Compensazione legale e giudiziale dei crediti: parlano le Sezioni Unite In nota a Cass. Civ., S.U., 15/11/2016, n. 23225


In questi giorni è intervenuta un’interessante pronuncia delle  Sezioni Unite (sentenza Cass. Civ., Sezioni Unite, 15/11/2016, n. 23225)  in tema di compensazione legale e giudiziale dei crediti.

Il caso

Precisamente, la fattispecie da cui muove la decisione che si vuole segnalare, riguarda un credito per spese giudiziali e nasce da un’opposizione a precetto instaurata davanti al Giudice di Pace di Venezia.

In breve: la società X, vedendosi accogliere la propria opposizione al decreto ingiuntivo con vittoria di spese legali nei confronti della controparte società W, notifica a quest’ultima il relativo atto di precetto e questa propone opposizione al medesimo atto di precetto eccependo la compensazione parziale di quel credito (spese legali) con altro credito, minore ma omogeneo (sempre spese legali) che la società X precettante doveva nei confronti della società W precettata, ed eccependo per il residuo dovuto l’inefficacia o la nullità del precetto.

A fronte di ciò, la società X precettante a sua volta eccepisce la cessazione della materia del contendere per il fatto che la società W precettata aveva pagato all’ufficiale giudiziario senza riserve, e comunque si oppone alla compensazione eccependo che il controcredito (ossia l’altro credito portato in compensazione) non era certo perchè la sentenza relativa non era ancora passata in giudicato.

Il Giudice di Pace di Venezia, poichè – sembra di capire – nelle more era intervenuta la pubblicazione della sentenza portante il controcredito, accoglie l’opposizione dichiarando giudizialmente compensato in parte il credito portato dall’atto di precetto, e  dichiarando la nullità dell’atto per l’esubero.

Dopo l’appello della sentenza avanti il Tribunale di Venezia, che respinge e conferma la decisione del Giudice di Pace, a seguito della nuova impugnazione anche di questa decisione, il caso finisce sui tavoli della Terza Sezione della Corte di Cassazione. E questa rileva un contrasto di orientamento giurisprudenziale tra le Sezioni della Corte e precisamente tra la propria sentenza Sez. III, 17/10/2013, n. 23573 ed il resto dell’orientamento di legittimità.

Precisamente, la Terza Sezione rileva

«il contrasto tra l’orientamento di legittimità, secondo il quale se il credito opposto in compensazione non è certo, e cioè se il titolo giudiziale non è definitivo, non opera la compensazione, e la sentenza n. 23573 del 2013, secondo cui tale circostanza non è di ostacolo alla possibilità di opporre il controcredito in compensazione».

del che rimette la relativa questione al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, assegnazione che, infatti, viene effettuata e che si conclude con la sentenza che qui si segnala Cass. Civ., Sezioni Unite, 15/11/2016, n. 23225.

La decisione delle Sezioni Unite n. 23225/2016

Con la pronuncia  Cass. Civ., Sezioni Unite, 15/11/2016, n. 23225 la Corte, pur dichiarando inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse (perchè nel frattempo la sentenza relativa al controcredito è pacificamente divenuta irrevocabile), affronta la questione di diritto della compensazione nel tentativo – si direbbe, senz’altro riuscito – di porre chiarezza.

Dapprima, le Sezioni Unite, compiono un utile riassunto dell’istituto della compensazione ricordando che essa è disciplinata dal libro quarto, capo 4^ ‘Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento‘ – Sezione III del codice civile.

L’art. 1241 CC:

«estinzione per compensazione – Quando due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti, secondo le norme degli articoli che seguono».

L’art. 1242 CC, comma 1:

«la compensazione estingue i due debiti dal giorno della loro coesistenza. Il giudice non può rilevarla d’ ufficio».

L’art. 1243 CC

«compensazione legale e giudiziale – la compensazione si verifica solo tra due debiti che hanno per oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere e che sono ugualmente liquidi ed esigibili.
Se il debito opposto in compensazione non è liquido ma è di facile e pronta liquidazione, il giudice può dichiarare la compensazione per la parte del debito che riconosce esistente, e può anche sospendere la condanna per il credito fino all’accertamento del credito opposto in compensazione».

