Annullamento del matrimonio e assegno Anche l'assegno separativo resiste all'annullamento del matrimonio


La Corte di Cassazione torna sulla questione degli effetti che ha e, dovrebbe avere, l’annullamento del matrimonio, pronunciato in sede di giurisdizione ecclesiastica,  rispetto alle statuizioni di natura economica emesse dal giudice civile ordinario.

L’impostazione tradizionale

L’impostazione tradizionale era che l’annullamento del matrimonio pronunciato dal Tribunale ecclesiastico, una volta delibato dal giudice italiano, dovesse travolgere le statuizioni di natura economica, cioè l’assegno di mantenimento disposto a favore del coniuge o dei figli, e ciò sul presupposto – in sintesi semplificata – che se non vi era il vincolo di coniugio, non vi potevano essere neppure gli obblighi nascenti dal suddetto vincolo.

La sentenza della Cass. Civ., Sez. I, 18/09/2013 n. 21331

Poi, dopo alcune pronunce, è intervenuta la storica ed interessantissima Cass. Civ., Sez. I, 18/09/2013, n. 21331, con cui la I Sez, della Corte di Cassazione, ha riassunto e chiarito, una volta per tutte, i rapporti tra assegno divorzile e annullamento del matrimonio, precisando che:

Nella giurisprudenza di legittimità la qualificazione di giudicato con efficacia rebus sic stantibus trova la sua ragion d’essere nel fatto peculiare per cui la sentenza di divorzio instaura, fra gli ex coniugi, un rapporto di credito, derivante dalla vissuta comunione di vita realizzatasi nel corso del matrimonio, rapporto destinato a durare nel tempo con il carattere della periodicità e della continuatività e condizionato nell’an e nel quantum dal permanere o dal mutare delle condizioni economiche, degli ex coniugi, esistenti al momento della pronuncia di divorzio.

Per rispondere ai quesiti del ricorrente può conseguentemente affermarsi, anche alla luce della invocata sentenza della Corte Costituzionale, che l’assegno divorzile ha come presupposti: a) l’accertamento dell’impossibilità della continuazione della comunione spirituale e morale fra i coniugi che comporta lo scioglimento del vincolo matrimoniale civile (o la dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario), b) l’accertamento del diritto di uno dei due coniugi al mantenimento di un livello di vita, assimilabile a quello goduto nel corso del matrimonio, che può essergli garantito solo con il contributo economico dell’altro coniuge. E’ quindi da escludere che il titolo giuridico fondante l’obbligo del mantenimento del coniuge sia costituito nel diritto italiano dalla validità del matrimonio mentre invece deve ritenersi che esso trova il suo fondamento nella pregressa esistenza di un rapporto coniugale di cui è stato dichiarato lo scioglimento. […]

La sentenza italiana di esecutorietà civile della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio non costituisce un elemento di fatto sopraggiunto legittimante la revisione del provvedimento economico contenuto nella sentenza di divorzio dato che la revisione (che è ipotesi diversa da quella della estinzione del diritto all’assegno divorzile per nuove nozze o morte del beneficiario) trova la sua naturale giustificazione solo in un mutamento delle condizioni economiche degli ex coniugi tale da non rendere più attuali le ragioni giustificative dell’imposizione di un assegno divorzile ovvero della misura fissata nella sentenza di divorzio. Ferma altrimenti l’operatività del giudicato che non viene meno per effetto del riconoscimento nel nostro ordinamento di una sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio trovando, come si è detto, l’attribuzione dell’assegno divorzile il suo presupposto nella pregressa esistenza di un rapporto matrimoniale e nella dichiarazione del suo scioglimento, elementi che non vengono posti nel nulla dal successivo riconoscimento nell’ordinamento italiano della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità.

In sostanza, dunque, la Cassazione del 2013 ha definitavamente chiarito che l’assegno divorzile non viene meno automaticamente per il solo fatto della sopravvenuta delibazione, da parte del giudice italiano, di una sentenza ecclesiastica dichiarativa di nullità del matrimonio, ma che, anzi, essa risulterà priva di effetti rispetto all’assegno divorzile allorchè sia stata già pronunciata e già passata in giudicato la sentenza di divorzio.

La sentenza della Cass. Civ, Sez. IV, 13/03/2015, n. 5133

Ora, con la sentenza che qui si segnala (Cass. Civ., Sez. IV, 13/03/2015, n. 5133) la Corte torna a pronunciarsi sul punto, confermando il principio di cui sopra e di cui al proprio orientamento sopra richiamato. Anzi, non si limita a confermare il principio ma, ad avviso di chi scrive, si spinge anche oltre. Infatti, mentre nel precedente il principio di inefficacia dell’annullamento si riferiva ad un’ipotesi in cui era comunque intervenuto il divorzio, in questo caso, invece, si era solo in fase separativa.

Con la sentenza 5133/2015 la Corte dichiara di condividere i principi sulla base dei quali sia il Tribunale, in primo grado, che la Corte d’Appello, in secondo grado, respingono la domanda del marito che chiedeva la caducazione con effetto ex tunc, cioè con effetto reatroattivo, dell’assegno di mantenimento della moglie, e ciò in virtù dell’annullamento del matrimonio sopravvenuto per pronuncia dell’ecclesiastico, delibato e passato in giudicato.

Precisamente, la Corte con la sent. 5133/2015 ritiene che:

Il Tribunale rigettava il ricorso. La Corte d’appello è pervenuta alla medesima conclusione, per quel che ancora interessa, sulla base delle seguenti argomentazioni:

a) Una volta accertata in giudizio la spettanza di un diritto con pronuncia passata in giudicato, il diritto in questione non può più essere rimesso in discussione;

b) Tale conclusione espressamente affermata dalla Corte di Cassazione con riferimento all’assegno divorzile contenuto in sentenza passata in giudicato, doveva ritenersi applicabile anche al giudicato separativo.

c) Nella specie la preesistenza del giudicato esclude l’applicabilità degli artt. 129 e 129 bis cod. civ.

d) In ordine alla domanda subordinata la Corte d’Appello ne ravvisa l’infondatezza dal momento che l’assegno di mantenimento era stato revocato fin dal 2000 anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza di delibazione della decisione ecclesiastica.

Ecco, quindi, che anche il passaggio in giudicato di un provvedimento pronunciato in sede di separazione, e non tanto di divorzio, funge da sbarramento per il dispiegamento degli effetti della sentenza dichiarativa dell’annullamento del matrimonio.

Documenti & materiali

Scarica il testo della sentenza Cass. Civ., Sez. I, 18/09/2013, n. 21331
Scarica il testo della sentenza Cass. Civ., Sez. IV, 13/03/2015, n. 5133

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