Assegnazione casa familiare… vale anche per i beni demaniali?


L’assegnazione della casa familiare, in caso di separazione dei coniugi, è disciplinato dall’art. 337 sexies cc il quale testualmente dispone:

«il godimento della casa familiare e’ attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprieta’. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643».

Regolamentazione analoga è prevista nel caso di divorzio, laddove, infatti, l’art. 12 L. 01/12/1970, n. 898, e succ. mod. dispone che:

«l’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore eta’. In ogni caso ai fini dell’assegnazione il giudice dovra’ valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge piu’ debole. L’assegnazione, in quanto trascritta, e’ opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’articolo 1599 del codice civile».

Ora, è noto che in sede di separazione o di divorzio, ai fini dell’assegnazione della casa familiare non rileva neppure il titolo di possesso del coniuge obbligato, nel senso che il bene potrebbe essere da lui posseduto anche solo a titolo di usufrutto, o addirittura detenuto a titolo di semplice comodato, nel senso che la proprietà potrebbe essere di terzi soggetti; oltre al fatto che, una volta assegnato in questa sede, detto provvedimento (sempre che sia trascritto) è opponibile ai terzi acquirenti .

In questo senso vi è orientamento giurisprudenziale pacifico. Per tutte, sul punto di segnala la recente sentenza Cass. Civ., Sez. VI, 12/02/2018, n. 3302 secondo la quale:

«il provvedimento di assegnazione della casa familiare, anche se questa è detenuta a titolo diverso dalla proprietà, emesso in presenza dei validi presupposti, ha effetto anche nei confronti dei proprietari che avevano concesso il comodato al coniuge non assegnatario. Anche nel caso in cui la casa coniugale sia posseduta a titolo diverso dalla proprietà del coniuge non assegnatario, se sono osservate le condizioni e se nell’immobile, prima della separazione o del divorzio, era stabilita la residenza familiare, l’assegnazione è opponibile ai proprietari e ai terzi».

Ma ciò che qui ci si chiede è se tali principi valgano anche nel caso in cui la casa familiare sia costituita da un bene demaniale, e dunque, di proprietà pubblica, come per esempio un alloggio concesso da un ente pubblico ad un suo dipendente (militare, impiegato, etc).

Questo è il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte e da questa deciso di recente con la decisione che qui si segnala sentenza Cass. Civ., Sez. I, 08/03/2018, n. 5575 .

In primo luogo con la citata sentenza 5575/2018  la Cassazione si pone il problema se in casi del genere l’alloggio sia o meno da considerarsi ‘casa familiare‘ ai sensi delle disposizioni normative sopra citate, e a tale proposito chiarisce che:

«questa ha già affermato Corte in una risalente, ma condivisibile, decisione (Cass. n. 3247 del 1989) che l’alloggio assegnato in concessione, a titolo oneroso, ad impiegato civile dello stato, a norma della L. 27 giugno 1949, n. 329, art. 3, è qualificabile come “casa familiare”, in quanto viene ceduto, ancorchè in correlazione con le prestazioni lavorative, al fine di soddisfare le esigenze abitative del dipendente e dei componenti della sua famiglia…».

Ciò chiarito, la Suprema Corte, risolve positivamente il quesito dell’applicabilità o meno in caso di divorzio della relativa normativa in tema di assegnazione al coniuge diverso dal concessionario dell’alloggio concesso dall’ente pubblico, affermando che:

«in caso di divorzio, detto alloggio, può essere attribuito al coniuge diverso dal concessionario, se affidatario della prole, ai sensi della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12. 6. Applicando tale principio al caso di specie, risulta evidente che, per effetto dell’affidamento del figlio minore e dell’assegnazione della casa familiare (….), la moglie separata sia subentrata al coniuge non nel rapporto concessorio, ormai cessato, ma negli obblighi incombenti all’occupante e per quanto qui rileva in quello di dare il corrispettivo convenuto per l’utilizzo dell’alloggio al concedente».

In conclusione, quindi, secondo la Suprema Corte, la risposta alla domanda iniziale, se l’assegnazione della casa familiare sia applicabile anche ai beni demaniali, sembra essere …. sì.

Documenti & materiali

Scarica la sentenza Cass. Civ., Sez. VI, 12/02/2018, n. 3302
Scarica la sentenza Cass. Civ., Sez. I, 08/03/2018, n. 5575

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Author: Avv. Daniela Gattoni

Avvocato, nata a Pesaro il 20 agosto 1963. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1992. Abilitata al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Autrice e componente della redazione. Cura, in particolare, la sezione famiglia di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833.

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