moglie o marito che sia – non ha diritto all’assegno di mantenimento se è munito di propri mezzi (in quesot caso, pare che il marito avesse alcune liquidità derivanti dal t.f.r. e dalla vendita in un immobile in comproprietà con la moglie), e se è dotato di normale capacità lavorativa per essere collocato nel mercato del lavoro, per cui la disoccupazione, qualora non risulti essere involontaria, non comporta il diritto al mantenimento.

Nel nostro articolo del 12/07/2018 si è già segnalata l’importante sentenza 11/07/2018, n. 18287 emessa in questi giorni dalle Sezioni Unite a proposito dell’assegno divorzile in questo senso ispirata.

Documenti & materiali

Scarica la sentenza Cass. civ., Sez. VI, 17/07/2018, n. 18894

Scarica la sentenza Cass. Civ., S.U., 11/07/2018, n. 18287

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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