Ciò ricordato la Sezioni Unite precisano che:

«per credito liquido – espressione letterale dell’art. 1243 c.c., comma 1, che si attaglia alle obbligazioni pecuniarie o omogenee e fungibili deve intendersi il credito determinato nell’ammontare in base al titolo».

E chiariscono che:

«l‘ulteriore requisito della certezza sull’esistenza del credito non si desume dalla formulazione dell’art. 1243 c.c., comma 1, perchè la liquidità attiene all’oggetto della prestazione, mentre la certezza attiene all’esistenza dell’obbligazione, e quindi al titolo costitutivo del credito. Perciò la contestazione del titolo non è in sè contestazione sull’ammontare del credito, come determinato in base al titolo, ma se questo è controverso la liquidità e l’esigibilità sono temporanee e a rischio del creditore. […] non ricorre il requisito della liquidità del credito non solo quando esso non sia certo nel suo ammontare, ma anche quando ne sia contestata l’esistenza. Da qui l’ormai consolidato principio che per l’operatività della compensazione legale il titolo del credito deve essere incontrovertibile, ossia non essere più soggetto a modificazioni a seguito di impugnazione (Cass. 6820 del 2002, 8338 del 2011) non solo nella sua esattezza, ma anche nella sua esistenza (credito certus nell’an, quid, quale, quantum debeatur)».

Ciò che più rileva è che le Sezioni Unite giungono ad affermare che  accanto ad una nozione di liquidità sostanziale del credito in base al titolo, si aggiunge una nozione di “liquidità” processuale stabilizzata che non sussiste se il creditore principale contesta, non pretestuosamente, nell’an e/o nel quantum, il titolo che accerta il controcredito o potrebbe contestarlo (credito litigioso).

Inoltre, la Corte ricorda che l’espressione contenuta nell’art. 1243 CC, comma 2, “Se il debito opposto in compensazione.. è di facile e pronta liquidazione..”, è stata interpretata dalla prevalente giurisprudenza di legittimità nel senso che soltanto l’accertamento, nel senso di determinabilità, pronto, ossia in tempo processuale breve, e facile, ossia metodicamente semplice (es. mediante calcolo degli interessi), del controcredito e per questo riservato dalla norma al giudice dinanzi al quale il processo deve proseguire – può giustificare il ritardo della decisione sul credito principale – certo, liquido ed esigibile – onde dichiarare estinti entrambi i rispettivi crediti per compensazione, secondo la ratio dell’istituto: il vantaggio delle parti di risolvere celermente in unica soluzione le reciproche pretese salvaguardando una ragione di equità, perchè non è giusto che sia condannato all’adempimento chi a sua volta ha un concorrente credito.

Ciò premesso le Sezioni Unite della Corte ricordano di avere enunciato, con orientamento pressochè unanime, i seguenti principi:

«1) la compensazione legale opera di diritto, su eccezione di parte, e per avere efficacia estintiva “satisfattoria” deve avere ad oggetto due contrapposti crediti certi, liquidi, ossia determinati nella consistenza ed ammontare, omogenei ed esigibili (requisiti desumibili dai rispettivi titoli costitutivi: Cass. 22 ottobre 2014, n. 22324; Cass. 11 gennaio 2006, n. 260);
2) se il requisito della liquidità del controcredito opposto in compensazione manca, ma il giudice dinanzi al quale è formulata l’eccezione ne ritiene la facile e pronta liquidabilità – giudizio di fatto, insindacabile in cassazione può dichiarare la compensazione fino alla concorrenza per la parte del controcredito che riconosce esistente, e può anche sospendere cautelativamente la condanna per il credito principale fino all’accertamento – id est liquidazione – del controcredito;
3) la provvisorietà dell’accertamento del controcredito in separato giudizio non può provocare l’effetto dell’estinzione del credito principale, la quale investe – elidendola irrimediabilmente – la stessa sussistenza, ontologicamente considerata, della ragione di credito e non soltanto la sua tutela esecutiva;
4) l’eseguibilità del titolo giudiziale che accerta il credito non attiene alla certezza, ma solo alla tutela anticipata del medesimo, mediante la sua immediata azionabilità (Cass. 8338 del 2011);

5) la compensazione legale si distingue da quella giudiziale perchè per la ricorrenza della prima i due crediti contrapposti devono essere certi, liquidi ed esigibili anteriormente al giudizio, mentre per la seconda il credito opposto in compensazione non è liquido, ma viene liquidato dal giudice nel processo, purchè reputato di “pronta e facile liquidazione”;
6) se l’accertamento del credito opposto in compensazione pende dinanzi ad altro giudice, è questi che deve liquidarlo (Cass. 1695 del 2015, 9608 del 19 aprile 2013);
7) in quest’ultimo caso il giudice dell’eccezione di compensazione non può sospendere il giudizio sul credito principale ai sensi dell’art. 295 c.p.c., o art. 337 c.p.c., comma 2, qualora nel giudizio avente ad oggetto il credito eccepito in compensazione sia stata emessa sentenza non passata in giudicato (Cass. n. 325 del 1992), ma, non potendo realizzarsi la condizione prevista dall’art. 1243 c.c., comma 2, – che costituisce disciplina processuale speciale ai fini della reciproca elisione dei crediti nel processo instaurato dal creditore principale – (il giudice) deve dichiarare l’insussistenza dei presupposti per elidere il credito agito e rigettare l’eccezione di compensazione;
8) se la certezza del controcredito – il cui onere della prova spetta all’eccipiente (Cass. 5444/2001) – si matura nel corso del giudizio sul credito principale, anche in appello, gli effetti estintivi della compensazione legale decorrono dalla coesistenza dei crediti;
9) l’eccezione di compensazione non configura un presupposto di natura logico-giuridica sui requisiti del credito principale il cui accertamento giustifichi il sacrificio delle ragioni di tutela di questo oltre i limiti previsti dalla stessa norma – ossia la possibilità di procrastinare, cautelativamente (Cass. 5319 del 09/08/1983), la condanna ad adempiere del debitore fino alla pronta e facile liquidazione, nel medesimo processo, del credito opposto in compensazione – consentendo di sospendere la decisione sulla causa principale fino al passaggio in giudicato del giudizio sul controcredito come se questo pregiudicasse, in tutto o in parte, l’esito della causa sul credito principale (Cass., 3 ottobre 2012, n. 16844, Cass., 4 dicembre 2010, n. 25272)».

Ricordato e precisato quanto sopra, con la sentenza 15/11/2016, n. 23225 le Sezioni Unite risolvono il contrasto con la sentenza n. 23573 del 2013, della Terza Sezione, ritenendo che essa «si è consapevolmente discostata da questi principi collegando la disciplina sostanziale dell’eccezione di compensazione con quella processuale» ma concludendo che tale scostamento non è condivisibile.

Infatti, le S.U., ritengono che muovendo dalla considerazione contenuta nella sentenza n. 23573 del 2013, secondo cui, se l’art. 35 c.p.c., disciplina la competenza a decidere il controcredito eccepito nel giudizio sul credito principale, la stessa norma deve applicarsi allorchè il controcredito è già sub judice poichè eccepito ai sensi dell’art. 1243 c.c., comma 2, emerge che:

«i piani tra le norme sulla competenza, a cui appartiene il succitato art. 35, e la disciplina sostanziale sulla compensazione – art. 1241 c.c. e segg. – non si intersecano».

La Corte ritiene che sia pacifico per giurisprudenza e dottrina che i requisiti prescritti dall’art. 1243 CC, comma 1, per la compensazione legale, e cioè l’omogeneità dei debiti, la liquidità, l’esigibilità e la certezza, debbano sussistere necessariamente anche per la compensazione giudiziale, e che il secondo comma del cit. art. 1243 CC si limita a consentire al giudice del credito principale di liquidare il controcredito opposto in compensazione soltanto se il suo ammontare è facilmente e prontamente liquidabile in base al titolo. Ma per esercitare questo potere discrezionale al fine di dichiarare la compensazione giudiziale, il controcredito deve essere certo nella sua esistenza e cioè non controverso.

Ciò perchè, al contrario, se il controcredito è contestato, come prevede l’art. 35 c.p.c., allora non è certo, e quindi non è idoneo ad operare come compensativo sul piano sostanziale, e quindi, in quel caso, l’eccezione di compensazione va respinta.

La Corte infatti precisa che:

«la disciplina contenuta nell’art. 1243 c.c., comma 2, consiste nell’inoperatività dell’eccezione di compensazione, sia legale che giudiziale, se è controverso l’an del controcredito, analogamente al caso in cui il credito opposto in compensazione non è di pronta e facile liquidazione (Cass. 10352/1993, cit.). Il giudice del credito principale ha o la possibilità di dichiarare la compensazione per la parte di controcredito già liquida, o di sospendere, eccezionalmente, la condanna del credito principale fino alla liquidazione di tutto il credito opposto in compensazione, ma non di ritardare la decisione sul credito principale fino all’accertamento, da parte di egli stesso o di altro giudice, dell’esistenza certa di quello opposto in compensazione; altrimenti sarebbe pleonastico il sintagma “di pronta e facile liquidazione” richiesto dalla norma. Nè d’altro canto a tal fine può applicarsi analogicamente la disciplina dell’art. 35 c.p.c., non potendosi ravvisare il canone interpretativo dell’eadem ratio».

Riassumendo, le Sezioni Unite ritengono che sia l’art. 1243 c.c., comma 2, che l’art. 35 c.p.c., prevedano che a decidere i contrapposti crediti sia il giudice dinanzi al quale essi sono contemporaneamente dedotti, mentre il meccanismo previsto dall’art. 35 c.p.c., è attivabile nel solo caso in cui il giudice del credito principale non possa conoscere di quello opposto in compensazione. e così conclude ribadendo che:

«si deve quindi concludere che le norme di cui agli artt. 34, 35, 36, 40, 295 e 337 c.p.c., sia che la controversia sull’esistenza del controcredito sorga nel giudizio sul credito principale, sia che già penda dinanzi ad un giudice di pari grado o superiore, non rilevano sulla speciale disciplina delineata dall’art. 1243 c.c., comma 2, perchè le norme sulla competenza per accertare l’esistenza del controcredito sono estranee alla compensazione giudiziale».

I principi di diritto enucleati dalle Sezioni Unite

Pertanto, conclusivamente, in tema di compensazione le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, affermano i seguenti principi di diritto:

«A) “Le norme del codice civile sulla compensazione stabiliscono i presupposti sostanziali, oggettivi, del credito opposto in compensazione: liquidità – che include il requisito della certezza – ed esigibilità. Verificata la ricorrenza dei predetti requisiti, il giudice dichiara l’estinzione del credito principale per compensazione – legale – a decorrere dalla coesistenza con il controcredito e, accogliendo la relativa eccezione, rigetta la domanda.

B) Se il credito opposto in compensazione è certo, ma non liquido, nel senso di non determinato, in tutto o in parte, nel suo ammontare, il giudice può provvedere alla relativa liquidazione se è facile e pronta; quindi, o può dichiarare estinto il credito principale per compensazione giudiziale fino alla concorrenza con la parte di controcredito liquido, o può sospendere cautelativamente la condanna del debitore fino alla liquidazione del controcredito eccepito in compensazione.

C) Se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale, o in altro giudizio già pendente, l’esistenza del controcredito opposto in compensazione (art. 35 c.p.c.) il giudice non può pronunciare la compensazione, nè legale nè giudiziale.

D) La compensazione giudiziale, di cui all’art. 1243 c.c., comma 2, presuppone l’accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale la medesima compensazione è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall’esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo. In tale ipotesi, pertanto, resta esclusa la possibilità di disporre la sospensione della decisione sul credito oggetto della domanda principale, e va parimenti esclusa l’invocabilità della sospensione contemplata in via generale dall’art. 295 c.p.c., o dall’art. 337 c.p.c., comma 2, in considerazione della prevalenza della disciplina speciale del citato art. 1243 c.c.».

Documenti & Materiali

Scarica la sentenza Cass. Civ., Sezioni Unite, 15/11/2016, n. 23225
Scarica la sentenza Cass. Civ., Sez. III, 17/10/2013, n. 23573

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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